giovedì 1 settembre 2016

Dirigenza: il Cassese pensiero che stravolge gli effetti della riforma



Sabino Cassese ha messo del suo in ognuna delle riforme “epocali” della pubblica amministrazione degli ultimi 30 anni. Nessuna ha mai funzionato, visto che è sempre stata considerata necessaria un’ulteriore riforma epocale. Comunque, il Professore ed ex giudice della Corte costituzionale, nonostante l’evidente poca efficacia del suo apporto, continua ad essere chiamato in causa. Sia per contribuire ad architettare le ulteriori e successive riforme epocali, sia per commentarle, dicendo di esse tutto il bene possibile. Sempre.

Dunque, sul Corriere dell1.9.2016, con l’articolo “Dirigenti pubblici senza più feudi = La sfida che attende i dirigenti pubblici” ancora una volta non si è sottratto al difficile e coraggioso compito di lodare l’iniziativa di chi è al potere.
E’ importante leggere la descrizione ed il commento della riforma esposto dal Cassese, per comprendere ancora meglio gli effetti negativi, esattamente opposti alle lodi che il giurista tesse. Esaminiamo alcune delle considerazioni del Cassese per punti.
Decadenza. Scrive il Cassese che se i dirigenti restano privi di incarico “decadono dopo due anni o, per chi ha avuto valutazione negativa e revoca dell'incarico, dopo un anno”. Il giurista non ha volutamente aggiunto nulla a questa semplice descrizione di uno degli effetti principali della riforma, che consiste all’evidenza nella creazione di un diritto potestativo ed assoluto della politica di licenziare, senza motivo alcuno, i dirigenti. Secondo alcuni, Cassese compreso evidentemente, anzi, può bastare come motivo il fatto che dirigenti inseriti in ruoli unici, istituiti in modo che la quantità di dirigenti sia corrispondente ai fabbisogni, possano non essere incaricati. Un’incoerenza paradossale, che rivela come i ruoli unici siano solo uno specchietto per le allodole: un sistema per dare l’impressione che la dirigenza si selezioni a partire da “albi” contenenti persone molto qualificate, mentre, come è chiaro, la “cerchia” degli incaricati sarà molto più ristretta. Verosimilmente riservata a chi si schieri apertamente con le forze politiche di governo, dimostrando non solo consonanza di pensiero, ma soprattutto di azione.
Selezioni. Secondo Cassese la riforma “stringe i meccanismi di selezione, perché richiede requisiti rigorosi e scelte competitive dei concorrenti”. In realtà, non si seleziona proprio nulla. Ai ruoli si accederà per corso-concorso o concorso, le uniche due sedi nelle quali vi è selezione, se per tale si intende un processo competitivo, nel quale i selezionandi operano fattivamente per dimostrare di possedere certi requisiti migliori di altri.
L’assegnazione degli incarichi non ha nulla di selettivo, tanto che lo stesso schema di decreto parla di “procedura comparativa” e non selettiva. Cioè, qualcuno comparerà i curriculum, alla luce di criteri talmente general generici da assicurare sempre che nella rosa di soggetti da sottoporre alla scelta arbitraria della politica vi sia immancabilmente il dirigente “di fiducia”, appartenente alle cerchie di cui sopra.
Scambio di esperienze. Aggiunge, ancora, il Cassese che la riforma “rompe le paratie stagne tra le amministrazioni, consentendo quello scambio di esperienze che finora è mancato”.
E’ sempre utilissimo lo scambio di esperienze. Tuttavia, la Corte costituzionale, della quale il Cassese è stato giudice fino a poco tempo fa, a partire dalla sentenza 103/2007 ha enunciato l’irrinunciabile principio della “continuità amministrativa”, che viene evidentemente leso dallo spoil system o, comunque, da meccanismi di decadenza automatica o di giri di walzer continui della dirigenza, come quelli imposti dalla riforma. Principio, quello della continuità amministrativa, necessario ad evitare che vada dispersa la specifica esperienza professionale dei dirigenti e, soprattutto, la conoscenza delle pratiche in corso.
A proposito: il Cassese era giudice costituzionale proprio all’epoca della stesura della sentenza citata. Forse, era distratto e non ricorda, dunque, il principio da egli stesso vergato quale componente del collegio giudicante. O, forse, dopo 9 anni e svestita la toga, ha cambiato idea.
Trattamenti economici. La riforma, poi, per il Giurista, va bene perché “prevede una progressiva omogeneizzazione del trattamento economico, scoglio su cui si sono arenati i precedenti tentativi di istituire un ruolo unico”. Omogeneizzazione “progressiva”: c’è tempo. Intanto, tuttavia, al passaggio da un incarico all’altro non si applicherà l’articolo 2013 del codice civile, in modo da evitare diritti acquisiti sul trattamento economico. Cosa che ad un accorto e raffinato interprete dovrebbe suggerire che, forse, i trattamenti economici non saranno affatto così omogenei.
Dirigenti senza incarico. Qui un capolavoro di suggestione. Il Cassese afferma che la riforma “compie un giro di vite sulla disciplina dei dirigenti privi di incarico, prevenendo possibili abusi”.
