domenica 4 gennaio 2015

#province #Repubblica si sveglia e parla di #caos ma la narrazione è sempre fuorviante

Con invidiabile tempestività, La Repubblica il 4 gennaio 2015 pubblica un’inchiesta titolata “Province, riforma-caos Mancano i soldi per servizi e lavoratori”.

Da mesi il quotidiano diretto da Ezio Mauro appoggia incondizionatamente la legge Delrio, ossia una riforma totalmente sgangherata e devastante, tanto che il caos, di cui solo ora si accorge, era inevitabile e pronosticato da tantissimo tempo. Che scopra, solo a danno praticamente irrimediabile, appunto il caos non è un meritorio ripensamento, ma un tardivo modo per riempire le pagine di inchieste-scoop, sorte dalla stessa superficialità di riforme che, chi adesso fa gli scoop sul caos delle province, ha sostenuto acriticamente.

Detto questo, l’inchiesta cerca di sottolineare gli elementi di disequilibrio finanziario ed istituzionale determinati dalla riforma, accentuati in particolare dalla legge di stabilità, fermandosi, tuttavia, su una valutazione piuttosto incompleta e superficiale, che non dà, ancora una volta, il reale conto della situazione.

Si legge nell’articolo: “A rendere esplosiva la situazione è stata la legge di stabilità che ha preteso dalle Province il versamento di un obolo di un miliardo alle casse dello Stato. Inizialmente c'era una logica. Le Province italiane hanno un bilancio complessivo di 8 miliardi di euro. Di questi, 2 sono destinati agli stipendi e 6 ai servizi al cittadino. Dimezzando i dipendenti grazie alla riforma Delrio, le Province avrebbero risparmiato un miliardo di euro e lo avrebbero potuto girare allo Stato mantenendo inalterata la spesa per i servizi al cittadino. La Legge di stabilità è arrivata a metà di questo processo e ha imposto una accelerazione: le Province devono pagare il miliardo già nel 2015 anche se le funzioni e il personale non saranno trasferite e peseranno dunque sui loro bilanci. Di conseguenza, le amministrazioni provinciali dovranno tagliare servizi ai cittadini per il valore complessivo di un miliardo. Chi non lo farà, rischia il dissesto”.

Si tratta di una ricostruzione molto sommaria e rabberciata, per quanto volenterosa, ma piuttosto fuorviante. Esaminiamola per punti.

- La legge di stabilità ha preteso dalle province il versamento di un obolo di un miliardo allo Stato. Finalmente, un quotidiano che non parla più di “tagli” alle province, ma racconta una cosa corretta. Le province debbono versare denari allo Stato. Tanti denari. Non solo un miliardo. Nel 2015 questo miliardo si aggiunge a 380 milioni che le province debbono versare allo Stato per effetto del d.l. 66/2014, convertito in legge 89/2014, e si somma ad altre riduzioni di spesa di circa 1,5 miliardi decisi anni prima, a partire in particolare dal d.l. 95/2012. Il miliardo del 2015, poi, crescerà a due miliardi nel 2016 per giungere a 3 nel 2017. A regime il cosiddetto “obolo” varrà il 37,5% della spesa corrente complessiva delle province. Mai a nessun ente nessuna legge ha mai chiesto un simile contenimento della spesa.

Peccato, allora, che le province rappresentino solo l’1,15% del totale della spesa pubblica. Se si pensa che lo Stato ha un volume di spesa di circa 350 miliardi, una bella riduzione del 37,5% a ministeri ed enti vari avrebbe valso una riduzione di spesa pubblica complessiva di 131,250 miliardi: i problemi di finanza pubblica si sarebbero risolti in un solo colpo.

- Per stipendi le province spendono 2 miliardi. Dimezzando i dipendenti grazie alla riforma Delrio, le Province avrebbero risparmiato un miliardo di euro e lo avrebbero potuto girare allo Stato mantenendo inalterata la spesa per i servizi al cittadino. In primo luogo, la riforma Delrio non prevede da nessuna parte che i dipendenti delle province sarebbero stati dimezzati. Essa si limita a stabilire che le regioni, tramite il lavoro (ancora in corso) di osservatori, avrebbero dovuto rilevare quali funzioni “non fondamentali” svolgono le province, per decidere se riacquisirli o distribuirli ai comuni, determinato, prima, quali fossero le spese ed i finanziamenti connessi, le risorse patrimoniali da utilizzare ed il personale adibito.

