giovedì 21 marzo 2013

#lavoro - canali di ricerca, quello che l'Isfol non dice

Puntuali come l’influenza ci sono solo due eventi: l’indagine dell’Isfol sui canali di ricerca del lavoro e gli articoli di giornale che titolano sul “flop” dei servizi pubblici per il lavoro.
Se, poi, i servizi per il lavoro sono delle province, la titolazione diviene anche più aggressiva, così da aizzare ai commenti on-line.
Il rituale è stato garantito anche quest’anno, segno che i Maya avevano proprio sbagliato. E così l’Isfol ancora una volta sciorina i suoi dati, come, ad esempio, riportati dal Sole 24 Ore: “Tra i canali di ricerca del lavoro si conferma il livello particolarmente elevato dell'intermediazione informale, in particolare tramite amici, parenti, conoscenti (32%). L'incidenza dell'informale aumenta tra i più giovani e diminuisce tra i più istruiti. Alto è anche il ricorso all'auto­candidatura (17%) e all'avvio di una attività autonoma (11%), strategie di attivazione caratterizzate da una forte iniziativa individuale, sovente richiedenti network sociali o background familiari consistenti per poter espletarsi. Il dato relativo ai Centri per l'impiego non supera il 4% nell'intermediazione diretta, ma nel 26% dei casi rappresenta uno dei passaggi necessari per trovare lavoro”. Risultato? Il titolo: “Come si trova lavoro in Italia? Grazie ad amici e parenti. Flop dei Centri pubblici”.
Un po’ più preciso il lancio dell’Agenzia Ansa: “Il canale "informale" resta la strada principale per trovare lavoro con il 32% dei neo-occupati nel 2011 che dichiara di aver trovato impiego grazie a amici, parenti o conoscenti. La rilevazione è dell'Isfol che segnala come appena il 3,9% abbia trovato lavoro grazie ai centri per l'impiego e il 2,4% con le agenzie interinali. Grazie ai sindacati e alle organizzazioni datoriali ha trovato lavoro solo lo 0,5% del campione mentre il 17,3% ha trovato con l'auto candidatura”.
Che strano. Il Sole 24 Ore omette il dato delle agenzie private (non sarà certo perché Confindustria ha molti piedi nelle agenzie private per il lavoro, ne siamo sicuri); l’Ansa lo riporta, è perfino peggiore di quello dei servizi pubblici, ma anche l’Ansa titola: “Lavoro: Isfol, 32% trova grazie a amici, flop centri impiego”.
Nessuno che spieghi che l’indagine Isfol è, appunto, un’indagine con larghissimo spazio di approssimazione. Non se ne vuole negare il valore, frutto di un poderoso impegno.
Ma è opportuno segnalare che l’indagine si basa su interviste a campione. Non si tratta di rilevazioni su quantità numeriche, perché non vi sono materialmente i dati disponibili per poterlo fare.
Il sistema delle comunicazioni obbligatorie on-line permette di tracciare quanti avviamenti al lavoro sono effettuati, ma manca totalmente qualsiasi aggancio tra la comunicazione di assunzione e un’eventuale attività di mediazione svolta in precedenze.
Dunque, manca del tutto un sistema certo per incrociare l’attività di mediazione effettuata e l’assunzione scaturita.
Nell’indagine relativa al 2011, l’Isfol avvertiva: “Le persone in cerca di lavoro utilizzano soprattutto i canali di ricerca informali (amici, parenti e conoscenti), i Centri per l’impiego e quelli meno costosi (lettura di annunci sui giornali e invio curriculum vitae), pur non disdegnando le vie più strutturate (Agenzie di lavoro interinale, Società di ricerca, concorsi). L’utilizzo di un canale non è alternativo o concorrente all’utilizzo di altri metodi di ricerca. Sono quindi molti gli individui che si attivano su più fronti contemporaneamente”.
Questa affermazione, per altro certamente corretta, costituisce di per se stessa la negazione di ogni possibile scientificità della considerazione che i servizi, tanto pubblici, quanto privati, siano un “flop”.
L’indagine svolta mediante interviste non è, ovviamente, in alcun modo in grado di rilevare se, ad esempio, il 17% di coloro che si autocandidano abbiano avuto modo di reperire la vacancy accedendo ai servizi pubblici o privati.
La Provincia di Verona da anni ha adottato un sistema di pubblicizzazione on line delle richieste di lavoratori da parte delle aziende, che consente anche l’incrocio domanda-offerta sempre on line. Le autocandidature dei lavoratori operate sul portale sono state, nel 2012, 21.627, su un totale di 144.218 comunicazioni obbligatorie. Il rapporto tra le due grandezze è del 15%. Trattandosi di autocandidature veicolate dal portale del sistema pubblico per il lavoro sarebbe corretto non conteggiarle nelle mediazioni dei servizi pubblici?
E come fa l’indagine ad assicurarsi che colui che cerca lavoro sia realmente consapevole dell’esclusività del canale di ricerca utilizzato, a distinguerlo?
