sabato 6 febbraio 2016

Riforma della trasparenza - Spunti generali e revisione dell’articolo 1 del d.lgs 33/2013



Su una cosa si può essere concordi: il d.lgs. 33/2013, attuativo della delega contenuta nell’articolo 1, comma 35, della legge 190/2012 si è rivelato, come facilmente prevedibile, un carico di lavoro e responsabilità enorme per le pubbliche amministrazioni.
Il Governo ha preso molto sul serio il contenuto generale della delega, volto ad adottare un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità”.
Non c’è dubbio che il d.lgs. 33/2013:
a)  sia andato molto oltre il riordino, perché introduce, a ben vedere, oneri nuovi e diversi;
b)  non abbia riordinato moltissimo, poiché per lo più si limita ad assemblare, talvolta con non poca confusione, norme precedentemente vigenti, senza coordinarle ed armonizzarle, non configurandosi nemmeno, come sarebbe stato forse opportuno, come un testo unico.

Certo, il decreto era divenuto necessario, perché gli adempimenti volti alla trasparenza e alla pubblicazione di atti e decisioni erano diventati tantissimi, tutti contenuti in disposizioni polverizzate in troppe leggi.
Il legislatore delegato del d.lgs 33/2013, tuttavia, ha colto l’occasione non solo per la meritoria e non più rinviabile attività di coordinamento normativo; è andato ben oltre, ridefinendo lo stesso concetto di trasparenza ed introducendo nuovi e diversi strumenti di pubblicità.
Purtroppo, si deve subito evidenziare che il decreto legislativo non ha eliminato, come forse avrebbe potuto, molti adempimenti finalizzati alla pubblicità e alla trasparenza. Non c’è stato alcun coordinamento con l’albo pretorio. Né si è modificato, ma probabilmente era cosa complicata, l’assetto delle pubblicazioni in tema di appalti: la duplicazione degli adempimenti è aumentata, di conseguenza, a dismisura. Basta fare riferimenti alla complessissima tabella messa a disposizione dall’Anac per la verifica degli adempimenti: un diluvio burocratico, che conferma l’alluvione di adempimenti introdotti sciaguratamente dal d.lgs 33/2013.
Contrariamente a quel che si pensa e si afferma, la trasparenza “costa”. Possiamo affermare che si tratti di un costo di civiltà e democrazia, come tale doveroso e da sostenere. Il costo è organizzativo e strutturale: sono previsti tantissimi adempimenti, che richiedono investimenti in formazione e, soprattutto, in infrastrutture tecnologiche. La previ sione contenuta nell’articolo 51 del d.lgs. 33/2013, secondo la quale la sua attuazione avviene senza maggiori costi, è utopica e sbagliata. I costi ci sono e sono come quelli dell’istruzione e della sanità: servizi essenziali, che qualificano di per sé la stessa ragion d’essere di uno Stato. Costi che, nell’attuale situazione organizzativa della pubblica amministrazione, chiamata a dimagrire e a gestire un numero sempre più limitato di risorse, sarà difficile investire e sostenere con piena efficienza. Inutile illudersi.
Sta di fatto che il legislatore è apparso, sia pure con ritardo, consapevole delle storture e degli eccessi burocratici scatenati dal d.lgs 33/2013 e cerca in parte di rimediarvi con il decreto legislativo attuativo della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 124/2015, che lo ha chiamato ad una revisione amplissima della disciplina.
Non solo per introdurre, nell’ordinamento, qualcosa che si avvicini maggiormente al concetto di Freedom of Information Act (anche se, come si vedrà di seguito, il tentativo non può considerarsi, ancora una volta, riuscito), ampliando il diritto di accesso civico; ma, anche, proprio per tentare di razionalizzare e ridurre almeno in parte i tanti, troppi adempimenti, col tentativo di differenziare, per esempio, la disciplina per gli enti di grandi dimensioni, rispetto a quella fissata per quelli più piccoli.
Gli intenti di razionalizzazione e semplificazione della ridda di pubblicazioni, atti, adempimenti, tabelle, in vario modo duplicate dal d.lgs emergono piuttosto chiaramente dai criteri di delega, enunciati dall’articolo 7 della legge 124/2015:
Criterio
Commento
a) ridefinizione e precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza
Lo scopo è precisare meglio quali enti sono soggetti alle regole della trasparenza e quali sono gli adempimenti, anche per ridurli
b) previsione di misure organizzative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche ai fini della valutazione dei risultati, per la pubblicazione nel sito istituzionale dell'ente di appartenenza delle informazioni concernenti:
1) le fasi dei procedimenti di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici;
2) il tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale;
