mercoledì 13 marzo 2013

Riformare come la Germania? Sì, se emigriamo o ci facciamo annettere #lavoro #crisi @mastrobradipo

Nell'ennesimo strepitoso articolo su La Stampa, intitolato "Il piano che salvò la Germania e che l’Italia ancora aspetta" Tonia Mastrobuoni racconta come la Germania, da malato d'Europa si trasformò di nuovo in locomotiva, grazie al coraggio di Schroeder.
Racconta la Mastrobuoni: "quelle riforme, che tra le altre cose tagliarono il periodo del sussidio di disoccupazione, ammorbidirono le regole sui licenziamenti, resero quasi obbligatoria l’accettazione di un lavoro per i disoccupati, diminuirono il peso fiscale sul lavoro, resero più fluido il passaggio dalla scuola all’occupazione sburocratizzando l’apprendistato e introdussero regole molto più stringenti per la copertura sanitaria". Gli effetti politici di quelle riforme furono devastanti per il partito socialdemocratico, ma fondamentali per il Paese.
Ma, se l'Italia volesse e sapesse imitare le scelte dei tedeschi?
- taglio del periodo del sussidio di disoccupazione. Ottimo. Ma quale "sussidio"? Solo ora con la riforma Fornero si è quasi giunti, con l'Aspi, ad una forma unica di sussidio (al netto dell'esistenza di tante misure in deroga e della cassa integrazione). E cosa tagliare, se già la durata è brevissima, 12 mesi a regime?
- ammorbidimento regole su licenziamenti. L'Italia ha già imitato - malamente - il sistema tedesco col "nuovo" articolo 18, ottenedo risultati pari a meno di zero. E in Italia le imprese con meno di 15 dipendenti possono ed hanno sempre potuto licenziare ssenza articolo 18.
- accettazione obbligatoria di un nuovo lavoro per i disoccupati. Giustissimo, ma in Italia non si è stati capaci, dopo aver liberalizzato le assunzioni consentendo alle aziende di assumere senza il nulla osta di nessuno, di convogliare l'incontro domanda/offerta verso canali ufficiali: centri per l'impiego o agenzie per il lavoro. Le imprese li saltano liberamente a piè pari, diffidando della "burocrazia" e dei costi. E assumono chi vogliono, nella totale opacità del mercato. Dunque, in assenza di un canale libero, ma regolato, come si può obbligare il  disoccupato ad accettare una proposta formale di lavoro?
- diminuzione del peso fiscale sul lavoro. Mai che in Italia i tantissimi incrementi di imposte indirette o accise abbiano compensato riduzioni a Irpef e Irap. Mai nemmeno possibile pensare di finanziare la riduzione delle imposte sul lavoro con tagli alla spesa, poichè è sempre aumentata.
- apprendistato come passaggio scuola/lavoro. In Italia la scuola è ancora molto autoreferenziale, mentre l'apprendistato è in sostanza un salario d'ingresso, così tanto "burocratizzato" che le aziende lo utilizzano pochissimo. Il modello tedesco andrebbe più che bene, ma richederebbe di radere al suolo il sistema dell'istruzione.
- regole per la copertura sanitaria. Il welfare pieno di falle dell'Italia può vantare, tuttavia, un buon sistema sanitario. Rovinato non dall'accesso alle cure, ma dalla politicizzazione degli incarichi manageriali e dei primari, dalle spese folli e incontrollate per gli acquisti, dal sostegno a piè di lista alle struture "private" (per assetto proprietario, non per finanziamenti). Questo occorrerebbe toccare, non l'accesso alla sanità.
Volessimo fare come i tedeschi, probabilmente, viste le condizioni, dovremmo emigrare in Germania o farci annettere.

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