sabato 19 marzo 2016

Assunzioni a contratto ex articolo 110 Tuel: un ibrido con vincoli precisi



L’assunzione dei dirigenti a tempo determinato ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000, cosiddetti “a contratto” continua ad essere uno dei temi più delicati e maggiormente trattati dell’ordinamento.
Le ragioni sono semplici: si tratta di un istituto extra ordinem, che, tuttavia, gli organi di governo vorrebbero fosse utilizzato, al contrario, come normale sistema di acquisizione della provvista delle figure dirigenziali.

Cerchiamo, allora, di capire l’entità del fenomeno, ricorrendo ai dati offerti dal Conto annuale del personale riferito al 2014 a tutto il comparto regioni-autonomie locali, come da seguente tabella:

Tempo Pieno
Part time fino al 50%
Part time oltre il 50%
Totale

Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini + Donne
RALN -   DIRIGENTE A TEMPO INDETERMINATO - 0D0164 (DI)
3.774
2.100
3

3
3
3.780
2.103
5.883
RALN -   DIRIGENTE A TEMPO DETERMINATO  ART.110 C.1 TUEL - 0D0165 (DI)
837
364
16
2
4
2
857
308
1.165
Totale
4.611
2.464
19
19
7
5
4.637
2.471
7.108

Allora, per capire: complessivamente i dirigenti nel 2014 erano 7.108; di questi, a tempo indeterminato erano 5.883, mentre a tempo determinato 1.165. Dunque, nel corso del 2014 è scesa di molto, rispetto agli anni precedenti, la percentuale dei dirigenti a contratto sul totale dei dirigenti, giunta al 16,39%; si è anche abbassato il rapporto tra dirigenti a contratto e dirigenti di ruolo, pari al 19,8%.
Andando a guardare il dato specificamente riguardante i comuni, la tabella seguente rivela che non è dissimile da quello generale:
Tempo Pieno
Part time fino al 50%
Part time oltre il 50%
Totale
Tempo Pieno
Part time fino al 50%
Totale
Tempo Pieno
Part time fino al 50%
Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini
Donne
Uomini
+
Donne
RALN -   DIRIGENTE A TEMPO INDETERMINATO - 0D0164 (DI)
1.894
1.050
3
2
2
1.899
1.052
2.951
RALN -   DIRIGENTE A TEMPO DETERMINATO  ART.110 C.1 TUEL - 0D0165 (DI)
469
192
10
1
3
1
482
194
676
Totale
2.363
1.242
13
13
5
3
2.381
1.246
3.627

