lunedì 28 marzo 2016

Nuovo codice dei contratti: il caos delle aggregazioni delle stazioni appaltanti


Il problema delle aggregazioni delle stazioni appaltanti e dell’obbligo di avvalersi delle centrali di committenza è una gravosa eredità lasciata dai velleitari tentativi di spending review del Governo Monti, prima, e degli studi dell’ex Commissario Cottarelli. Come è noto, del lavoro dell’ex commissario non è rimasto nulla, se non, per l’appunto, l’idea di poter conseguire risparmi sulla spesa di acquisizione di lavori, beni e servizi limitando il numero delle amministrazioni appaltanti, concentrandole “da 30.000 in sole 35”, come da anni ormai ci sentiamo dire.
Ovviamente, le cose, nella vita concreta, non stanno affatto così. La concentrazione delle stazioni appaltanti di per sé non è e non può essere sintomo di riduzione dei costi degli appalti. Per un verso, il caso del Cev dimostra come anche le centrali di committenza possano essere al centro di corruttele e turbative d’asta; per altro verso, è a tutti largamente noto che se si mettono a base di gara i prezzi delle convenzioni Consip, generalmente si ottengono ribassi ulteriori e molto robusti rispetto a quanto “spuntato” dalla principale centrale di committenza italiana.

Sta di fatto che la volontà di assecondare gli slogan facili a fare breccia nei media ha prodotto, come noto, le contorte regole dell’articolo 1 del d.l. 95/2012, l’obbrobrioso articolo 33, coma 3-bis (più volte ritoccato) del d.lgs 163/2006 e le ultime ancora più criptiche disposizioni della legge 208/2015 in merito alle acquisizioni di beni e servizi, anche informatici, normativa che ci ha anche regalato il problema dell’identificazione del cosiddetto “organo di vertice amministrativo”, del quale nessuno sentiva il bisogno.
La questione viene trattata, ovviamente, anche dal nuovo codice dei contratti, a tutti presentato come norma di semplificazione e razionalizzazione degli istituti vigenti.
Tuttavia, nel caso di specie il codice non pare aver centrato l’obiettivo di semplificare o razionalizzare alcunché. Le complesse e disarmoniche superfetazioni normative create caoticamente nell’inseguire gli slogan a basso prezzo, non hanno consentito all’estensore del decreto di giungere all’unica utile conclusione da trarre: fare pizza pulita di tutte le norme in essere e realizzare un nuovo sistema di disciplina delle aggregazioni degli enti, semplice, facile da applicare e da controllare.
Invece, nulla di tutto ciò. La disciplina contenuta nel testo del decreto legislativo approvato dal Governo si incammina lungo i binari del caos esistente, limitandosi ad un leggero maquillage.
L’idea di fondo è puntare sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Considerato che non tutti gli enti dispongono di pari strutture per gli appalti, né come dimensione quantitativa, né come qualità degli operatori, si presuppone che non tutti gli enti siano in grado di gestire tutti gli appalti, specie quelli di particolare delicatezza, legata all’importo elevato oppure alla complessità delle specifiche tecniche.
Ci si poteva, allora, limitare a definire fasce e tipologie di appalti autonomamente gestibili dalle stazioni appaltanti. Ma, il treno delle centrali di committenza è ormai partito; così come anche il sistema delle deroghe varie ai tanti vincoli operativi.
Il risultato è che anche il nuovo codice dei contratti presenta un intreccio complicatissimo ed involuto di disposizioni, con le conseguenti difficoltà operative e lacune.
Qualificazione non necessaria. Si delinea, in primo luogo, un’area nella quale non è necessario che le amministrazioni appaltanti siano qualificate. Si tratta:
1.      dell’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro;
2.      della realizzazione di lavori di importo inferiore a 150.000 euro.
In questi casi, dunque, le amministrazioni, anche se non in possesso della qualificazione potranno procedere direttamente all’acquisizione di detti appalti. Per altro, il nuovo codice dei contratti in questi casi consente di individuare il contraente anche in via diretta, senza particolari formalità di gara. Nell’ambito di questa area di qualificazione necessaria delle stazioni appaltanti, esse potranno acquisire lavori, beni e servizi anche attraverso l’effettuazione di ordini nell’ambito di strumenti di acquisto telematici, messi a disposizione dalle centrali di committenza, come ad esempio l’ordine diretto di acquisto o la richiesta di offerta nell’ambito del Me.Pa. gestito dalla Consip.