Valutazione abbastanza sommarie, fanno intendere che alle funzioni non fondamentali è addetto, nelle province, poco meno del 40% dei dipendenti in forza. Ma, il lavoro degli osservatori avrebbe dovuto rilevare quali dotazioni assegnare a funzioni nuove che la Delrio dà alle province: stazione unica appaltante, centrale per i concorsi pubblici locali, consulenza ai comuni e soprattutto gestore dei servizi pubblici locali al posto delle autorità di bacino.

Pertanto, la determinazione forfetaria, effettivamente adottata dal Governo a partire da un dato finanziario sbagliato perché obsoleto, i consuntivi 2012, che vuole la metà dei dipendenti provinciali come “in ssovrannumero” è certamente sbagliata, come lo è ogni decisione in materia economica e finanziaria di natura forfetaria o “lineare”.

In secondo luogo, le province non avrebbero per nulla risparmiato il miliardo da dare allo Stato. La previsione di “obolo” da pagare allo Stato nella legge Delrio non è assolutamente presente, come totalmente assente è qualsiasi computo di “risparmi”.

La legge 56/2014 non prevede alcun risparmio come sua conseguenza diretta, lasciandola, invece, al processo di razionalizzazione delle funzioni, una volta riallocate presso regioni e comuni (allo Stato in parte men che minima). La legge Delrio, infatti, si basa sul principio del puro e semplice spostamento delle funzioni, con tutte le risorse finanziarie, economiche, patrimoniali, logistiche e di personale dalle province, agli enti destinatari. Questo è (era) stabilito chiaro e tondo dall’articolo 1, comma 92, della legge: “Entro il medesimo termine di cui al comma 91 e nel rispetto di quanto previsto dal comma 96, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, previa intesa in sede di Conferenza unificata, i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite, ai sensi dei commi da 85 a 97, dalle province agli enti subentranti, garantendo i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché quelli a tempo determinato in corso fino alla scadenza per essi prevista. In particolare, sono considerate le risorse finanziarie, già spettanti alle province ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, che devono essere trasferite agli enti subentranti per l'esercizio delle funzioni loro attribuite, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali e fatto salvo comunque quanto previsto dal comma 88. Sullo schema di decreto, per quanto attiene alle risorse umane, sono consultate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone anche direttamente in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale”.

Dunque, contrariamente a quanto afferma l’articolo di Repubblica, la legge Delrio prevede(va) un meccanismo molto complicato (e destinato comunque al fallimento, anche senza legge di stabilità di mezzo) di appunto spostamento, riconduzione delle risorse delle province verso gli enti subentranti, allo scopo di garantire continuità nell’esercizio delle funzioni.

- La Legge di stabilità è arrivata a metà di questo processo e ha imposto una accelerazione: le Province devono pagare il miliardo già nel 2015 anche se le funzioni e il personale non saranno trasferite e peseranno dunque sui loro bilanci. La legge di stabilità non ha imposto alcuna accelerazione. Essa, semplicemente, modifica e abolisce nella sostanza, le disposizioni della legge Delrio, proprio perché introduce un fattore completamente nuovo: l’obbligo in capo alle province di versare allo Stato a regime 3,380 miliardi.

Cosa che, ovviamente, fa sballare ogni conto. Infatti, le province non avranno più disponibili le risorse da trasferire agli enti subentranti, per garantire loro il subentro nelle funzioni con i necessari trasferimenti e dotazioni finanziari, come impone l’articolo 119 della Costituzione.

All’ingrosso, la spesa per le funzioni non fondamentali delle province, comprendendo anche quella del personale dedicato (circa 800 milioni) va dai 3,1 ai 3,5 miliardi. Questa somma, dunque, le province avrebbero dovuto spostarla verso regioni e comuni, tenendosi circa 4,5 miliardi per la gestione delle residue funzioni “fondamentali”.

Ma, se lo Stato grassa alle province 3,380 miliardi a regime, evidentemente le province non potranno trasferire alcuna risorsa a regioni e comuni, perché questi possano acquisire le funzioni provinciali “non fondamentali” senza rimetterci.

