sabato 17 dicembre 2016

Province. Caso Sala: altra dimostrazione dell'assurdità della legge Delrio

Autosospensione stile "prendi due, paghi uno"

La vicenda della cosiddetta "autosospensione" del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, al di là del mistero giuridico dell'inesistente istituto dell'autospensione medesima, è l'ulteriore ed ennesima conferma della demenzialità della riforma delle province, adottata con la legge Delrio.

La legge 56/2014, adottata come è noto in attesa della riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, che non vi sarà mai (e per questo di certa incostituzionalità), nel disegnare lo scempio dell'istituzione provinciale, ha regolato anche le città metropolitane.
Si tratta di enti nati morti, senza fondi, sostanziale copia delle vecchie province, la cui costituzione però era stata salutata da molti con l'avverbio "finalmente", come se da questa minuzia insignificante sarebbero potute derivare chissà quali mirabilie per l'economia e la politica del Paese.
Una delle tante assurdità della legge Delrio è quella di stabilire che il sindaco del comune capoluogo delle province sostituite dalle città metropolitane, è anche presidente della città metropolitana medesima (a meno che lo statuto della città metropolitana non preveda diversamente). Un'anticipazione della logica della riforma costituzionale bocciata dal referendum: la logica, cioè, del "dopolavoro" o dell'attività politica a tempo perso o nei residui di giornata o settimana. La riforma del Senato, come è noto, avrebbe contemplato consiglieri regionali e sindaci anche senatori. A alcuni sindaci avrebbero potuto essere, in un colpo solo: sindaci, senatori e anche presidenti di città metropolitane!
Se l'ordito della riforma costituzionale è saltato, purtroppo ci dobbiamo tenere la sua anticipazione in sedicesimi, la legge Delrio, che, appunto abbina la carica di sindaco del capoluogo a quello di presidente di città metropolitana.
Risultato? Giuseppe Sala, con la sua decisione di autosospensione, in un colpo solo mette in crisi non solo l'operato del comune di Milano, ma anche quello della città metropolitana.
Un bel risultato di efficienza, efficacia e semplificazione dell'amministrazione, gli obiettivi che l'autore della riforma delle province, Delrio, e tutta la stampa autrice dell'incredibile campagna contro le province vantavano a vanvera.

3 commenti:

  1. L’hanno capito anche i bambini che la maldestra riforma del Senato (così come quella più inutile ed insulsa del CNEL) è stata una scusa bella e buona per giustificare la cancellazione dalla Costituzione delle gloriose e storiche Province italiane (alcune sono pure decorate al valor militare), solo per un capriccio di qualche “innominato” metropolitano fiorentino (e non solo), solo per ritorsione, per una ripicca insomma, dopo che il riordino (anzi, il disordino) delle Province voluto dal Governo Monti è stato bocciato nel 2013 dalla Corte Costituzionale. Bastava, senza toccare la Costituzione, ridurre gli emolumenti dei parlamentari e consiglieri regionali, vergognosamente in assoluto i più alti al mondo, i loro privilegi, eliminando i loro vitalizi e facendo eleggere dal popolo direttamente i senatori, piuttosto che essere nominati dalle segreterie politiche tra i plurindagati e iper retribuiti consiglieri regionali con l'aggiunta di una ventina di privilegiati sindaci "metropolitani" (e gli altri 8080 sindaci italiani?) come prevedeva la riforma voluta dal Governo Renzi. Mentre ricordo che i consiglieri provinciali sia prima che dopo la sciagurata ed antidemocratica legge Delrio percepiscono solo il gettone di presenza che ammonta a soli 30 euro (trenta euro appena!!!). Ed invece con le pseudo (false e finte) riforme del Governo Renzi stiamo assistendo alla progressiva marginalizzazione ed impoverimento, anzi, ad una vera e propria desertificazione delle periferie del Paese (i territori coincidenti con le “vecchie” Province) attraverso il taglio di tribunali, ospedali e servizi sanitari, Camere di Commercio, Prefetture, Uffici Scolastici Provinciali, Università, chiusura e ridimensionamento di porti, aeroporti, stazioni e linee ferroviarie e più in generale attraverso il taglio di tutte le articolazioni periferiche dello Stato (Questure, Comandi provinciali delle Forze dell’Ordine, uffici della Motorizzazione, ecc., ecc.), tutto ad esclusivo vantaggio ed arricchimento delle sedicenti città metropolitane (alcune di loro molto forzatamente considerate tali) e/o dei capoluoghi di Regione e delle loro lobby e delle loro corruttele a scapito soprattutto di quelle che sono ancora i capoluoghi di Provincia italiani (sino a quando?), lasciando tra l’altro migliaia di lavoratori nell’incertezza del loro futuro (vedere, a titolo d’esempio il film “Quo vado” di Checco Zalone per farsi un’ idea ed una grande risata su questa pseudo riforma costituzionale).