I dirigenti a contratto, ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del Tuel sono stati il 18,64% del totale.
Una situazione complessivamente molto diversa da quella del 2010 (accertata dalla Corte dei conti, Sezioni riunite, Delibera n. 13/2012/CONTR/CL), quando i dirigenti del comparto complessivamente erano 9.083, di cui 6.884 a tempo indeterminato e 2.199 (il 24,21% del totale) a “contratto”.
Il fenomeno del ricorso ai dirigenti a contratto nel 2014 si è andato progressivamente ridimensionando, probabilmente a causa delle contraddittorie posizioni della Corte dei conti circa i limiti di spesa da rispettare (da misurare sul tempo indeterminato o sul tempo determinato?), i vincoli di finanza pubblica e, forse, i paletti introdotti dal d.l. 90/2014, per effetto del quale è stato chiarita l’assenza assoluta di ogni elemento di fiduciari età o intuitu personae, poiché è stata chiarita per via di legge ordinaria quanto già era evidente semplicemente guardando la Costituzione: ai fini del reclutamento dei dirigenti a contratto occorre una prova selettiva. Non la si vuole chiamare “concorso”, ma, nei fatti e di diritto, di questo si tratta.
L’istituto crea da sempre “tensione”, per la semplice ragione che, al contrario di quanto prevedono Costituzione, leggi ordinarie e giurisprudenza maggioritaria, gli organi di governo lo vedono come sistema per crearsi un apparato “di fiducia” e cercano di spingere in ogni modo per il suo uso più estensivo possibile.
Tuttavia, le tensioni derivano anche dalla apparentemente non chiara configurazione della disciplina sottesa all’articolo 110, comma 1.
Un primo ordine di problemi concerne la necessità di verificare se esistano differenze tra la disciplina dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 165/2001 e quella del rapporto di lavoro a tempo determinato nella PA.
Il quesito cui rispondere è se anche alle ipotesi di assunzione di dirigenti a contratto si applichi, sul piano giuridico e non finanziario, quanto previsto dall’articolo 36, comma 2, del d.lgs 165/2001.
La risposta è negativa. Esiste, cioè, una profonda differenza tra la disciplina delle assunzioni di dirigenti a contratto e quella del rapporto di lavoro a tempo determinato non riguardante le qualifiche dirigenziali, che proviamo a riassumere nella seguente tabella:
T.d. ex art. 36, c. 2
Incarichi a contratto (art. 110, comma 1)
Scopo: “Per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti”.
Il contratto di lavoro a tempo determinato nella PA è causale, perché occorre dimostrare la causa, la ragione che spinge all’adozione di questo istituto. Essa ragione consiste nella necessità di rispondere ad esigenze:
a)      temporanee, cioè (ovviamente) non destinate a durare continuativamente nel tempo;
b)      eccezionali, cioè “contingibili”, legate ad una contingenza, come un progetto europeo, un maggiore carico di lavoro imprevisto.
Scopo: “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato”.
L’assunzione di dirigenti a contratto ai sensi dell’articolo 110 del Tuel è, sì, causale, come quella di cui all’articolo 36, comma 2, ma la “causa” è una sola ed è già indicata dalla legge: la copertura di posti della dotazione organica.
Dunque, per attivare il reclutamento di dirigenti a contratto occorre un presupposto – necessario ma non sufficiente – consistente nella ricognizione della disponibilità di posti nella dotazione.
Poiché la causa dell’articolo 110 è la possibilità di coprire posti della dotazione, non sono per nulla necessarie esigenze temporanee o eccezionali.
Durata. Essa non è direttamente stabilita dall’articolo 36, comma 2, ma discende dalla diretta applicabilità al lavoro pubblico delle norme relative al rapporto di lavoro nelle imprese non incompatibili con la disciplina speciale del d.lgs 165/2001, stabilita dall’articolo 2, comma 2, del medesimo d.lgs 165/2001.
Pertanto, la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato è nel massimo di 36 mesi, in applicazione di quanto prevede l’articolo 19, comma 1, del d.lgs 81/2015.
Durata. Non si applica la disciplina generale del rapporto di lavoro a tempo determinato nel lavoro privato, ma quella speciale espressamente fissata dall’articolo 110. Pertanto, la durata degli incarichi a contratto è quella fissata dal comma 3, ai sensi del quale “I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica”.
Non è prevista, dunque, una durata minima[1], mentre la durata massima può andare ben oltre il termine ordinario dei 36 mesi, previsto per il rapporto di lavoro a tempo determinato delle qualifiche non dirigenziali.
Precarizzazione/stabilizzazione. L’ordinamento prevede una serie di cautele, onde evitare che il ricorso ripetuto al reclutamento a tempo determinato verso un medesimo dipendente della PA possa creare una situazione di precarizzazione, non rimediabile con la trasformazione sanzionatoria (cosiddetta “tutela reale”) del rapporto in lavoro a tempo indeterminato, espressamente vietata dall’articolo 36, comma 5, del d.lgs 165/2001. Norma, questa, che ha superato ogni vaglio della Corte di giustizia Ue.