Una frase che non ha alcun senso compiuto, né giuridico, né fattuale. In cosa consisterebbe il “giro di vite” sui dirigenti privi di incarico? Nella circostanza che per privarli di incarico occorrano regole più rigide? Diremmo proprio di no, visto che la riforma consente un licenziamento senza causa. Nella circostanza che qualcuno dei dirigenti ha fin qui abusato di qualche privilegio nel restare privo di incarico? E se sì, in quale pianeta?
E, poi, gli abusi. Chi è, di grazia, che ha compiuto abusi nei confronti dei dirigenti privi di incarico? Ad occhio e croce, diremmo, se ve ne sono stati, coloro che assegnano o revocano gli incarichi medesimi, cioè gli organi politici. Ma, una riforma che consegna ai politici un potere totale di scelta dei dirigenti e la possibilità di lasciarli a casa anche se meritevoli di valutazioni positive e senza nemmeno dover motivare la mancata prosecuzione dell’incarico, come farebbe a prevenire possibili abusi?
Anzianità. Altro merito della riforma è il consentire “anche ai più giovani di accedere ai posti apicali, rompendo il criterio esclusivo dell'anzianità”. Sarebbe interessante apprendere dal Cassese quale sarebbe la norma, di legge o contrattuale, che preveda l’anzianità come criterio di accesso ai posti apicali.
Proposta. Altro vertice interpretativo del Cassese: la riforma è bellissima perché “mette i vertici politici sotto controllo nelle loro scelte, affidando il difficile compito di proposta ad alti funzionari che rappresentano il cuore dello Stato: Interni, Finanza, Esteri”.
E sì. Mettiamoci nei poco invidiabili panni dei componenti delle Commissioni chiamati a gestire le procedure comparative (senza, ovviamente, che loro ne siano coinvolti: per quelle cariche, non si prevede alcuna procedura comparativa…). Che lavoro ingrato e poco invidiabile: dovranno curarsi di formare delle rose di candidati, senza dimenticarsi mai di inserire il nome di quel soggetto indicato dal ministro, presidente della regione o sindaco che in lui riponga fiducia. Un peso. Un compito molto difficile.
Ma, poi, non parliamo del peso di dover essere chiamati a controllare, loro che sono tutti di nomina governativa e politica, che coloro che li hanno nominati rispettino davvero i criteri di selezione. Con la ben nota e classica enorme efficacia dell’attività di controllo svolta da un controllore incaricato dal controllato. Per altro, come rilevato sopra non c’è alcun obbligo, per i politici che incaricano, di motivare la scelta. Il che rende piuttosto complicato anche per il controllore più autonomo e rigoroso che esista l’operazione di controllo. Ma, evidentemente il Cassese vede dove gli altri non sono in grado.
Incarichi esterni. Secondo il Cassese, la riforma “Fa salvo l'accesso agli incarichi anche dall'esterno, ma lo limita”. Affermazione che significherebbe, se fosse corretta, limite allo spoil system ed alla possibilità dei politici di cooptare senza concorsi persone di propria fiducia. Ma, è veramente così? Ovviamente no.
Per quanto riguarda la dirigenza statale restano esattamente le percentuali di selezione di dirigenti dall’esterno vigenti oggi: 8% della dotazione dei dirigenti generali e 10% della dotazione dei dirigenti non generali. Anche per gli enti locali, la percentuale resta la stessa (parossistica) oggi vigente: 30% della dotazione.
Dove sarebbe la limitazione di cui parla il Cassese? Che, naturalmente, si guarda bene dall’evidenziare come, contrariamente alla limitazione di cui, senza alcun fondamento, Egli parla, la riforma invece punta ad un’espansione degli incarichi: infatti ricopia praticamente l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, ma elimina le condizioni da esso previste per attivare incarichi esterni e cioè la motivazione del ricorso a soggetti esterni e, soprattutto, la previa verifica dell’assenza di professionalità.
Certo. Oggi, la verifica delle professionalità si limita alla dotazione del singolo ente e non è in astratto impossibile che manchi una certa spiccata capacità operativa. Domani, invece, la verifica si dovrebbe estendere a tutti i 36.000 dirigenti circa dei tre ruoli e, oggettivamente, apparirebbe impossibile dimostrare che tra tale schiera di dirigenti sia assente la spiccata professionalità necessaria.
Dunque, esattamente all’opposto di quanto indica il Cassese, la riforma vuol proprio ridurre i limiti al ricorso ai dirigenti esterni. E lo stabilisce in totale incoerenza con un sistema fondato su ruoli che sarebbero “unici” perché dovrebbero essere la fonte unica della provvista dei dirigenti.
E’ evidente che lasciare aperta la possibilità di incaricare dirigenti dall’esterno è la chiave principale per non assegnare incarichi ai dirigenti di ruolo “scomodi” ed aprire loro le porte verso il licenziamento o l’umiliazione del demansionamento.

Equilibrio. Infine, l’ultimo merito della riforma: “stabilisce un equilibrio tra scelte politiche e valorizzazione dei corpi amministrativi”. Si è capito che genere di equilibrio.

1 commento:

  1. Abbiamo ormai una casta di professionisti organica al governo, che cerca di far diventare nero il bianco e viceversa, professionisti degli incarichi politici che quindi nel difendere la riforma difendono loro stessi. Ma il ragionamento riesce a far vedere a tutti che il re è ormai nudo e questi cortigiani si rivelano per quel che sono

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