venerdì 5 dicembre 2014

#province La non notizia dell'assunzione di 17 #segretari #IlFattoQuotidiano #spoilsystem

La non notizia e la sua apoteosi: l’assunzione di 17 segretari comunali da parte delle province.
Il Fatto Quotidiano, per la penna di Thomas Mackinson si è esibito, con l’articolo “Province “abolite” assumono 17 dirigenti. E’ caos otto mesi dopo la riforma Delrio” in un articolo emblema di ciò che non è notizia. Perdendo clamorosamente l’occasione di fornire ai lettori un’informazione corretta e completa, consistente, nella realtà, nella sola seconda parte del titolo, quella relativa alla devastazione del pandemonio normativo causato dalla riforma Delrio.
Il Fatto Quotidiano si è addossato la colpa, grave, di aver assunto sulla questione delle province un atteggiamento piuttosto diverso rispetto a quello generalmente adottato, specie in confronto con la stampa generalista: si è accodato, rinfocolandola, alla campagna abolizionista, senza se e senza ma, non accorgendosi delle conseguenze micidiali della riforma escogitata da Delrio.
L’aplomb, l’elettorato e, soprattutto, le copie vendute, di stampo grillino evidentemente non hanno consentito al giornale di valutare con piena serenità i fatti, posto che l’editto era “abolire le province”.
E anche adesso che le province non sono per nulla abolite, ma la legge Delrio, mista alla legge di stabilità, prepara una bomba istituzionale ed organizzativa degna dell’armata Brancaleone, non riesce a venir fuori dalla trappola del facile populismo della campagna immotivata contro un’istituzione che, anche se non lo si sa, rende servizi e che muove solo l’1,15% della spesa pubblica.
Così, per continuare nel sensazionalismo contro le province, Il Fatto Quotidiano scopre, niente meno, che esse stanno “assumendo” i segretari. Cosa che, per chi conosce l’ordinamento degli enti locali, equivale a rimanere stupefatti osservando che l’acqua bolle a 100 gradi.
Ma, l’intero articolo è un florilegio di imprecisioni, che purtroppo, invece di dare al lettore un quadro della drammatica situazione creata ai servizi provinciali dai clamorosi errori del Governo, confonde la situazione e fa apparire ancora una volta le province sul banco degli imputati del tribunale del populismo sudamericano.
Vediamo il lungo elenco di imprecisioni contenute nell’articolo. Si legge: “L’ultimo pasticcio è uscito dalla Legge di Stabilità approvata alla Camera che ha definito tagli lineari alle risorse delle province per 1,2 miliardi nel 2015 e altri 2 nel 2016, ma senza la contestuale riduzione delle loro funzioni fondamentali che ne costano 3,1”.
Allora:
a) i tagli alle province per il 2015 sono di 1 miliardo e non 1,2 (quest’ultima cifra riguarda i comuni);
b) si omette di dire che il taglio nel 2017 arriva a 3 miliardi;
c) si omette di precisare che, in realtà, non è un taglio ma dell’imposizione di versare quelle cifre al bilancio statale (cifre che poi lo Stato spende come vuole: infatti, le tasse provinciali non a caso non si abbassano, perché finiscono per finanziare la spesa dello Stato);
d) le funzioni fondamentali non “costano” affatto 3,1 miliardi; per le funzioni si “spendono” (i costi sono tutt’altra cosa) comunque non 3,1 miliardi, ma circa 6.
Si prosegue nella lettura: “Ed è qui che si consuma l’ultimo paradosso della tormentata vicenda: se la loro effettiva abolizione doveva comportare il rischio di 20mila esuberi, quella farlocca ha subito offerto il destro a nuovi incarichi dirigenziali. Sono i segretari generali, figure tecniche di nomina politica che comportano rilevanti oneri per le amministrazioni: da 43mila a 155mila euro, con retribuzione di posizione e di risultato per le province più popolose”.
E però:
a) non si capisce perché l’abolizione delle province, non determinata in alcun modo da situazioni di dissesto o deficit degli enti, avrebbe dovuto comportare 20 mila esuberi;
b) non è dato comprendere l’invocazione di 20.000 esuberi, un numero elevatissimo, quando lo stesso quotidiano, giustamente, lancia doverosi allarmi sociali su crisi occupazionali di entità singole spesso più contenute, per quanto egualmente allarmanti;
c) parlare dei segretari come di figure “di nomina politica” è un artificio, che li accomuna ai dirigenti a contratto. Quelli sono effettivamente di pura e vera nomina politica. I segretari comunali accedono ad un albo a seguito di uno specifico e molto selettivo concorso pubblico. E’ vero che poi sindaci e presidenti attingono a quell’albo. Ma si tratta di professionisti non di estrazione politica, come invece i dirigenti degli staff o, comunque, quelli selezionati in base allo spoil system puro, che la recente riforma Madia ha triplicato negli enti locali;