E’ per questa ragione che l’articolo 36, comma 3, del d.lgs 165/2001 impone una relazione annuale sull’utilizzo del lavoro flessibile, volta a dimostrare che non se ne sia abusato.
Per le stesse ragioni, l’articolo 35, comma 3-bis, sempre del d.lgs 165/2001, prevede una disposizione a regime (insieme ad altre norme speciali di volta in volta introdotte da leggi di finanza pubblica), per consentire a chi abbia condotto per 3 anni rapporti di lavoro a termine con la PA di ottenere riserve speciali in concorsi pubblici.
Infine, lo stesso articolo 36, comma 2, prevede che “Per prevenire fenomeni di precariato, le Amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato”.
Precarizzazione/stabilizzazione. E’ da escludere radicalmente la stessa eventualità che gli incarichi dirigenziali a contratto possano dare luogo ad una “precarizzazione” dei destinatari, sì da giustificare eventuali processi di stabilizzazione.
A differenza del rapporto a termine ordinario, come si è già visto, gli incarichi a contratto non sono subordinati a esigenze temporanee o straordinarie, ma possono essere strumenti – sia pure extra ordinem – di copertura dei posti di ruolo, rivolti prevalentemente a soggetti che già dispongono di un lavoro. Questi, a conclusione dell’attività come dirigenti a contratto, possono tornare ad espletare l’attività di lavoro subordinato precedente (avendo diritto alla posizione in aspettativa, se dipendenti pubblici) o libero professionale.
In ogni caso, non può esservi “precarizzazione”, perché essa dipende dall’abuso, cioè da un utilizzo di una forma flessibile, per esigenze stabili, in violazione della legge. Ma, l’articolo 110 è proprio una norma di legge che consente espressamente l’utilizzo di una forma flessibile per far fronte ad esigenze stabili.
Sul punto, la giurisprudenza è piuttosto ferma. La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte col parere 25/2008ha ritenuto che“gli incarichi a contratto ex art. 110 del Tuel, inclusi gli incarichi non dirigenziali di alta specializzazione, si caratterizzano, dunque, per essere instaurati intuitu personae, e dunque per il particolare rapporto fiduciario con l’organo di vertice. Trattasi, conseguentemente, di rapporti per loro natura temporanei e legati alla durata del mandato politico. Si ritiene, pertanto, che gli incarichi in parola, in ragione degli elementi che ne caratterizzano la natura, non possano divenire oggetto di procedure di stabilizzazione”.
La conclusione è condivisibile, anche se la premessa appare sbagliata (si tratta di un parere precedente al d.l. 90/2014, di poco successivo alle sentenze della Consulta 103/2007 e 104/2007 e, comunque, appartenenti ad un filone che la magistratura contabile fatica a scrollarsi di dosso): non è ammissibile alcun rapporto fiduciario. Non si deve confondere il legame dell’incarico a contratto con il mandato del sindaco, limite oggettivo alla durata di un rapporto di lavoro che deliberatamente un ente ha stabilito di non costituire a tempo indeterminato, con la scelta fiduciaria. Comunque, l’effetto è sempre quello di negare la possibilità di stabilizzare gli incarichi dirigenziali a contratto.
Programmazione. Sebbene molti enti inseriscano nella programmazione del personale anche le assunzioni a tempo determinato, esse non sono e, a ben vedere, non possono essere oggetto di programmazione.
Basti pensare ai presupposti di legge: esigenze temporanee o eccezionali e divieto di utilizzare le forme flessibili per fare fronte in via ordinaria a necessità lavorative stabili.
E’ del tutto evidente che esigenze “eccezionali” siano per loro stessa natura imprevedibili, almeno nella maggior parte dei casi.
Ma, anche le esigenze “temporanee” non sempre possono (e comunque non debbono essere mai) oggetto di programmazione, visto che possono discendere da eventi a loro volta improgrammabili: un’assenza prolungata per motivi di salute di un dipendente, un carico di lavoro non inizialmente considerato e cagionato da norme sopravvenute, eccetera.
E’ l’articolo 6, comma 4-bis, a dimostrare l’assenza di necessità di programmare le assunzioni a tempo determinato. Esso prevede: “Il documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale ed i suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono elaborati su proposta dei competenti dirigenti che individuano i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti”. La norma indirettamente chiarisce come occorra programmare l’acquisizione della provvista di dipendenti necessari per i compiti istituzionali, cioè per i fabbisogni continuativi.
Programmazione. Gli incarichi dirigenziali a contratto di cui all’articolo 110, comma 1, del Tuel debbono essere oggetto di programmazione.
Infatti, come visto sopra e come dispone la norma in modo molto chiaro, si vanno a coprire posti della dotazione organica. Dunque, deve necessariamente scattare la programmazione, dal momento che con essa si dispone su come coprire le necessità connesse all’ordinario svolgimento dei compiti istituzionali.
