sabato 14 marzo 2015

#Province e #mobilità, infinite grida manzoniane #disastro #riforma

grida manzonianeLa mobilità tra enti è vietata, dice la Funzione Pubblica con la circolare 1/2015 (che ammette, non si sa perché, però, la conclusione delle procedure avviate nel 2014).

No. La mobilità “neutra” tra enti è consentita, smentisce la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Sicilia, col parere 27 febbraio 2015, n. 119, e Sezione regionale di controllo per la Lombardia, col parere 24 febbraio 2015, n. 85.

No. La mobilità “neutra” è vietata, smentisce la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, col parere 19 febbraio 2015, n. 66.

Per una sola norma, l’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014, in pochissimo tempo si sono moltiplicati una serie di pareri del tutto contrastanti tra loro, espressi da soggetti, il Governo e la magistratura contabile, che dovrebbero costituire la guida delle amministrazioni.

Si assiste, attoniti, ad un susseguirsi di vere e proprie grida manzoniane, prova inconfutabile dello stato disarmante nel quale si trova l’ordinamento giuridico. Non c’è la capacità, da parte degli organi fondanti dello Stato, Governo e magistratura contabile, di coordinare un’interpretazione univoca. Non c’è la minima volontà del Parlamento sia di prendere atto che il testo della legge 190/2014 è di pessima qualità e va corretto nel lessico e, soprattutto, nel merito, ammettendo di aver creato un caos ed una confusione irrimediabili, sia di intervenire per esplicare una delle più alte funzioni del legislatore: l’interpretazione autentica delle proprie norme, in presenza di accesi contrasti sulla loro lettura.

Il contrasto interpretativo descritto lascia davvero disgustati. Anche perché è evidente che in questo modo si legittima la posizione di tutte quelle amministrazioni che, sorvolando completamente il problema interpretativo, di fatto stanno agendo come se nulla fosse, bandendo concorsi ed assumendo per mobilità senza alcun impedimento e controllo. Col risultato di compromettere il delicatissimo processo di ricollocazione di una quantità mai vista prima di dipendenti in soprannumero, 20.000, in forza della convinzione che non è ammissibile che una legge impedisca di assumere il personale necessario e fare fronte ai bisogni.

La giustificazione del fine, cioè la necessità di condurre e portare avanti egualmente i servizi, è certamente condivisibile e nobile. C’è, però, un piccolissimo dettaglio: in uno stato di diritto, il fine e gli intenti vanno benissimo, ma sono perseguibili solo a condizione che siano conformi, anche nelle procedure, a quanto stabilisce la legge, nonché ai fini considerati primari dalla legge. E fini primari per legge prevalgono sui fini soggettivi specifici.

Da questo punto di vista, sul piano, dunque, dell’interpretazione teleologica, non c’è dubbio che, tra le grida manzoniane, la chiave di lettura più aderente all’articolo 1, commi 424 e 425, della legge 190/2014 è quanto afferma il parere 66/2015 della Sezione Puglia: “risulta chiaro come la ratio della disciplina sia quella di garantire il massimo riassorbimento del personale dichiarato in soprannumero. La finalità suddetta viene ulteriormente rafforzata attraverso l’introduzione di una deroga e di una sanzione: da un lato, infatti, le spese per il personale ricollocato sono escluse dal computo al fine del rispetto del tetto di spesa di cui al comma 557 dell’art 1 l. 27 dicembre 2006 n. 296, e, dall’altro lato, le assunzioni eventualmente disposte in violazione del comma 424 sono colpite dalla sanzione massima della nullità, risultando tamquam non esset. Stante il quadro normativo appena tratteggiato, la mobilità da amministrazioni diverse dalla provincia, se pure non espressamente esclusa dalla disciplina sopra richiamata, non appare concretamente praticabile laddove il ricorso a siffatto istituto si ponga in contrasto con la finalità di riassorbimento dei lavoratori provinciali cui si ispira l’intera disciplina sopra richiamata.

Per tali motivi, il ricorso a mobilità da enti diversi dalla provincia risulta ammissibile soltanto in via del tutto residuale, allorché si sia proceduto ad adempiere agli obblighi sanciti dall’art 1, comma 424, della legge 190/2014”.

La Sezione Puglia è la prima che affronti il problema, gravissimo, della nullità delle assunzioni effettuate in violazione dei commi 424 e 425. E ritiene di risolverlo non attraverso iperboli che giustifichino deroghe alle disposizioni citate, come suggerito incautamente dalle Sezioni Lombardia e Sicilia.