Però, detti margini di autonomia non sono applicabili in presenza di obblighi normativi che impongono strumenti di acquisto e negoziazione anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa.
Il che significa comunque il divieto di acquisire in via autonoma beni e servizi:
1.      in applicazione dell’articolo 26 della legge 488/1999;
2.      in applicazione dell’articolo 9, comma 3, del d.l. 66/2014, convertito in legge 89/2014, che prevede l’individuazione ogni anno di categorie di beni e servizi (non lavori) e loro soglie di valore, al superamento delle quali è comunque obbligatorio ricorrere a Consip o ad altri soggetti aggregatori (vedi il Dpcm 24/12/2015);
3.      in applicazione dell’attuale articolo 1, comma 512, della legge 208/2015, che obbliga tutte le amministrazioni pubbliche (e le società partecipate) individuate dall’Istat ad acquisire beni e servizi informatici esclusivamente da Consip o altri soggetti aggregatori. Tuttavia, ciò nei limiti dei “beni e servizi disponibili”;
4.      in applicazione dell’articolo 1, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito in legge 135/2012, per le categorie merceologiche di:
a.       energia elettrica,
b.      gas,
c.       carburanti rete e carburanti extra-rete,
d.      combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile.
Per quanto riguarda, in particolare, gli enti locali, tuttavia, c’è da precisare che essi non sono da considerare obbligati ad applicare l’articolo 26 della legge 488/1999. Infatti l’articolo 1, comma 449, della legge 296/2006 dispone: “Nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici e le agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 456 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.”.
Dunque, in termini generali, i comuni e gli altri enti locali (“restanti amministrazioni” di cui al comma 449 trascritto sopra) hanno la facoltà e non l’obbligo di utilizzare le convenzioni; nel caso in cui non se ne avvalgano, debbono comunque utilizzarne i parametri prezzo-qualità per le proprie gare autonomamente gestite.
C’è da ricordare che tra gli “obblighi” finalizzati al contenimento della spesa, l’articolo 1, commi 510 e 516, della legge 208/2015 prevede la necessaria autorizzazione all’acquisizione di beni e servizi e, in particolare, informatici, extra convenzioni Consip o di altre centrali di committenza. Poiché il comma 510 richiama l’articolo 26 della legge 488/1999, non applicabile in via obbligatoria alle amministrazioni locali, si può dubitare della sua obbligatorietà appunto per gli enti locali; non così la disposizione dell’articolo 516, che lascia pochi dubbi sulla necessità di far precedere l’acquisizione di beni e servizi informatici dalla preventiva autorizzazione del fantomatico “organo di vertice amministrativo”.
Il nuovo codice dei contratti porta alla conclusione secondo la quale detti commi della legge 508/2015 restino in vigore, anche se una vera razionalizzazione e semplificazione avrebbe dovuto condurre gli estensori del testo alla scelta opposta, quella di eliminarli, viste le varie complicazioni amministrative da essi scatenate.
Qualificazione obbligatoria per acquisti autonomi. Per le amministrazioni appaltanti esiste la possibilità di effettuare acquisizioni in via autonoma nell’ambito di un’area di qualificazione obbligatoria:
1.      per gli acquisti di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia comunitaria;
2.      per gli acquisti di lavori di manutenzione ordinaria d’importo superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro,
ferma restando la disciplina descritta in precedenza.
Tuttavia, si tratta di un’autonomia procedurale limitata: infatti, in questi casi le amministrazioni procedono mediante ricorso autonomo agli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente.
Solo nel caso di indisponibilità di tali strumenti, anche in relazione alle singole categorie merceologiche, le stazioni appaltanti:
1.      procedono all’acquisizione di forniture, servizi e lavori
a.       ricorrendo a una centrale di committenza
b.      ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica
2.      procedono mediante lo svolgimento di procedura ordinaria ai sensi di quanto stabilito dal nuovo codice dei contratti.
Occorrerà comprendere cosa debba intendersi per “indisponibilità” degli strumenti telematici di negoziazione: assenza assoluta degli strumenti, oppure mancanza delle categorie merceologiche? La precisazione contenuta nel nuovo codice secondo la quale l’indisponibilità è relativa anche alle singole categorie merceologiche fa propendere per la seconda risposta, più razionale e utile alla chiusura del sistema.
