sabato 15 dicembre 2012

Residui del salario accessorio fuori tetto e solo una tantum

Le somme del fondo della contrattazione decentrata non utilizzate nel corso di un anno, possono incrementare la parte variabile del fondo l’anno successivo senza incappare nel vincolo previsto dall’articolo 9, comma 2-bis, della legge 122/2010. Ma ciò solo una volta: si tratta di un incremento una tantum.

Col parere 30 ottobre 2012, n. 23668 e l’Aran, riprendendo le indicazioni di un risalente parere della Ragioneria Generale dello Stato, mette, si spera, fine ad un problema interpretativo che si trascinava da oltre due anni e contribuisce, soprattutto, a chiarire la portata e gli effetti dell’articolo 17, comma 5, del Ccnl 1.4.1999.

Tetto alla spesa contrattuale. La questione da cui prende le mosse l’Aran sorge dalla formulazione poco felice dell’articolo 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010: “a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

Un testo a dir poco laconico o criptico, che ha suscitato da subito troppi quesiti e problemi, sia interpretativi, sia operativi. Ad esempio, nonostante gli sforzi operati proprio dalla Ragioneria Generale dello Stato, è rimasto del tutto irrisolto l’algoritmo di calcolo per la riduzione del fondo in proporzione alla riduzione del personale.

La questione più rilevante da risolvere era se considerare o meno l’ammontare delle risorse del 2010 come una scatola chiusa ed impermeabile a qualsiasi ipotesi di incremento, sì, ad esempio, da escludere una temporanea allocazione di maggiori risorse, fondate su un titolo giuridico specifico e riferita a situazioni eventuali ed in qualche misura eccezionali.

E’ l’ipotesi contemplata dall’articolo 17, comma 5, del Ccnl 1.4.1999: “le somme non utilizzate o non attribuite con riferimento alle finalità del corrispondente esercizio finanziario sono portate in aumento delle risorse dell’anno successivo”.

Una lettura restrittiva dell’articolo 9, comma 2-bis, inizialmente sostenuta da alcune sezioni regionali di controllo della corte dei conti, escluderebbe di poter modificare la “fotografia” del 2010. Cioè, le risorse non potrebbero mai essere diverse da quelle rilevate nell’anno individuato dal legislatore come base di computo.

Questa chiave di lettura, tuttavia, risulta errata. Il legislatore con l’articolo 9, comma 2-bis, ha inteso limitare la possibilità delle amministrazioni di incrementare discrezionalmente le risorse variabili, in misura maggiore di quella prevista nel 2010. Sostanzialmente, la norma opera solo laddove le amministrazioni dispongano del potere di decidere l’an e il quantum: si tratta, dunque, dei commi 2 e 5 dell’articolo 15 del Ccnl 1.4.1999.

Il meccanismo fissato dall’articolo 17, comma 5, è molto diverso. Le amministrazioni non esercitano alcun potere discrezionale o decisionale. E’ volontà della contrattazione collettiva che quanto residua dopo l’erogazione delle risorse del fondo di un’annualità vada ad incrementare il fondo dell’anno successivo.

Non si ha, per altro, col sistema previsto dall’articolo 17, comma 5, un’incisione negativa sul bilancio, perché si tratta di somme a residuo, provenienti dalla gestione precedente.

La Ragioneria Generale dello Stato, col 13 luglio 2011, n. 81507, fatto in sostanza proprio dall’Aran, ha rilevato che le poste contabili relative ai residui del fondo contrattuale “costituiscono un mero trasferimento temporale di spesa di somme già in precedenza certificate, ancorché non utilizzate. Le somme di cui trattasi non costituiscono pertanto incremento di spesa da assoggettare al limite di cui al citato art. 9 comma 2bis e quindi non rilevano ai fini dello stesso in quanto esterne alla volontà di calmierazione chiaramente sottesa dal legislatore”.