E’ vero che la mobilità “non è espressamente esclusa”. Ma è altrettanto vero che le disposizioni normative non possono contenere ogni minimo dettaglio e chiarimento. Se La Costituzione italiana stabilisce che l’Italia è una Repubblica, non è necessaria certo la specificazione che non è, dunque, un monarchia o una dittatura.

Laddove una norma di legge, generale ed astratta, disponga un precetto o un divieto, indicando anche la sanzione nel caso di violazione del comando, la norma è chiusa in sé e precisa. I commi 424 e 425 vietano ogni assunzione diversa da quelle da essi espressamente consentite. Nella loro attuale conformazione, dunque, non richiedono la precisazione dettagliata di quelle che, diversamente, sarebbero non consentite. Semplicemente, non è consentita alcuna assunzione diversa da quelle ammesse.

Molte volte, l’interpretazione delle leggi, seguendo i canoni razionali e geometrici indicati dalle preleggi e dai criteri della giurisprudenza, è piuttosto semplice. Sia l’interpretazione letterale dei commi 424 e 425, sia quella teleologica, non lasciano dubbio alcuno sulla circostanza che le uniche assunzioni ammesse sono quelle dei vincitori dei concorsi e dei dipendenti provinciali in soprannumero, in forza della natura speciale e straordinaria della disciplina,per altro a tempo determinato, in quanto destinata a durare fino al 31.12.2016.

Basterebbe appellarsi al semplicissimo brocardo interpretativo per comprendere se siano consentite o meno, e dunque possano superare la sanzione formidabile della nullità, assunzioni di tipo diverso da quelle stabilite: ubi legis voluit, dixit; ubi tacuit, noluit. La legge 190/2014 ha indicato espressamente il suo “volere”: le assunzioni dei vincitori di concorso e dei dipendenti provinciali in soprannumero. Non ha detto nulla in merito alle altre assunzioni: questo, dunque, indica il “disvolere” delle altre assunzioni. Piaccia o non piaccia, lo si consideri ammissibile o concepibile o meno, sul piano dell’operatività.

Detto questo, non è davvero possibile che una questione talmente delicata sia rimessa a grida manzoniane e ad un testo comunque frutto di un maxiemendamento frettoloso, votato in modo blindato con la fiducia e scritto oggettivamente in malo modo.

In effetti, non si può non riscrivere una norma che, comunque, sta causando non tanto problemi interpretativi, francamente infondati, bensì, appunto, problemi operativi non da poco.

Sarebbe il caso che il legislatore, non la circolare, precisasse quali assunzioni sono, tuttavia, possibili: quelle di medici e infermieri, incredibilmente dimenticate, quelle di magistrati, docenti universitari, prefetti e personale della carriera diplomatica, nonché figure “infungibili”, ma tassativamente elencate, come educatrici di scuola materna ed assistenti sociali.

E sarebbe da precisare che le assunzioni dei dipendenti provinciali in soprannumero non solo non debbono computarsi nel tetto di spesa di personale, ai sensi dell’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006, ma che non vanno finanziate col turn over, in quanto sono da considerare pienamente neutre, poiché provenienti da enti, le province, assoggettate a restrizioni sulle assunzioni di personale persino più forti di qualsiasi altra amministrazione.

Soprattutto, sarebbero da rivedere i tempi ed i modi e, mentre nelle more si consentano le mobilità riservate di cui parla la circolare 1/2015, ridisegnare i tempi.

Inoltre, non sarebbe sbagliato, anzi, sarebbe doveroso, che lo Stato impegnasse i circa 300 milioni necessari per sostenere la spesa dei 7.500 dipendenti dei servizi per il lavoro, con una norma transitoria che ne disponga già la loro destinazione all’Agenzia nazionale e che li lasci in distacco operanti presso le province, finchè l’Agenzia, o una diversa modalità organizzativa, non sorga. Analoga previsione dovrebbe coinvolgere i 3.000 dipendenti della polizia provinciale.

In questo modo si darebbe certezza alla procedura, il numero dei dipendenti da ricollocare presso le amministrazioni ridurrebbe a 6.500 circa (occorre sottrarre i circa 3.000 che vanno in pensione da qui al 2016) e, dunque, tutto potrebbe risolversi molto prima e con minori disagi operativi.

Ci vorrebbe poco. Lambiccarsi in interpretazioni più o meno convincenti ed articolate non serve più a nulla, se non a confermare ancor di più lo stato gravissimo dell’ordinamento.

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