Un’altra informazione che non viene mai data, quando vengono pubblicati gli esiti di queste indagini, consiste nel fatto che in Italia la mediazione di lavoro praticamente non è regolata, in quanto l’ordinamento tollera la presenza sia dei canali ufficiali, sia di sistemi di ricerca che sfuggono totalmente a qualsiasi regolazione.
I canali ufficiali per poter svolgere l’attività di ricerca e incontro domanda offerta debbono garantire determinati requisiti (i privati debbono ottenere particolari autorizzazioni ed accreditamenti), trattare i dati inserendoli in apposite banche dati informatiche nel rispetto di precise linee di indirizzo, garantire l’anonimato della domanda di lavoro, tempi di risposta, rose di preselezione stabilite, conferire i dati su Cliclavoro e, se previsto, nelle “borse-lavoro” regionali o provinciali.
A fronte di simili – corretti – oneri procedurali ed organizzativi dei canali ufficiali, qualsiasi datore privato può intermediare la propria domanda di lavoro con l’offerta nel modo che più gli aggrada. Le agenzie per il lavoro che pubblicano le domande di lavoro su portali on-line debbono assoggettarsi, correttamente, ad un regime di accreditamento simile a quello di ogni altro soggetto. Ma qualsiasi azienda è libera di pubblicare sul proprio sito il link “lavora con noi” ed intermediare da sé domanda ed offerta, saltando a piè pari qualsiasi altro canale.
Al di là, dunque, del problema della precisione della rilevazione Isfol, il sistema normativo di per sé, per come congegnato, invece di indurre all’utilizzo dei canali ufficiali, invoglia tanto le imprese, quanto i lavoratori a fare da sé. Non c’è, dunque, da stupirsi poi tanto se prevale l’informalità sulla formalità.
Ma, a farne le spese, sono soprattutto i lavoratori, costretti a ricercare lavoro in un sistema opaco, poco aperto e democratico, nel quale, come si intuisce, conta troppo il trovarsi nel canale giusto per reperire il lavoro.
Il “lavora con noi”, per rendere il mercato trasparente ed efficiente, dovrebbe essere sempre parte di un canale di ricerca formale, pubblico o privato. Le imprese potrebbero essere incentivate a pubblicare le vacancy non in proprio, ma nei canali ufficiali con sgravi o facilitazioni procedurali. Il sistema delle comunicazioni dovrebbe poter tracciare l’esistenza di un collegamento tra una comunicazione di assunzione e, a monte, una pubblicazione su uno dei canali formali, ferma restando ovviamente la libertà assoluta dell’azienda di scegliere il lavoratore più confacente tra quelli candidati e anche di fare da sé, scaduto un certo periodo di tempo dalla pubblicazione “ufficiale”.
In assenza di accorgimenti come questi, il mercato resterà sempre in balìa delle amicizie e delle parentele, quando non di servizi non riconosciuti che chiedano anche corrispettivi per l’intermediazione ai lavoratori. E con la stessa puntualità di sempre, indagini come quelle dell’Isfol rileveranno, senza elementi numerici certi, l’ovvio, consentendo di gridare al flop dei servizi pubblici, obbedendo al mantra che tutto ciò che è pubblico è inefficiente.
Ultima annotazione. Queste indagini dimenticano sempre di ricordare che i servizi pubblici per il lavoro, proprio perché non esiste né esclusiva né privilegio nell’attività di mediazione, non sono chiamati a svolgere questa come la principale delle attività. I centri per l’impiego assolvono ad una serie di molte altre funzioni di politica attiva e di amministrazione: registrano le dichiarazioni di immediata disponibilità necessarie per l’inserimento nelle anagrafiche dei disoccupati e ottenere, così, i servizi di aiuto; certificano gli status; svolgono funzioni di controllo per Inps, Usl ed altre autorità per verificare la permanenza della disoccupazione, se utile per la percezione di benefici; sono chiamati a convocare le migliaia di lavoratori per costruire con loro i curriculum e i sistemi di ricerca; la stessa riforma-Fornero pone al centro dell’attività dei centri per l’impiego, attribuendo il ruolo di livelli essenziali delle prestazioni, le convocazioni per colloqui di orientamento e la proposta di inserimento in attività di formazione per la riqualificazione dei lavoratori (per altro, senza aver previsto alcun finanziamento di tali attività); promuovono i tirocini; gestiscono l’intero sistema del collocamento dei disabili; debbono proporre od organizzare sistemi misti (orientamento, tirocini, formazione) per migliorare l’occupabilità.
La mediazione rappresenta, dunque, una parte, importante, ma pur sempre una parte della costellazione delle attività e dei servizi che rendono, ben più ampia.
Incentrare, dunque, l’attenzione su un dato per altro non del tutto attendibile relativo alla sola funzione di mediazione appare limitativo e un facile gioco denigratorio.