La Rgs si è, dunque, allineata alle conclusioni tratte, in proposito, dalla Sezione regionale di controllo della Puglia, col parere 21 luglio 2011, n. 58, secondo il quale le economie di gestione derivanti dall'anno precedente non si computano nel calcolo del tetto massimo del fondo delle risorse decentrate: per la Sezione è dunque possibile che il totale delle risorse decentrate risulti in cifra assoluta superiore a quello del 2010, se lo sforamento derivi dall'applicazione dei residui. E smentisce il diverso orientamento espresso dalla Sezione regionale di controllo della Lombardia, con la deliberazione n. 609 del 17.11.2011, secondo il quale l’articolo 9, comma 2-bis, alla luce della “recente giurisprudenza (cfr la pronunzia 51/CONTR/11resa dalle Sezioni riunite in sede di controllo, depositata in segreteria il 4 ottobre 2011) che ha sottolineato come la disposizione de qua rappresenti una norma, di portata generale ed inderogabile, volta a delimitare le risorse utilizzabili ai fini della remunerazione del personale”.

Il buon senso ha prevalso. E’ fondamentale che un organo di indirizzo e soprattutto controllo, quale la Rgs, che con i suoi servizi ispettivi vigila sulla corretta gestione dei fondi della contrattazione, abbia fornito questo indirizzo, fatto proprio dall’Aran.

Residui una tantum. L’Agenzia, sempre sulla scorta del parere ha anche spiegato che l’incremento delle risorse decentrate derivante dall’applicazione dell’articolo 17, comma 5, è di natura non solo eventuale, ma anche una tantum.

Spiega l’Aran nel suo parere che le risorse decentrate e, in particolare, quelle provenienti dalla mancata erogazione di somme del fondo dell’anno precedente “in virtù della loro natura variabile (sia il loro stanziamento che l’entità delle stesse possono variare da un anno all’altro) … non possono … essere trasportate sull’esercizio successivo in caso di non utilizzo nell’anno di riferimento”.

Dunque, non è ammesso accumulare anno per anno tutto ciò che residua. L’articolo 17, comma 5, del Ccnl 1.4.1999 consente di aggiungere i residui dell’anno precedente solo nell’anno successivo. Laddove detti residui non siano interamente utilizzati, tornano al bilancio come economie.

L’Aran, come del resto la Rgs, chiarisce che per il trasporto delle risorse da un’annualità all’altra occorre una ricognizione amministrativa molto precisa, certificata dagli organi di controllo, allo scopo di asseverare l’entità delle risorse residuanti dall’anno precedente che risultino “verificabilmente non utilizzate né più utilizzabili” in relazione all’anno di riferimento. A questo proposito, la Rgs ebbe a spiegare che a titolo esemplificativo non possono essere considerate somme definitivamente non utilizzate quelle per le quali, per qualsivoglia ragione, anche di contenzioso, l’Amministrazione non abbia certezza giuridica di definitivo mancato utilizzo. L’Aran aggiunge che occorre eliminare le poste contabili che non possono incrementare il nuovo fondo, come economie derivanti da nuovi servizi non realizzati, risparmi per assenze da malattia o da part-time.

Altra fondamentale e tranciante specificazione dell’Aran: l’articolo 17, comma 5, tratta di residui contabili che non sono solo una tantum, ma che non possono in alcun modo essere impiegati per finanziare erogazioni fisse e continuative.

Anche se le somme non spese provenissero da mancato completo utilizzo delle risorse di parte stabile, per effetto del trascinamento all’anno successivo una tantum esse divengono parte delle risorse variabili. Dunque, non possono essere “destinate al finanziamento di voci del trattamento economico accessorio aventi carattere di stabilità (progressioni orizzontali, retribuzioni di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, ecc…)”.

Dette risorse “non possono essere confermate o stabilizzate anche per gli anni successivi”, come invece avverrebbe se si accettassero le frequenti proposte sindacali, di utilizzare i residui per rifinanziare le voci di parte stabile, in particolare le progressioni orizzontali.

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