domenica 16 settembre 2012

Semplificazioni che creano burocrazia

Nei giorni scorsi il servizio permanente effettivo di propaganda governativa ha magnificato i dati della riduzione dei certificati, segnalando che da quando è stata attivata la normativa sulla “decertificazione” si sono ridotti del 54%.

Ovviamente, nessuno ha rivelato l’altra parte di questa mezza verità. Cioè, che se è sparito il documento “certificato”, al suo posto è subentrato il documento “verifica della veridicità della dichiarazione sostitutiva”. Nella sostanza, per la pubblica amministrazione il carico di lavoro non si è affatto ridotto, ma è anzi aumentato.

Né è detto che per il privato le cose risultino più semplici. Prima dell’articolo 15 della legge 183/2011 il cittadino per rapportarsi con la pubblica amministrazione spesso (ma in realtà le autocertificazioni erano da molto tempo previste e normate) doveva: 1) acquisire il certificato; 2) presentare l’istanza; 3) ottenere il provvedimento. Oggi, nella generalità dei casi, il cittadino: 1) presenta l’istanza e contestualmente la dichiarazione sostitutiva del certificato; 2) ottiene il provvedimento; 3) sottosta alla verifica di veridicità della dichiarazione presentata.

Come si nota, per quanto concerne il cittadino vi è un limitato beneficio iniziale, ma resta la condizione sospensiva al beneficio ottenuto al superamento della fase di verifica, che comporta per l’amministrazione un onere operativo del tutto equivalente a quello ante riforma.

Poi, vi sono casi paradossali, come quello del Durc. Prima, per ottenere un pagamento il cittadino poteva acquisire direttamente il certificato ed esibirlo insieme con la fattura. Oggi no. Deve autocertificare di essere in regola o, comunque, non può raccogliere dei Durc da presentare alle amministrazioni ed attendere che esse chiedano a Inps, Inail o Cassa edile il grazioso favore di ottenere entro 30 giorni il certificato (il che lascia la disciplina del Durc in desolante e disarmante contrasto con la normativa sulla semplificazione amministrativa), trovandosi costretto ad aspettare più tempo prima di ottenere l’agognato pagamento.

La vera semplificazione e decertificazione potrà realmente ottenersi solo nel momento in cui sarà possibile per ogni amministrazione titolare del procedimento accedere direttamente in visione alle banche dati delle altre amministrazioni, in modo da verificare direttamente ed in tempo reale i contenuti delle autocertificazioni.

Ma, in Italia questo è ancora utopia. Le banche dati non si parlano, per l’accesso diretto occorre che ciascuna amministrazione stipuli con le altre migliaia che esistono convenzioni apposite, in un reticolo paradossale ed ingestibile.

Dunque, i fatti dimostrano che la propaganda resta quello che è: una rappresentazione della realtà tendente a magnificare dati e risultati prodotti dal propagandante, al di là dell’effettiva riscontrabilità del contenuto. Il famoso “bianco, che più bianco non si può”.

Purtroppo, il legislatore non pago del sostanziale, ma ben mascherato, flop della decertificazione insiste sulla “semplificazione”, sulla “sburocratizzazione” e sulla “trasparenza”, con altre norme il cui risultato altro non potrà essere se non l’incremento parossistico della burocrazia e degli adempimenti meramente di sussistenza, lo scavare buche per poi riempirle che caratterizza tante delle inefficienze dei gangli dell’amministrazione pubblica.

In questo caso, la norma presunta di semplificazione, che invece creerà nuovi adempimenti da mezze maniche e tampone antinchiostro è l’ineffabile articolo 18[1] del “decreto sviluppo”, il d.l. 83/2012, convertito in legge 134/2012.

In sintesi, la norma prevede:

  1. l’obbligo di sottoporre ad un particolare regime di pubblicità la concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l'attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati;

  2. l’ulteriore obbligo di rendere disponibile sul sito internet di ogni ente pubblico, almeno i seguenti elementi: a) il nome dell'impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l'importo; c) la norma o il titolo a base dell'attribuzione; d) l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio;

  3. l’indicazione di riportare tali informazioni in un link ben visibile nella homepage del sito, nell'ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, in modo che esse siano di facile consultazione e accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto, che ne consenta l'esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

  4. la previsione che si tratti di un obbligo inderogabile;

  5. la fissazione del termine del 1° gennaio 2013, come scadenza entro la quale la pubblicazione dei dati riportati sopra costituisce condizione legale di efficacia delle concessioni di vantaggi economici in argomento se di importo complessivo superiore a mille euro; l’inadempimento all’obbligo può determinare responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile, mentre il destinatario del beneficio può far rilevare anche la mancata, incompleta o ritardata pubblicazione allo scopo di ottenere il risarcimento del danno da ritardo del pagamento eventualmente connesso o di ogni ulteriore danno patrimoniale.