2 commenti:

  1. La invito a leggere la mia replica sul bollettino adapt del 2 Aprile 2013.
    Dove, mi auguro, converrà che molte delle sue opinioni sulla rilevazione sono sbagliate, imprecise e pregiudiziali. Tuttavia, stranamente, l'orientamento della nostre analisi è analogo e cerca di allargare la valutazione dei CPI dalla mera intermedazione al complesso delle attività di orientamento, formazione, ecc. che svolgono. Inoltre, essendo questa indagine ideata proprio per questo, coglie anche il ruolo di intermediario indiretto, ovvero di player del mercato del lavoro, compito che la Riforma gli ha dato 15 anni fa.
    Le critiche che si intuiscono su queste pagine non le commento, essendo frutto di reazioni epidermiche e non circostanziate che, parere personale, i ricercatori dovrebbero evitare.
    Quindi la invito a riconsierare i suoi avversari, poichè, amio avviso, lei sta guardando "il dito che indica l'uccello", e descrivendo quello che altri, erroneamene e in maniera imprecisa come spesso capita con i media, hanno detto o scritto. Tuttavia, per non rimanere sporcati in futuro da questa informazione di bassa qualità, ci sono i comunicati stampa, i siti ufficiali, le nostre pubblicazioni che consentono una comprensione corretta o, perlomeno, autonoma e completa. Saluti
    Emiliano Mandrone

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  2. Sono lieto che possano considerarsi "sbagliate" (io avrei detto non condivisibili) le opinioni sulla rilevazione, a causa di informazioni erronee date dalla stampa.
    Resta il fatto che la Sua cortese precisazione non smentisce i dati che mi sono sentito di indicare e che, comunque, al di là dei comunicati stampa e dei siti, è da anni che il messaggio lanciato sia costantemente quello del Flop dei servizi pubblici. Una ragione ci sarà. Forse discendente anche dal sistema di comunicazione, che induce, magari, ad opinioni "sbagliate".
    Grazie ancora.

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