Del resto, a coprire eventuali necessità impreviste implicanti l’acquisizione non prevista di dirigenti, soccorre il comma 2 dell’articolo 110, laddove consente di assumere dirigenti a contratto extra dotazione organica.
Reclutamento. Nessuno dubita che occorra reclutare i dipendenti a tempo determinato mediante concorso pubblico.
Reclutamento. Prassi ed interpretazioni sicuramente non costituzionalmente orientate hanno lasciato che molti enti considerassero possibile attivare gli incarichi a contratto mediante semplice scelta fiduciaria o intuitu personae.
Il nuovo testo dell’articolo 110, comma 1, laddove prevede che “gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell' incarico” legifica un orientamento costituzionalmente ammissibile. In tal modo, priva di pregio qualsiasi lettura che insista nella “fiducierietà” dell’incarico, invero non postulabile, se le procedure di selezione, come appare inevitabile, debbono essere imparziali, consentire la parità di condizioni e la ponderazione della valutazione sulla base di elementi preconosciuti ed oggettivi. Sul punto, vi è una vastissima e conforme giurisprudenza recente: Tar Campania Sezione V 23 febbraio 2016, n. 975; Tar Campania Sezione V 26 gennaio 2016, n. 391; Tar Catanzaro Sezione II 2 febbraio 2016, n. 175, tra le altre.
Limiti di spesa. Al di là di tutti i limiti derivanti dalla necessità di rispettare le regole di finanza pubblica, per le amministrazioni è possibile effettuare assunzioni flessibili e, dunque, anche a tempo determinato entro il limite della spesa effettuata a tale scopo nel 2009.
Limiti di spesa. Sul punto, la Corte dei conti appare ondivaga e contraddittoria.
Con una non persuasiva e criticabile deliberazione della Sezione Autonomie 11 luglio 2012, n. 12, si è negata l’applicazione dell’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2019, alle assunzioni di dirigenti a contratto. Sviluppi interpretativi successivi della magistratura contabile hanno precisato che tale chiave di lettura era da considerare corretta, poiché per un verso si trattava di assumere dirigenti a copertura di posti vacanti della dotazione, mentre per altro verso i limiti percentuali alle assunzioni, portati al 30% della dotazione organica dall’articolo 11, comma 1, del d.l. 90/2014, convertito in legge 114/2014) se abbinato anche a limiti di spesa, avrebbe prodotto un irrazionale duplice ostacolo all’acquisizione di dirigenti esterni.
La magistratura contabile, tuttavia, di recente pare aver modificato decisamente atteggiamento, come attesta la Sezione regionale di controllo della Puglia, 2 marzo 2016, n. 62: “Sotto tale profilo, questa Sezione ha già osservato come, a seguito delle modifiche introdotte dal d.l. n. 90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014, anche gli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art 110, comma 1, del Tuel debbano essere sussunti nel limite di cui all’art 9 co 28 d.l. 78/2010, rientrando nel genus dei rapporti di lavoro a tempo determinato. Infatti, “La disciplina degli incarichi in esame è stata da ultimo modificata dall’art. 11 d.l. n. 90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014, che, da un lato, ha sostituito in toto il contenuto dell’art. 19 co 6 quater d.lgs 165/01 (comma 2 dell’art 11 cit.), eliminando le previsioni relative agli enti locali ed introducendone altre inerenti agli enti di ricerca, e, dall’altro lato, ha modificato l’art. 110 Tuel (comma 1 dell’art 11), concentrando nella suddetta disposizione la disciplina inerente alle tipologie contrattuali in esame. La citata modifica normativa ha prodotto il duplice effetto di cancellare il regime assunzionale speciale dettato dall’art 19 comma 6 quater e di ricondurre, conseguentemente, anche gli incarichi conferiti ai sensi dell’art 110 comma 1 Tuel nel perimetro applicativo del limite di spesa per il lavoro flessibile. Quanto sopra trova conferma nei principi espressi sul punto sia dalla Sezione delle Autonomie-che, con deliberazione n. 13/SEZAUT/2015/INPR del 31.03.2015 (“Linee guida e relativi questionari per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per l’attuazione dell’articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Rendiconto della gestione 2014”), a seguito dell’avvenuta abrogazione dell’art 19 co 6 quater, ha espressamente assoggettato i contratti in esame al limite di spesa per il lavoro flessibile previsto dall’art 9 co 28 d.l. 78/2010-, sia dalle Sezioni regionali di controllo (cfr. Sezione controllo Lazio, deliberazione n. 221/2014/PAR, Sezione controllo Toscana, deliberazione n. 447/2015/PAR, Sezione controllo Calabria deliberazione n. 169/PAR/2012, Sezione controllo Puglia deliberazioni n. 219/PAR/2015 e 223/PAR/2015.).” (Sezione controllo Puglia, deliberazioni n. 223/PAR/2015 e n. 237/PAR/2015, nello stesso senso, Sezione controllo Piemonte, deliberazione n. 4/PAR/2016)”.