Insomma, da un sacrosanto obbligo di trasparenza totale dell’attività amministrativa, si passa ad una serie di adempimenti, per altro sanzionati molto gravemente. La mancata pubblicità come condizione di legalità dei contratti o dei pagamenti, potrebbe far scattare un contenzioso infinito con i beneficiari ed un’incertezza assoluta nei rapporti economici, in quanto si può ragionevolmente sostenere che trattandosi di condizione di legittimità delle erogazioni, l’inadempimento alla pubblicazione determini una (probabilmente incostituzionale) responsabilità oggettiva in capo al dirigente, che escluda, dunque, da responsabilità l’ente. Determinandosi un’evidente violazione alle disposizioni dell’articolo 28 della Costituzione.

Un capolavoro di incertezza del diritto e di carico di adempimenti degno di migliori fini, corroborato anche dalla previsione del comma 7 dell’articolo 18 della legge 134/2012 che in maniera anche involontariamente canzonatoria prevede che ai vari oneri procedimentali indicati “si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Come dire che si impongono nuovi e rilevanti adempimenti, ma si fa divieto di rispettarli con l’ausilio unico valido per riuscirvi in modo efficace e tale da garantire per i cittadini certezza del diritto e dei rapporti economici cioè un investimento rilevante nell’informatica.

Quando, per esempio, l’articolo 18 chiede non solo la pubblicazione di dati tabellari, ma anche la loro accessibilità ai motori di ricerca e l’esportabilità, nello stesso momento richiede non la pubblicazione, ad esempio, di mere tabelle su files in formato .pdf, bensì link di ipertesto nelle pagine del sito, da adeguare alle regole informatiche per la tracciabilità dai motori di ricerca. In sostanza, occorrerà necessariamente modificare i siti, le regole di gestione ed i contratti con le aziende che li gestiscono. Che si possa adempiere a quanto prevede l’articolo 18 con le risorse strumentali (e finanziarie) esistenti è da escludere a priori. Solo chi pensa che norme di legge semplifichino le attività amministrative ed i rapporti con i cittadini solo per il fatto che le si intitoli “amministrazione aperta” può davvero credere che le previsioni fissate dal legislatore possano attuarsi senza oneri.

E molti di detti oneri sono beceramente, bovinamente “burocratici”, nel senso più deteriore della parola. Vediamo il perché.

Per attuare quanto previsto dall’illuminata norma occorre come minimo un data-base con questo tracciato record:








































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Nome o Ragione socialeCognomeCodice Fiscale/P. IvaTipo di rapporto: contratto, contributoImporto previsto da impegno di spesa definitivo - link a determinaNorma o titolo a base dell'assegnazioneSettoreServizioU.O.DirigenteResponsabile del procedimentoModalità utilizzata per individuare il beneficiario - link a determinaLink al progettoLink al curriculumLink al contrattoLink al capitolato

Ma questo è solo il primo passo. Poi, occorre inserire per ciascun record le informazioni ivi contemplate.

Come chiunque abbia a che fare con l’attività amministrativa operativa (c’è da dubitare che ciò valga per il redattore della norma) può constatare, gran parte delle informazioni richieste debbono necessariamente essere presenti anche nei provvedimenti alla base della concessione del “beneficio” al destinatario.

Pertanto, tali informazioni debbono essere trascritte una prima volta nel corpo del testo del provvedimento. Poi, a seconda dei sistemi di workflow ed informatici di cui ciascun ente dispone, i medesimi dati vanno anche solo parzialmente riscritti per la pubblicazione sull’albo pretorio informatico, divenuta ormai obbligatoria.

Una domanda, allora, nasce spontanea: perché non si è semplicemente previsto di evidenziare con un codice, un segnale, un colore, nell’albo pretorio il provvedimento a monte dell’erogazione finanziaria? Sarebbe stato più semplice ed altrettanto efficace.

