sabato 30 gennaio 2016

Tennis femminile: qualcosa si muove. Nel maschile no.

La notizia che Angelique Kerber abbia vinto gli Australian Open su Serena Williams non può che essere accolta con piacere.

E' il secondo torneo di seguito del Grande Slam che la Williams non vince, da quando è rientrata ed ha avviato un incredibile periodo di dominanza assoluta: il precedente torneo è stato il celebre Open USa, vinto dalla Pennetta in finale con la straordinaria Vinci, autrice dell'eliminazione della Williams in semifinale, che le ha impedito la conquista del Grande Slam nell'anno solare.

La Kerber è una tennista in qualche modo "normale". E' una donna teutonica, alta, forte, ben piazzata, certo. Ma è una tennista che "gioca a tennis". Ha una tattica ben precisa: si difende benissimo, risponde quasi sempre, sfianca le avversarie in palleggi da fondo campo, utilizza tutto il campo e specialmente gli angoli, passa molto bene, non molla mai.

Insomma, è una tennista che ha un piano tattico chiaro e vince in particolare grazie a questa sagacia, che compensa un talento non brillantissimo (concede poco allo spettacolo) e una potenza non certamente pari nè a quella della Williams o a quella di atlete come Azarenka, Kvitova o Sharapova.

E' per questo tutto sommato un bene che il tennis giocato e la tattica abbiano avuto la meglio sulla potenza pura.

La Williams è da considerare, ovviamente, una grandissima per il numero straordinario di vittorie, meritatamente conquistate. Ma, il suo, non è propriamente tennis. Certo, la tennista Usa fa tutto molto bene, in particolare il servizio (anche se ha evidenti lacune a rete, comuni, però, a molte altre tenniste del circuito). Tuttavia le sue grandi vittorie sono spesso stato soprattutto frutto della debordante superiorità fisica che, grazie a quei bazooka che chiamiamo racchette, le ha consentito di annichilire soprattutto con la potenza le avversarie, impedendo letteralmente loro di giocare, investite da botte non in pochi casi "mascoline" per velocità e forza.

Ovviamente, per tirare così forte e tenere la palla dentro, occorre tempo, colpo d'occhio coordinazione e allenamento. Non basta solo la forza fisica, altrimenti sarebbero solo i colossi ad eccellere nel tennis.

Tuttavia, la Williams rappresenta molto bene nel campo femminile esattamente ciò che è successo nell'evoluzione del tennis. Da sport di agilità e "tocco", necessario per il fatto che si gioca con un attrezzo e non con gli arti, si è trasformato a sport di velocità, resistenza e, appunto, potenza.

Il che, nel tennis femminile, visto che è più difficile sfornare donne tutte dotate della prestanza atletica delle tenniste ricordate prima, ha creato una dominanza della Williams connessa prevalentemente alla soverchiante potenza fisica, più che al gioco.

La vittoria della Kerber, come anche quella della Pennetta (comunque si tratta di donne fisicamente certamente molto ben messe), ci ricorda che il tennis può anche essere diverso dalla sola prova di potenza.

E due tornei dello Slam non vinti (conclusi comunque con una sontuosa semifinale e finale, non bruscolini) da Serena svelano, forse, che anche per lei l'età avanza e si può aprire una nuova era sportiva, della quale non siano protagoniste solo le cannonate.

Altrettanto non può dirsi per il tennis maschile. O, meglio: un nuovo corso il tennis maschile lo ha già preso, nel 2011, quando Djokovic è esploso, Federer ha praticamente esaurito la spinta nei major ( dal 2011 ha vinto solo Wimbledon 2012) e Nadal ha dato fondo agli ultimi grandiosi exploit.

Il nuovo corso vede, ora, un dominatore assoluto, Novak Djokovic, che sta esprimendo un tennis incredibile, senza nessun punto debole e moltissimi punti di forza. Tra i quali si mostra in particolare non tanto la straordinaria risposta che gli consente di affrontare i turni nei quali non serve praticamente con un vantaggio identico a quando serve, non tanto la formidabile resistenza fisica, non solo la preparazione atletica, non solo la clamorosa agilità, ma soprattutto due elementi devastanti per gli avversari. Il primo: una mira incredibile. Djokovic non solo tira naturalmente e senza alcuno sforzo profondissimo, a pochi centimetri dalla linea di fondo, ma ha la capacità di mirare esattamente il fazzoletto di campo colpendo il quale sa di destabilizzare irrimediabilmente l'avversario. Ha fatto così con Federer negli incredibili primi 2 set della semifinale. Il secondo, collegato al primo: Djokovic ha la capacità straordinaria di arrivare sempre sulla palla posizionato in modo perfetto, anche dopo rincorse a perdifiato: per questo tira così profondo e preciso.

Alla luce di questi miglioramenti, l'era che si è aperta nel 2011, per interrompersi in parte ed esplodere lo scorso anno, difficilmente cambierà. Ci sarà un dominatore assoluto che gioca un tennis fantastico, mentre tutti gli altri potranno sperare di imbroccare la settimana ed il giorno giusto, come Wawrinka lo scorso anno a Parigi.

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