Insomma, la legge di stabilità ha creato un vero e proprio “buco” di 3,380 miliardi nel sistema pubblico. Che vorrebbe mettere sopra le spalle delle regioni. Le quali, già chiamate a tagliare per 4 miliardi le proprie spese, non ci pensano nemmeno. Infatti, hanno sostanzialmente già deciso di lasciare addosso alle province tutte le funzioni fondamentali (scelta già adottata formalmente dalla Lombardia, le altre andranno a ruota), senza acquisire né personale, né accollo della spesa connessa.

Da notare che al versamento di 3,380 miliardi che le province debbono allo Stato, mentre fa riscontro una sicura riduzione qualitativa e quantitativa dei servizi resi ai cittadini, non corrisponde alcuna riduzione delle tasse. Le province, infatti, dovranno continuare ad introitare tutto il volume di tasse ed entrate ordinario (circa 10 miliardi, per far fronte a 8 miliardi di spese correnti e 2 di investimento), ma 3 di questi verranno spesi dallo Stato. I 3 miliardi grassati dallo Stato alle province saranno garantiti dalle entrate per imposte sulle assicurazioni sulle polizze RC auto, sulle quali lo Stato potrà rivalersi, qualora alcune province rifiutino di versare il cosiddetto “obolo”.

Dunque, cosa che nessuno sottolinea, i cittadini dalla riforma delle province non guadagnano assolutamente nulla! Al contrario, continueranno a pagare le stesse tasse di prima, per vedersi perfino ridotti i servizi.

- Di conseguenza, le amministrazioni provinciali dovranno tagliare servizi ai cittadini per il valore complessivo di un miliardo. Chi non lo farà, rischia il dissesto. Il taglio dei servizi ai cittadini non è conseguente al problema della spesa per il personale, bensì al buco creato nella finanza provinciale, secondo il meccanismo descritto sopra.

E si badi bene che il dissesto, cui andranno incontro sicuramente tutte le province nel 2016, era già certo con la manovra dell’estate 2014, il già citato d.l. 66/2014. La legge di stabilità non fa che accelerarlo.

Lo capisce chiunque che se su un fabbisogno di spesa se ne impedisce l’erogazione per un 37,5%, che sommato a precedenti “tagli” porta il volume di riduzione della spesa al 45% circa, l’ente non può che andare in disequilibrio.

La legge di stabilità, dunque, si presenta come la prima norma di legge che impone a delle amministrazioni pubbliche di andare in dissesto. Sarebbe interessante scoprire cosa ne penserebbero la Corte costituzionale e i giudici civili, laddove le province intentassero azioni contro lo Stato. Scopriremo presto cosa ne dirà la Corte dei conti: se si avrà il paradosso di sentenze di condanna per danno erariale per amministratori e dirigenti provinciali, a causa di dissesti procurati dal legislatore.

Dunque, Repubblica, se davvero intendesse destarsi dal torpore e rendersi sul serio conto del caos della riforma, farebbe benissimo ad estendere non di poco i confini delle proprie inchieste e valutare con profondità e cognizione di causa le questioni, senza raccontarle in modo rabberciato, tale da far comunque confondere i lettori.

Molti, infatti, vedono la questione delle province alla stregua di una qualsiasi crisi aziendale e, giustamente, si chiedono perché l’allarme in corso, visto che laddove dipendenti non siano più utili, in quanto dei loro servizi si può fare a meno, è giusto licenziarli, come farebbe qualsiasi azienda privata.

Questa visione è dovuta al fatto che la narrativa dei servizi pubblici ormai obbedisce al dettato della loro assimilazione alle attività private, cosa letteralmente falsa, ma che purtroppo ha preso largamente piede.

Intanto, sarebbe da osservare che, laddove fosse realistica la possibilità di eliminare i servizi provinciali, comunque la questione è da allarme sociale vero e proprio. La riformaccia Delrio, insieme con la legge di stabilità, mette comunque a rischio 20.000 lavoratori. Nel caso di Alitalia, quando a rischiare il lavoro erano in 7.000, giustamente vi furono inchieste, dibattiti, allarmi. Ed un intervento pubblico che costò 5 miliardi.