No. L’articolo 18 impone di riscrivere in forma tabellata gli elementi essenziali del provvedimento a contrattare o finalizzato alla concessione dell’erogazione economica, con un’ulteriore digitazione, che si deve arricchire anche di ulteriori elementi, quali in particolare il link al progetto, al curriculum o al contratto. Si richiederebbe, dunque, un collegamento diretto tra i sistemi di protocollazione informatica e tabella di pubblicazione che, ovviamente, allo stato non esiste. Occorrerebbero, pertanto, nuovi adeguamenti informatici e costi, che invece l’articolo 18 non consentirebbe.

Per fare fronte agli obblighi imposti senza davvero gravare finanziariamente con nuovi sistemi informatici, bisognerebbe porre in essere la più becera attività burocratica che si possa immaginare: copiare dati già esistenti in un data base.

Il risultato sarà anche una maggiore trasparenza (perfettamente ottenibile con pochi accorgimenti all’albo pretorio informatico, come visto sopra), ma a prezzo di dedicare ore e ore di lavoro di impiegati ad attività tutt’altro che produttive, come, appunto, digitare ripetutamente gli stessi dati, col pericolo di alterarli, e di perdere di vista la cronologia.

A proposito, sfugge entro quali tempi l’adempimento dovrebbe essere posto in essere. Riportiamo il primo periodo del comma 5 dell’articolo 18: “A decorrere dal 1° gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi all'entrata in vigore del presente decreto-legge, la pubblicazione ai sensi del presente articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico”.

Letteralmente, la disposizione prevede che la pubblicazione prevista sia condizione legale di efficacia del titolo legittimante. Dunque, l’amministrazione può procedere senza pubblicare alcun dato fino alla stipulazione del contratto o dell’atto convenzionale che legittima l’erogazione (si ricorda che i provvedimenti a contrattare o che acconsentano all’erogazione costituiscono meri atti interni e non sono titoli validi per far suscitare il rapporto obbligatorio col destinatario).

L’adempimento della pubblicazione, dunque, appare potersi e doversi effettuare subito dopo la stipulazione del contratto o la formazione di altro titolo per l’erogazione (convenzione che disciplini l’erogazione di contributi, ad esempio).

Tuttavia, poiché si tratta di una condizione di efficacia, il dirigente o il responsabile del procedimento materialmente non potrà, nel caso di contratti ad esempio, ordinare l’avvio della prestazione, se non si sia provveduto alla pubblicazione.

Si comprende, dunque, che l’onere burocratico ricadrà prevalentemente, a seconda di come sono organizzati gli enti, o sugli uffici che gestiscono in modo accentrato l’attività contrattuale; oppure su ciascun responsabile del procedimento, se la scelta organizzativa è quella di decentrare la gestione.

Tale ultima scelta è quella che appare più opportuna. Ma richiede che l’articolo 18 non sia attuato con una semplice tabella di un foglio elettronico. Occorre, al contrario, un database piuttosto evoluto, capace di interconnettersi col sistema documentale ed il protocollo per consentire il link ai documenti e, per evitare il lavoro amanuense da monaci benedettini di paziente ricopiatura degli elementi dei provvedimenti a contrattare, l’estrazione dei dati dal sistema di produzione dei provvedimenti.

La norma, insomma, si rivela sacrosanta, ma seriamente attuabile solo se, esattamente come per la “decertificazione” vi fossero disponibili sistemi informativi evoluti e dialoganti tra loro, già prodotti e messi a disposizione dei vari enti, per esempio grazie ad appalti appositamente elaborati dalla Consip.

Invece, niente di tutto questo è previsto. Verosimilmente si attuerà la norma improvvisando qua e là, in attesa di decreti mille proroghe che spostino all’infinito i termini (come avvenuto per il protocollo informatico), oppure rassegnandosi a due-tre anni minimo di malfunzionamenti e flop, come nel caso delle certificazioni mediche on-line, previste nel 2008 ed entrate veramente a regime solo 4 anni dopo.

