sabato 14 marzo 2015

#lavoro pubblico Il garbuglio dei tagli alle risorse decentrate #PA

taglio soldi

Come deve essere operato il taglio al fondo della contrattazione decentrata per il 2015? Nessuno lo sa.

Anche in questo caso, la pessima qualità della legislazione dà la stura alle grida manzoniane ed ai contrasti interpretativi che, purtroppo, non si limitano alle diverse letture fornite dalla dottrina, ma caratterizzano posizioni inconciliabili di Istituzioni.

Ancora una volta, come per la questione dell’applicazione della legge 190/2014, contrapposti sono Corte dei conti e Governo.

All’origine della querelle, come sempre avviene, è un testo normativo criptico e scritto in italiano incerto: il famigerato articolo 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, un fardello pesantissimo che da anni incombe sulla pubblica amministrazione. La norma dispone: “A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2014 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed e', comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. A decorrere dal 1º gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo”.

Una norma che definire barbara è eufemistico. Come si ricorderà, nessuno ha mai compreso come computare la decurtazione del fondo in misura proporzionale alla riduzione del personale, formula “esoterica” che la legge non ha mai risolto. Tanto che è stata l’opera interpretativa della Ragioneria generale dello Stato ad imporre un sistema empirico ed arbitrario di applicazione, quale quello della semisomma del costo del personale al primo di gennaio ed al 31 dicembre di ogni anno, confrontato col 2010. Talmente arbitrario, che la Conferenza delle regioni ha considerato possibile anche il sistema alternativo proposto dalla Corte dei conti della Lombardia, impostato sul costo pro capite. E’ evidente che se due modi completamente diversi di computare una cifra numerica vengono considerati ammissibili, la regola a monte è sbagliata. Ma sorvoliamo.

Ulteriore punto controverso è l’ultimo periodo del comma 2-bis, gentilmente regalatoci dalla legge 147/2013. L’espressione “sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo” è quanto mai oscura ed arcana.

Infatti, secondo la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, parere 53/201, essa significa che occorre portare a regime l’insieme delle decurtazioni operate negli anni dal 2011 al 2014, sommandole.

Invece, la circolare 8/2015 della Ragioneria generale dello Stato sostiene che “lo stesso comma 456 della citata lege n. 147/2013, ha introdotto al predetto comma 2-bis, un’ulteriore previsione (secondo periodo) disponendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001 devono essere decurtate permanentemente di un importo pari alle riduzioni operate con riferimento all’anno 2014”.

L’indicazione della circolare aggiunge alla legge una precisazione in essa inesistente. Ci si trova di fronte, per l’ennesima volta, alla circolare “legislativa”, con la quale il Governo, infrangendo la separazione dei poteri, modifica surrettiziamente l’ordinamento giuridico con propri atti amministrativi, per altro solo interpretativi, che invece finiscono per avere contenuti di diritto nuovo.

Può certamente starci l’interpretazione secondo la quale il taglio a regime è quello del 2014. Ma, a questo punto, le amministrazioni cosa debbono fare? Attenendosi alla circolare, possono contare sul fatto che future ispezioni dell’ispettorato della stessa Rgs accettino questa chiave di lettura più elastica? Oppure, debbono temere che tra qualche anno gli ispettori si allineino all’interpretazione restrittiva della Corte dei conti? Ed, eventualmente, la Procura della magistratura contabile terrà conto dell’interpretazione della Rgs o delle Sezioni di controllo?

Il diritto dovrebbe fornire certezze. E’ ormai evidente che in Italia, purtroppo, siamo lontanissimi da questo.

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