Ma, il paradigma del privato alle province è semplicemente inapplicabile. Al netto delle considerazioni sull’efficienza ed efficacia dei servizi (ogni volta che si elenca ciò che fa il pubblico, c’è sempre automatica l’osservazione sull’efficienza…) le province svolgono funzioni che non possono essere dismesse. Si pensi agli interventi finanziari di sostegno al reddito dei figli riconosciuti da un solo genitore, ai servizi di integrazione socio didattica per i disabili dell’udito e della vista allievi delle scuole di ogni ordine e grado, a moltissimi interventi sulla difesa del suolo e dell’ambiente, alla sicurezza degli scarichi da fumi, ad attività di erogazione diretta di insegnamenti di formazione professionale, al trasporto scolastico nelle scuole superiori degli allievi disabili, alla promozione turistica locale, ai servizi per il lavoro.

Tutte funzioni per loro natura sovracomunali. E’ impensabile che il sistema di trasporto degli allievi presso le scuole superiori, o la promozione di un territorio, possa polverizzarsi tra 8.100 comuni.

Dunque, queste funzioni non possono essere assunte dai comuni, né, laddove fosse possibile, i comuni, ma anche le regioni, disporrebbero delle risorse finanziarie e del personale sufficiente a gestirle, visto che, come noto, denunciano carenze e non eccedenze di risorse e personale.

Quindi, nel caso delle province non è come la fabbrica di dentifrici che, attratta da minori costi da delocalizzazione o superata nel confronto concorrenziale da migliori e meno costose tecniche di produzione e vendita, semplicemente chiude, lascia a casa i lavoratori, mentre i clienti nemmeno se ne accorgono, perché acquistano il dentifricio dal concorrente.

Ci vorrebbe poco a spiegarlo e capirlo. Ma si ha la sensazione che i media abbiano la mission precisa di disinformare, raccontare paradigmi fuorvianti, non disturbare il manovratore, agevolare riforme assurde e dannose e poi fingere di adontarsi del caos, cosa comunque utile per le vendite di copie, ma totalmente nociva per la funzione vera che dovrebbero garantire: informare i lettori correttamente.

3 commenti:

  1. Grazie per aver descritto realmente una situazione che tutti i principali giornali hanno sempre nascosto appunto come detto nell'articolo per non disturbare il manovratore!! Impossibile rompere il muro di omertà! Pero a questo di deve aggiungere che gli amministratori della maggior parte degli Enti non intendono assolutamente procedere alla razionalizzazione della spesa: Continuano a spendere per spese inopportune per il difficile periodo che stiamo vivendo. La Provincia di Roma a gennaio ha provveduto a rinnovare a tutti i dirigenti e amministrativi che vengono dai comuni, i loro comandi per un altro anno! A dicembre si è provveduto ad assorbire una società nella quale aveva delle partecipazioni " Colline romane" , fallita... Estinguendo i debiti per quasi 1 milione di euro. Inoltre sempre a gennaio 2015 sono stati prorogati gli ingenti salari accessori di 187 posizioni organizzative che ammonta ognuno a circa 10/15 mila euro contro i 340 standard! Quindi al suo articolo aggiungerei che i dipendenti subiscono due attacchi: uno esterno come quello da lei indicato nell'articolo e l'altro interno perché non si intende agire nel risparmio al fine di diminuire l'impatto dei tagli. I dipendenti comuni sono quelli che pagheranno tutto questo... Mentre si continuerà a tenersi tutti i dirigenti,comandati,segretari generali e direttori generali... !!! Cosa pensa si possa fare per obbligare agli enti di procedere alla razionalizzazione della spesa e farsi che come accade in America..quando una società va male..licenziano prima quelli che costano di più??

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  2. Antony non so se conosce solo la realtà degli stipendi dei dipendenti della provincia di Roma e parla di ingenti salari per gli stessi e sopratutto in merito alle posizioni organizzative che di fronte alle 340 al mese prendono solo 120 euro in più questo dovuto alle tasse. in riferimento alle 15.000,lordi( perchè si parla sempre di lordi) sono le così dette figure professionali e ve ne sono talmente poche che si possono contare... <mi chiedo Antony ti sei informato quanto predono le posizioni organizzative della Regione lazio ? o dei ministeri o del personale che lavora in Parlamento? SEnato ? ecC? Per cui non parlerei di ingenti salari accessori di 187 posizioni organizzative che ammonta ognuno a circa 10/15 mila euro contro i 340 standard, ma mi soffermarei sul fatto che i nostri stipendi sono quasi i più bassi dell'unione europea. Antony e su cerca di aggiornarti......

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