Appare, dunque, evidente che l’articolo 110, comma 1, configura un’ipotesi del tutto sui generis di rapporto di lavoro a tempo determinato, con regole proprie e specifiche. In particolare, la norma disciplina un istituto in qualche misura ibrido: infatti, è espressamente finalizzata a fare fronte a fabbisogni continuativi mediante uno strumento di lavoro flessibile. Proprio per queste ragioni, non si applicano norme e misure ordinariamente riferite al lavoro a tempo determinato.
Sulla questione, in particolare, del limite alla spesa da ultimo affrontato nella tabella riportata sopra, si evidenziano gli aspetti maggiormente speciali. Come si è visto, in un brevissimo lasso di tempo la Corte dei conti ha avuto modo di dire tutto ed il suo contrario, senza assestare un’interpretazione chiara.
Eppure, le condizioni vi sono. Contrariamente a quanto sostenuto dalla magistratura contabile, occorrerebbe prendere atto che il legislatore ha inteso apprestare all’utilizzo dei dirigenti a contratto sia limiti di natura finanziaria, da reperire nella disciplina del lavoro a tempo determinato, sia limiti di natura numerica, da reperire nella necessità che comunque la copertura della dotazione organica sia limitata a contenute percentuali, non tanto e non solo per tenere sotto controllo lo spoil system, ma per garantire quel minimo di continuità dell’azione amministrativa fonte della contrarietà della Consulta proprio al sistema delle spoglie, che invece verrà seriamente vulnerato dalla sciagurata riforma di cui all’articolo 11 della legge 124/2015.
Si deve, quindi, escludere tassativamente che l’istituto degli incarichi a contratto possa soddisfare organizzative temporanee e legate al mandato dell'organo politico. Le esigenze, al contrario, sono necessariamente permanenti, visto che si tratta di coprire posti vacanti della dotazione organica.
L’articolo 110, comma 1, del Tuel, al pari dell’articolo 19, comma 6, del d,lgs 165/2001 è una formula che consente all’amministrazione pubblica di avvalersi anche di personale non di ruolo, in particolare quando risulti che le professionalità “esterne” possano meglio rispondere ad esigenze operative.
Non si deve dimenticare che l’articolo 110 è attivabile esclusivamente se ricorrano i presupposti previsti appunto dal citato articolo 19, comma 6. A chiarirlo è il comma 6-ter, della medesima norma, ai sensi del quale “Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2” e, dunque, anche agli enti locali. Non bastano, quindi, la previsione statutaria richiesta dall’articolo 110, comma 1, e la programmazione, ma occorrono i presupposti indicati dall’articolo 19, comma 6, e cioè:
1)      esigenza di una specifica qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione;
2)      motivazione specifica del ricorso all’incarico a contratto, invece che al concorso pubblico.
Per le stesse ragioni, non bastano i requisiti soggettivi del tutto minimali richiesti dall’articolo 110, comma 1, ai fini del reclutamento, ma occorre che i destinatari possiedano quelli indicati dall’articolo 19, comma 6. E’ facile verificare, per altro, che detta ultima norma apra in realtà molto spazio ad incarichi dirigenziali “esterni” sì, ma all’ente che li conferisce, non alla PA: la gran parte dei soggetti suscettibili di ricevere incarichi a contratto, infatti, conduce già rapporti di lavoro con la PA (magistrati, avvocati dello Stato, docenti universitari, dipendenti della stessa amministrazione conferente che siano in possesso dei requisiti di eccellenza indicati dalla norma).
L’ibrido costituito, dunque, dalla possibilità di avvalersi di una forma flessibile per fabbisogni continuativi, è soggetto a precisi vincoli, non solo procedurali, ma anche connessi alla motivazione alla base del legittimo impiego della formula normativa. Una serie di elementi tutti concorrenti a far comprendere come essa non sia “alternativa” e di pari grado alle assunzioni in ruolo, ma un sistema limitato e contenuto di completamento della provvista di esperienza nell’ambito della PA.