Comuni non capoluogo di provincia. C’è, poi, una disciplina specifica per i comuni non capoluogo di provincia, i quali, fermo restando quanto sopra (cioè per acquisizioni maggiori pari o maggiori a 40.000 euro per beni e servizi e a 150.000 per lavori, nonché in via di “autonomia limitata” per le soglie superiori viste prima – se qualificati - ), procedono secondo una delle seguenti modalità:
a)         ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;
b)        mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento.
Facoltà di avvalersi delle centrali di committenza. In ogni caso, ferme restando le previsioni fin qui analizzare, resta ferma per tutte le amministrazioni la possibilità di acquisire lavori, forniture o servizi mediante ricorso ad una centrale di committenza qualificata.
Qualificazione. La qualificazione delle stazioni appaltanti sarà curata dall’ANAC, che redigerà un elenco, del quale faranno parte anche le centrali di committenza; l’elenco sarà pubblicato secondo le regole che saranno stabilite successivamente.
La qualificazione sarà assegnata:
1.      in rapporto alla tipologia e complessità del contratto
2.      per fasce d’importo.
Saranno iscritti di diritto nell’elenco di cui sopra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ivi compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, CONSIP S.p.a., nonché i soggetti aggregatori regionali di cui all’articolo 9 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e le città metropolitane.
Un successivo Dpcm definirà i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, tra cui per le centrali di committenza il carattere di stabilità delle attività e il relativo ambito territoriale. Il decreto definisce, inoltre, le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca.
In particolare, la qualificazione riguarderà il complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione ai seguenti ambiti:
a)         capacità di programmazione e progettazione;
b)        capacità di affidamento;
c)         capacità di esecuzione e controllo.
I requisiti di cui sopra saranno valutati dall’Anac sulla base dei seguenti parametri:
a)         requisiti di base, quali:
1)         strutture organizzative stabili deputate agli ambiti di cui al comma 3;
2)         presenza nella struttura organizzativa di dipendenti aventi specifiche competenze in rapporto alle attività di cui al comma 3;
3)         sistema di formazione ed aggiornamento del personale;
4)         numero di gare svolte nel triennio con indicazione di tipologia, importo e complessità;
b)        requisiti premianti, quali:
1)         valutazione positiva dell’ANAC in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità;
2)         presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico  scopo ai sensi del regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio;
3)         disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara;
4)         livello di soccombenza nel contenzioso;
5)         applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento.
La qualificazione varrà per una durata di cinque anni e può essere rivista a seguito di verifica, anche a campione, da parte di ANAC o su richiesta della stazione appaltante.
Le modalità attuative del sistema di qualificazione saranno fissate dall’Anac, che assegnerà alle stazioni appaltanti un termine congruo per porre in essere effettivi processi di riorganizzazione e professionalizzazione finalizzati allo scopo di acquisire concretamente i dei requisiti necessari alla qualificazione. L’Anac indicherà, comunque, modalità diversificate di qualificazione, per tenere anche conto delle peculiarità dei soggetti privati che richiedano la qualificazione.
Sarà anche prevista la qualificazione “con riserva”, per consentire alla stazione appaltante di acquisire la capacità tecnica ed organizzativa richiesta entro un determinato termine fissato dall’Anac per dare modo alle amministrazioni di riorganizzarsi, come visto sopra.
Una volta entrato in funzione il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, l’ANAC non rilascerà più il codice identificativo gara (CIG) alle stazioni appaltanti che procedono all’acquisizione di beni, servizi o lavori non rientranti nella qualificazione conseguita.
La qualificazione avrà anche effetti incentivanti. Infatti, il nuovo codice stabilisce che gli introiti delle sanzioni in materia di vigilanza sui contratti pubblici esercitata dall’ANAC confluiscano in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti per essere destinati, con decreto dello stesso Ministro, da adottate entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo alla valutazione, alla premialità delle stazioni appaltanti, secondo i criteri individuati dall’ANAC nell’ambito dei propri poteri relativi alla qualificazione. Ebbene, una parte di queste risorse attribuite alle stazioni appaltantei sarà destinata dall’amministrazione di appartenenza della stazione appaltante premiata al fondo per la remunerazione del risultato dei dirigenti e dei dipendenti appartenenti alle unità organizzative competenti per i procedimenti di acquisizione di lavori, servizi e forniture. La valutazione positiva della stazione appaltante viene comunicata dall’ANAC all’amministrazione di appartenenza della stazione appaltante perché ne tenga comunque conto ai fini della valutazione della performance organizzativa e gestionale dei dipendenti interessati.

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