Ed evitiamo di sottolineare troppo che molte delle informazioni richieste sono già previste e facilmente reperibili. Dall’albo pretorio, oppure dall’elenco dei beneficiari dei contributi che annualmente ciascun ente deve compilare o, ancora, dal repertorio dei contratti. Non parliamo, poi, degli incarichi di consulenza e collaborazione. Un sistema in tutto analogo di pubblicità è già previsto dall’articolo 3, comma 18, della legge 244/2007, ai sensi del quale “I contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell'oggetto dell'incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell'amministrazione stipulante”. Norma che non è stata abolita espressamente dal legislatore (il quale probabilmente aveva totalmente dimenticato della sua esistenza), ma che dovrebbe considerarsi disapplicata, in virtù di una disposizione dal contenuto analogo e, per altro, ancor più restrittiva.

Insomma, al di là degli slogan e della propaganda, un percorso virtuoso per giungere ad una maggiore trasparenza dell’azione amministrativa sulla base di investimenti nell’informatica, nell’organizzazione, nella formazione e nel collegamento tra reti non si riesce proprio ad individuare. Col risultato che di semplificazioni ci si limita a parlare e teorizzare.

 

 

 







[1] Art. 18  Amministrazione aperta

1.  La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l'attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di accessibilità totale di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

2.  Nei casi di cui al comma 1 ed in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o regolamento, nel sito internet dell'ente obbligato sono indicati: a) il nome dell'impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l'importo; c) la norma o il titolo a base dell'attribuzione; d) l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.

3.  Le informazioni di cui al comma 2 sono riportate, con link ben visibile nella homepage del sito, nell'ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consente l'esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

4.  Le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, e ad esse si conformano entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere g), h), l), m), r) della Costituzione, tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, le aziende speciali e le società in house delle pubbliche amministrazioni. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano entro il medesimo termine secondo le previsioni dei rispettivi Statuti.

5.  A decorrere dal 1° gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi all'entrata in vigore del presente decreto-legge, la pubblicazione ai sensi del presente articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

6.  Restano fermi l'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i decreti legislativi 7 marzo 2005, n. 82, 12 aprile 2006, n. 163 e 6 settembre 2011, n. 159, l'articolo 8 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 e le ulteriori disposizioni in materia di pubblicità. Ai pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed ai connessi trattamenti previdenziali e contributivi si applicano le disposizioni ad essi proprie. Il Governo, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è autorizzato ad adottare entro il 31 dicembre 2012, previo parere della Conferenza unificata, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a coordinare le predette disposizioni con il presente articolo ed a disciplinare le modalità di pubblicazione dei dati di cui ai commi precedenti anche sul portale nazionale della trasparenza di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009. Lo stesso regolamento potrà altresì disciplinare le modalità di attuazione del presente articolo in ordine ai pagamenti periodici e per quelli diretti ad una pluralità di soggetti sulla base del medesimo titolo.

7.  All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


4 commenti:

  1. Bellissimo articolo complimenti. Il primo che leggo relativo alla amministrazione aperta che analizza con serietà gli aspetti informatici e tecnico amministrativi. Ti sottopongo all'attenzione il sito http://www.amministrazioneaperta.it dove si analizza un applicativo che permette, integrandosi con il sito istituzionale, di adempiere a quanto previsto dalla normativa, i dati inseriti sono facilmente ordinabili e filtrabili e la tabella html è esportabile in csv, exel e pdf. A presto

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  2. Quanto espresso nell'articolo centra in pieno il problema: in mancanza di investimenti sul sistema informatico e/o di integrazione delle risorse umane, si moltiplicano gli adempimenti di carattere burocratico, per cui i funzionari pubblici duplicherranno dati invece di dare servizi ai cittadini.
    E' impressionante la demagogia che pervade la norma, il tutto anche per contratti (a prestazioni corrispettive) di appena 1.000 euro.
    Orfeo

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  3. [...] la fissazione del termine del 1° gennaio 2013, come scadenza entro la quale la pubblicazione dei dati riportati sopra costituisce condizione legale di efficacia delle concessioni di vantaggi economici in argomento se di importo complessivo superiore a mille euro; l’inadempimento all’obbligo può determinare responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile, mentre il destinatario del beneficio può far rilevare anche la mancata, incompleta o ritardata pubblicazione allo scopo di ottenere il risarcimento del danno da ritardo del pagamento eventualmente connesso o di ogni ulteriore danno patrimoniale. [...]

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