[1] Sul punto, non è accettabile l’interpretazione della Cassazione secondo la quale anche ai dirigenti a contratto si applicherebbe la durata minima triennale prevista dall’articolo 19 del d.lgs 165/2001. In argomento, vedasi L. Oliveri “Incarichi a contratto: l’erronea sentenza della Cassazione 13 gennaio 2014, n. 478”, in www.leggioggi.it”.

2 commenti:

  1. Gli incarichi a contratto con l'art.110, co. 1,TUEL (in posti vacanti di organico ) e co. 2 (anche fuori organico) dovrebbero essere riservati al personale che ha ricoperto l'incarico per tutto il mandato del Sindaco. Ciò per renderli non "fiduciari" (brutta parola alla luce dei fatti che si leggono giornalmente) ma "professionali", perché un dirigente che ha ricoperto tale qualifica per 3 o 5 anni e lo ha fatto previa selezione pubblica (chiamiamolo concorso pubblico con curriculum e colloquio), sicuramente ha acquisito una professionalità ed una esperienza in quell'ente, che altri in prima analisi anche previa concorso pubblico, sicuramente non avrebbero, e dopo aver gestito con professionalità non può essere licenziato perchè cambia il Sindaco......
    Il legislatore questo dovrebbe considerarlo anche alla luce della separazione tra l'attività gestionale e quella politica (separazione voluta espressamente dalla Legge 142/1991)-Chi fa questo commento non ha alcun intesse nè professionale nè politico, perchè sono un dirigente/responsabile finanziario in pensione con 40 e più anni di servizio e ogni giorno amaramento ho potuto constatare quanta mancanza di professionalità c'è in giro.
    Cordialmente T.L. -Dirigente/Resp. Finanziario in pensione.

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  2. La disciplina è complicata da decisioni giurisprudenziali di chiara marca politica.
    Rimanendo sui principi generali si può affermare:
    a) se è una selezione, la competenza per "selezionare" che implica un valutare, non può essere politica ma gestionale.
    b) se è un contratto a tempo determinato, l'accesso non può che avvenire per selezione, come per un b1 o un c, e quindi ancora una volta come tutte le procedure anche para concorsuali, da espletare da parte di organi gestionali e non politici.
    c) dato che è un contratto a tempo determinato, il limite naturale e comunitario dovrebbe essere di 3 anni.
    d) riguardo poi i presupposti, l'assenza di professionalità interne deve essere necessariamente attestata su dati oggettivi da parte di un funzionario, non della giunta

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