lunedì 10 dicembre 2012

#Province, riordino in forse: travaso di bile di Sergio Rizzo

Cos’è che preoccupa il Corriere della Sera rispetto alle nebbie che si parano davanti in conseguenza della crisi di governo? Lo spread? Il Pil? La disoccupazione? L’Ilva?
Anche, ma non solo. La battaglia annosa di Sergio Rizzo contro le province campeggia, come d’abitudine, anche questa volta. Come se l’arresto ad un processo di riordino talmente mal congegnato e dissennato che lo stesso Governo afferma, nel suo studio inviato in Parlamento per incitare alla conversione del d.l. 188/2012 (e fare contento lo strepitante Patroni Griffi), fosse determinante ai fini dei problemi italiani.
Rizzo richiama le questioni trite e ritrite, affermate mille volte, nel cieco e populistico ruolo di censore della spesa pubblica.
Nel suo intervento sul Corriere del 10 dicembre 2012, Rizzo richiama il rischio che la mancata conversione del decreto “costerà 500 milioni l’anno: tanto, dice il ministro Piero Giarda, sarebbe il risparmio dovuto all’accorpamento delle province”. E si lancia il solito messaggio: le province “costano”.
Ci sarebbe da osservare, in primo luogo, che da sempre Rizzo ed epigoni affermano che intervenendo sulle province, si sarebbero risparmiati 12,5 miliardi, cioè la spesa che esse movimentanto.
Ovviamente le cose non stanno affatto in quel modo. Il volume della spesa è tale, perché le province svolgono funzioni che solo ora il Ministro Patroni Griffi scopre essere fondamentali e necessarie. Se si abolissero le province, le funzioni andrebbero spostate verso altri enti e il volume della spesa sostanzialmente non diminuirebbe.
Ma, si potrebbe obiettare, il Ministro Giarda ha appunto confermato che con gli accorpamenti comunque si ottiene un bel risparmio.
E’ il caso di legge con molta attenzione lo studio elaborato dal Ministro Giarda, intitolato “Quanti risparmi dalla riorganizzazione delle province ?”, specie nelle sue conclusioni. Lo studio costruisce tutta la stima non sulla natura delle spese, su cosa le province fanno e, di conseguenza, su quanto spendono (a conferma che il Governo non sa cosa le province facciano, cosa molto più grave della carenza di informazioni, in proposito, della stampa e dei media), ma sul rapporto tra spesa e popolazione residente. Un errore contabile e di prospettiva clamoroso. Le province, per esempio, dedicano molta spesa alla manutenzione delle strade. La popolazione residente non ha alcuna relazione con questa voce di spesa, influenzata, invece, dai chilometri della rete e dall’orografia.
Si tratta, dunque, di uno studio che definire approssimativo e totalmente sganciato dalla realtà finanziaria e contabile è ancora molto eufemistico. Tanto è vero che così lo stesso studio chiude: “L’esercizio presentato è molto astratto e prescinde dalle valutazioni di natura organizzativa che sarebbero necessarie per stime aventi precisi riflessi finanziari; per la difficoltà di tali valutazioni è da notare che il decreto non associa risparmi di spesa (né le possibili conseguenti riduzioni dei trasferimenti) all’accorpamento.
Le stime del modello affrontano solo la questione delle diseconomie di scala associate alle piccole dimensioni ed indicano che le piccole dimensioni incorporano maggiori costi ai quali non corrispondono necessariamente maggiori servizi”.
Affermare, pertanto, che la mancata conversione del decreto 188/2012 farebbe perdere un risparmio, completamente campato in aria, di 500 milioni l’anno è solo disinformazione e propaganda.
Tanto lo studio del Ministro Giarda non ha alcun serio fondamento, che nel bilancio dello Stato non è previsto un solo centesimo di risparmio dalla manovra sulle province.
Sarebbe il caso che la stampa generalista, ma soprattutto Governo e Parlamento affrontassero il tema del riordino istituzionale, certamente opportuno e necessario, senza indulgere ai puntigli degli opinion leader o ai facili populismi, messi in ridicolo da Petrolini col suo Nerone, per evitare che siano Governo e Parlamento a bruciare la città.

3 commenti:

  1. tranquillo olivieri che le funzioni e le poltrone provinciali rimangono in capo alle stesse (art. 20 del salvaitalia) finche stato e regioni non se le riprendono (ma quando mai?) o le danno ai comuni (e perche' dovrebbero farlo? e chi dovrebbe farlo? Grillo? Bersani? Berlusconi?)... figuriamoci poi se il governo (ma quale governo!) osera' mai esercitare il potere sostitutivo del salvaitalia!?!

    tranquilli, che si mangia ancora un po'...fintantoche' non finiscono i soldi che vi rimangono dopo i tagli (quelli non decadono, no no, mi spiace per i posizionati, gli staffisti, gli amministratori delle partecipate, i loro sindaci, e tutta la corte dei miracoli presidenziale/assessorile...)

    cmq dai ancora una fetta di torta ce l'avete ancora, cari pezzi (d'antiquariato) d'italia da salvare, e magari anche piu' d'una....

    saluti

    mario rebora

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  2. Grazie delle tranquillizzazioni. Non ce n'era alcun bisogno. Almeno per me e per le province. Chi si è preoccupato molto di possibili caos è stato il Ministro Patroni Griffi, guarda caso l'autore di una riforma che considerare pasticciata è eufemistico.
    In decine e decine di scritti, ho sostenuto che i costi immediatamente da eliminare nella pubblica amministrazione tutta (non solo concentrandosi in 110 enti sui circa 16mila esistenti) sono quelli connessi agli staff, ai dirigenti a contratto, ai contributi dati senza costrutto e senza selezione, al ripiano dei bilanci di società in perdita costante.
    Ponga attenzione a un dato: la "utilissima" riforma di Patroni Griffi (che, comunque, in gran parte rimane in piedi) non ha minimamente preso in considerazione questi elementi. Nè nessuno ha avuto il coraggio di inserire neanche un centesimo di risparmio nel bilancio statale, come conseguenza della grande "riforma".
    Segno che si è trattato solo di uno specchietto per le allodole, utile a fare indignare qualcuno, come arma di distrazione di massa: mentre si tartassavano i cittadini, si creavano gli esodati, si fingeva di liberalizzare salvo arrendersi a tassisti e pizzicagnoli, si regalavano miliardi alle banche (Monte dei paschi) e si insultavano gli italiani in vario modo (posto fisso noioso, giovani choosy o sfigati, etc...), si forniva il contentino delle province.
    Per altro, fasullo. Perchè, anche fosse andata in porto la riforma, le province non sarebbero state eliminate, ma avrebbero continuato a vivere. Più grandi, con minori funzioni e meno democrazia, con presidenti che sarebbero diventati plenipotenziari potentissimi, altro che i "minifeudi" che Patroni Griffi a parole diceva di eliminare.
    Per eliminare le province, non c'è che una strada. Una volta compreso cosa fanno, come vengono spesi i soldi connessi alle funzioni e come le spese sono finanziate, modificare la finanza locale, assegnare le funzioni a quell'unico ente che può accorpare in modo realmente efficace e rispettoso del principio delle economie di scala. L'unica altra alternativa è rendere gratuiti gli incarichi politici, abolire la tipologia di spese indicata sopra e provare ad accorpare nelle province i mille enti sovra comunali e sub regionali (consorzi imbriferi, enti parchi, bim, comunità montane e chi più ne ha più ne metta).
    Il resto è solo propaganda.

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