3) il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici, aggiornati periodicamente;
4) le determinazioni dell'organismo di valutazione;
Si tratta di una delega generale, sostanzialmente volta a modificare in modo ampio il d.lgs 33/2013, focalizzando l’attenzione in particolare su aspetti considerati particolarmente delicati, come l’enunciazione delle fasi procedimentali degli appalti, i tempi medi delle prestazioni sanitarie, i tempi medi di pagamento e l’evidenziazione degli eventuali rilievi degli organismi di controllo.
c) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, ferme restando le previsioni in materia di verifica, controllo e sanzioni
Questo è uno degli intenti fondamentali, attentamente perseguito dal decreto legislativo di riforma, che prova a ridurre e concentrare i troppi oneri procedimentali a carico delle PA.
d) precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione, anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa, anche ai fini della maggiore efficacia dei controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell'individuazione dei principali rischi e dei relativi rimedi; conseguente ridefinizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi.
La formulazione dei piani di prevenzione della corruzione e della trasparenza è divenuta un Leviatano, incontrollato.
Il decreto legislativo di riforma prova a razionalizzare anche questo ambito, attribuendo funzioni di regolazione all’Anac.
Desta, però, perplessità la sostanziale delegificazione della materia ad un’autorità, che assume funzioni non solo di regolazione, ma anche di normazione, improprie per l’ordinamento vigente.
e) razionalizzazione e precisazione degli obblighi di pubblicazione nel sito istituzionale, ai fini di eliminare le duplicazioni e di consentire che tali obblighi siano assolti attraverso la pubblicità totale o parziale di banche dati detenute da pubbliche amministrazioni
Questa previsione si raccorda e coordina con la precedente lettera c). E’ un altro metodo per provare a ridurre l’enorme impatto organizzativo derivante dal d.lgs 33/2013. Il decreto legislativo di riforma lo persegue, ad esempio, prevedendo finalmente la possibilità di collegare informazioni già esistenti alle pagine della sezione “amministrazione trasparente”.
f) definizione, in relazione alle esigenze connesse allo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo quanto previsto dall'articolo 31 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni, dei diritti dei membri del Parlamento inerenti all'accesso ai documenti amministrativi e alla verifica dell'applicazione delle norme sulla trasparenza amministrativa, nonché dei limiti derivanti dal segreto o dal divieto di divulgazione e dei casi di esclusione a tutela di interessi pubblici e privati
Si tratta della trasparenza riferita alle funzioni dei componenti del Parlamento e della composizione delicata tra accesso e privacy.
g) individuazione dei soggetti competenti all'irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza;
Il d.lgs 33/2013 aveva creato una confusione tremenda in merito alla definizione del soggetto competente ad irrogare le sanzioni, in particolare per la mancata pubblicazione delle situazioni patrimoniali degli organi di governo. Finalmente, il decreto legislativo attuativo pone rimedio e chiarisce che a procedere è competente l’Anac.
h) fermi restando gli obblighi di pubblicazione, riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche; semplificazione delle procedure di iscrizione negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa istituiti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190, e successive modificazioni, con modifiche della relativa disciplina, mediante l'unificazione o l'interconnessione delle banche dati delle amministrazioni centrali e periferiche competenti, e previsione di un sistema di monitoraggio semestrale, finalizzato all'aggiornamento degli elenchi costituiti presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo; previsione di sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni normative in materia di accesso, di procedure di ricorso all'Autorità nazionale anticorruzione in materia di accesso civico e in materia di accesso ai sensi della presente lettera, nonché della tutela giurisdizionale ai sensi dell'articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni.
Si tratta quasi di una “delega in bianco”, volta ad ampliare il diritto di accesso civico e a prevedere più stringenti regole sull’accesso concernente gli appalti e, in particolare, le liste delle imprese sottoposte al pericolo di infiltrazione mafiosa.