d) i rilevanti oneri per le amministrazioni ci sarebbero lo stesso: i segretari sono comunque retribuiti e verrebbero pagati egualmente, anche se andassero a prestare servizio presso altre sedi;
e) la retribuzione di posizione e risultato non è condizionata per nulla dalla popolosità delle province.
In effetti, l’articolo dopo la concentrazione di imprecisioni sul tema delle province, piega poi in una sorta di filippica contro i segretari. Strano: Il Fatto Quotiano, sempre nel suo aplomb molto grillino, è, giustamente, strenuo difensore della legalità e dell’anti corruzione. Sfugge evidentemente al giornale (ma è un torto, non una giustificazione) che i segretari comunali sono incaricati direttamente dalla legge anticorruzione, la 190/2012, del ruolo di responsabili per la prevenzione della corruzione, proprio in virtù sia della loro specifica preparazione, sia per la terzietà rispetto agli apparati, certamente compromessa dal sistema delle nomine, ma comunque in qualche misura assicurata dalla non appartenenza ai ruoli comunali e provinciali.
In effetti, il capolavoro dell’articolo sta nella sua parte finale, dedicata ad una sorta di attacco ai segretari comunali, nella quale si rivela la non notizia sulla quale si basa: “Sono già 17 quelle che hanno avviato la ricerca di altrettanti segretari. E’ bene precisare – perché fa parte del pastrocchio – che per le amministrazioni non si tratta di un’opzione rinviabile: il Testo unico degli Enti locali del 2000 prevede obbligatoriamente la figura del responsabile degli atti amministrativi, pena la loro nullità”.
E, infatti, la figura del segretario è obbligatoria. Dunque? Perché l’articolo è stato impostato in questo modo, così da far credere che le province commettano chissà quale sperpero o scorrettezza nell’adempiere a, tra i tanti adempimenti scaricati loro addosso dalle “riforme”, quello che fa meno danni?
Una piccola precisazione, ancora, per l’autore dell’articolo: il segretario non è responsabile degli atti amministrativi, ma di tutt’altro; e non c’è alcuna conseguenza di nullità sugli atti delle province, se i segretari non sono nominati: ci sono i vice segretari o, alle brutte, il Ministero dell’interno invia i segretari in disponibilità a coprire la sede. Occorre conoscere le cose un po’ più approfonditamente, prima di proferire sentenze e giungere a conclusioni del tutto errate.
Ma, l’articolo, nell’apportare critiche fondate ma timide e velate al caos della riforma provinciale, svela di essere una bella prestazione di consenso all’idea del Governo proprio di abolire anche la figura dei segretari comunali, col seguente passaggio: “A onor del vero un disegno di legge delega del governo, presentato ad aprile, ha previsto la soppressione della figura del segretario generale, ma il legislatore non ha indicato chi assumerà le competenze dei 3.367 funzionari oggi in servizio. Nel frattempo, ha riservato un’altra chicca: nel 2015 saranno iscritti all’albo, a seguito di un concorso del 2009 e di un anno di formazione, 260 nuovi segretari da immettere in ruolo tra comuni e province”.
Davvero strana, lo si ribadisce, questa non troppo nascostamente entusiastica adesione all’idea di eliminare una figura di garanzia di legalità negli enti locali, specie dopo i fatti di Roma che confermano come i presidi di legalità andrebbero rafforzati. I segretari comunali, lungi dall’essere soppressi, dovrebbero essere potenziati, modificando appunto il sistema di assegnazione degli incarichi, disancorandolo totalmente da scelte politiche, sia pure effettuate attingendo ad un albo.
Occorrerebbe, inoltre, abolire totalmente lo spoil system. Il Fatto Quotidiano forse troppo presto ha obliato le indimenticabili parole di Michele Rossi, nell’ambito del caso De Girolamo: “Nunzia, premesso che io non resterò un secondo su quell’Asl se non per te e con te, perché io la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro…”. Non solo. Il Fatto Quotidiano pare stia sottovalutando i fatti di Roma, che rivelano come proprio lo spoil system, le nomine politiche davvero tali di dirigenti a contratto siano una piaga devastante, come si evince dallo stralcio di intercettazioni tra Buzzi e Carminati: “Senti poi forse..è pure prematuro dirlo però il novanta per cento siamo riusciti a piazzà l’amico nostro al Quinto Dipartimento e quindi avemo fatto bin.. (inc)..lui non ce voleva andà, gli avemo garantito duemila euro al mese in più noi… ‘vacce, te damo duemila euro in più’”.
Insomma, un articolo doveroso di critica contro gli effetti assurdi della pessima legge Delrio purtroppo fa più confusione che altro, trasformandosi nell’ennesima battaglia populistica sia contro le province, sia contro i segretari comunali.
Questo tipo di informazione non può dare ai cittadini le giuste coordinate per capire quali siano i mali reali.

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