Analizziamo, dunque, il d.lgs 33/2013, alla luce delle modifiche che intende apportare il decreto legislativo di modifica.
Il decreto si diffonde nella definizione di “trasparenza”:

Testo vigente
Testo modificato
Art. 1 (Principio generale di trasparenza). – 1. La trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
2. La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in mate- ria di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.
3. Le disposizioni del presente decreto, nonché le norme di attuazione adottate ai sensi dell’articolo 48, integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

Art. 1 (Principio generale di trasparenza). – 1. La trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti fondamentali e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
2. La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in mate- ria di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.
3. Le disposizioni del presente decreto, nonché le norme di attuazione adottate ai sensi dell’articolo 48, integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.



La qualificazione della trasparenza originariamente come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, riprendeva, in modo meno dettagliato, la definizione contenuta nell’articolo 11, comma 1, del d.lgs. 150/2009, ma ad esso è di fatto sovrapponibile: La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.
Il nuovo testo del comma 1, introdotto dal decreto legislativo di riforma, come si nota mira a rafforzare il diritto generale di accesso ed alla trasparenza.
Infatti, si elimina la trasparenza viene intesa come accessibilità totale, dunque non condizionata e limitata, non più alle sole “informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni”, bensì ai “dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni”.
E’ evidente che la formulazione originaria dell’articolo 1, comma 1, rendeva la trasparenza funzionale prevalentemente a rendere nota l’organizzazione delle PA, come sono composte, quanto spendono, come realizzano la propria attività amministrativa. Per questa ragione, l’accesso civico, nella concezione originaria, è stato pensato solo come strumento per garantire la completa e puntuale informazione su questi elementi da rendere attraverso i portali internet, organizzati nelle sezioni e sotto sezioni “amministrazione trasparente”.
La nuova formulazione è aderente al criterio di delega, contenuto nell’articolo 7, comma 1, lettera h), della legge 124/2015: “fermi restando gli obblighi di pubblicazione, riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”.
Si amplia, quindi, il diritto di accesso non solo alle informazioni concernenti le modalità con le quali le amministrazioni si organizzano e rendono le loro attività, ma a tutti i dati anche semplicemente detenuti (e non formati, quindi), oltre che ai documenti. Si assiste, dunque, alla “smaterializzazione” del diritto di accesso, che non riguarda solo documenti, ma, appunto, “dati”, dunque elementi di conoscenza non organizzati in documenti, ma anche in altre forme: elenchi, tabelle, data base, registri.
La definizione di trasparenza fornita dalla norma di per sé, comunque, non dice moltissimo e non appare nemmeno particolarmente originale.
C’è, però, un elemento fortemente significativo di essa, consistente nel fine enunciato dal legislatore: favorire forme diffuse di controllo”.
È il principio della moralizzazione dell’attività amministrativa, che si attua mediante l’ampliamento della partecipazione democratica. Se le decisioni vengono assunte nella “agorà” (l’antico spazio pubblico nell’ambito del quale le assemblee popolari dell’antica Grecia adottavano le loro decisioni), pubblicamente, ciò dovrebbe disincentivare l’adozione di provvedimenti dannosi, o comunque apertamente vantaggiosi solo per cerchie precise a svantaggio di altri. In ogni caso, il controllo “diffuso” permette a qualsiasi cittadino o formazione sociale di chiedere in qualsiasi momento la ragione della decisione adottata.
Ecco perché, secondo il testo dell’articolo 1, comma 2, del d.lgs 33/2013 la trasparenza “concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Lo scopo indiretto è appunto far emergere dall’ombra l’amministrazione e, dunque, non solo rendere i cittadini consapevoli di come agisce la pubblica amministrazione, ma, ovviamente di sfavorire fenomeni di corruzione o, comunque, di cattiva gestione dell’interesse pubblico, grazie alla pressione dei cittadini, messi in condizione di vigilare sull’operato dell’amministrazione, grazie alla conoscenza immediata e diretta delle decisioni e del loro stesso evolversi.
La trasparenza di per , quindi, non è un risultato dell’azione amministrativa, ma il modo col quale detta azione deve esplicarsi. La trasparenza contribuisce a realizzare le condizioni di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei di- ritti civili, politici e sociali. Secondo l’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 33/2013, dunque, la trasparenza fonda un vero e proprio “diritto ad una buona amministrazione”.
È, al contempo, il presupposto per la pretesa anche giudiziale ad un’azione amministrativa efficace e per affinare l’esperimento di class action, non proprio ben riuscito, contenuto nel d.lgs. 189/2009. Il cui articolo 1, comma 1, non a caso prevede: “Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento…”.
Le previsioni del d.lgs. 33/2013, anche dopo la novellazione, sono ovviamente un rafforzamento molto significativo al diritto ad un’amministrazione efficiente e potrebbero essere lo spunto per una revisione della disciplina della class action. Al di là del regime di forti responsabilità scaturente dal mancato rispetto delle regole sulla trasparenza.
Talmente è rilevante il diritto alla trasparenza, fondato dall’articolo 1, comma 2, che il comma 3 lo qualifica livello essenziale delle prestazioni che debbono essere rese in egual misura ai cittadini su tutto il territorio nazionale, limitando conseguentemente la potestà normativa delle regioni e degli enti locali, che non possono introdurre alcuna disposizione tendente a limitare la portata generalissima del diritto. Inoltre, il d.lgs. 33/2013 è anche esplicazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in tema di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale.
Se la trasparenza è una modalità, un criterio al quale ispirare lo svolgimento dell’azione amministrativa, la pubblicità è uno degli strumenti principali per garantire l’effettivo perseguimento di detta modalità.

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