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  2. E l’hanno capito anche i bambini che i cocciuti tentativi delle lobby metropolitane (che sono trasversali di destra, di sinistra, "grilline" e pure della pseudo lega nord federalista di Salvini) di cancellare le scomode ed ingombranti (per loro) Province italiane dalla Costituzione, sono stati mascherati da una inutile e maldestra riforma del Senato accompagnata dalla antidemocratica e sciagurata legge Delrio (votata dal Parlamento con una velocità a prescindere dall'abolizione del bicameralismo paritario), dalla complessa riforma della pubblica amministrazione (bocciata dalla Consulta), dalla legge elettorale “Italicum” (incostituzionale perchè in essa, quando è entrata in vigore dal 1 luglio 2016, si dà già per scontato l’esito del referendum costituzionale confermativo con l’eliminazione del bicameralismo perfetto: referendum che invece si sarebbe tenuto solo il 4 dicembre 2016 dall'esito, come abbiamo visto, tutt'altro che scontato), dalla riforma della scuola (dove per le graduatorie ed i trasferimenti del personale scolastico si sostituiscono le tanto “odiate e vituperate” Province con gli aleatori e fumosi “ambiti territoriali”) e dall’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, volute fortemente da quelle lobby per accompagnare l’estinzione definitiva delle Province dalla Costituzione attraverso mobilità coatte o addirittura licenziamenti (proprio ora?) delle migliaia di lavoratori delle Province e dei loro uffici e articolazioni periferiche, con il meschino unico scopo di avvantaggiare ed arricchire con maggiori flussi di finanziamenti (e corruzione) esclusivamente le sedicenti città metropolitane italiane (alcune di loro molto forzatamente considerate tali) e/o dei capoluoghi di Regione, una volta fatta terra bruciata attorno a loro con l'"annientamento" delle Province, una volta approvata la riforma costituzionale. Queste sono le pseudo (false e finte) riforme che sono state tanto a cuore al Governo Renzi dimissionario, tutte tendenti, unicamente e null'altro, a creare nel nostro Paese, territori e cittadini di serie A e territori e cittadini di serie B. Strategie del Governo che non avrebbero fatto altro che accrescere inevitabilmente il divario fra il Nord ed il Sud dell'Italia. Ma il NO in occasione del REFERENDUM confermativo costituzionale sta facendo venire tutti i nodi al pettine di queste pseudo riforme tra loro collegate e che non sarà tanto facile sciogliere.

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  3. Senza trascurare il fatto che una eventuale cancellazione dalla Costituzione delle Province, se fosse stata approvata la legge Costituzionale, avrebbe privato il Paese di un importante anello istituzionale di congiunzione tra i Comuni (8100 in Italia) e le 20 Regioni italiane, troppo popolose e grandi per sostituirle nelle loro funzioni e nelle loro competenze.
    Tutti i principali Paesi europei hanno un ente intermedio tra la Regione e il Comune: ad esempio, l'Austria, con 8 milioni e mezzo di abitanti (meno popolosa perfino della Lombardia con i suoi quasi 10 milioni di abitanti) è composta da 9 stati federati (come le nostre Regioni) a loro volta suddivisi in 84 Distretti (equivalenti alle nostre Province) e 15 Città a Statuto Autonomo. Gli 84 Distretti sono poi suddivisi in 2.381 Comuni (in Italia 8100).
    http://it.wikipedia.org/wiki/Austria...
    Province italiane, invece, che sono storiche e antiche proprio come l’unità d’Italia e che rappresentano un importante volano di sviluppo e di crescita economica per territori di medio-piccole dimensioni, nonché specchio delle diverse identità territoriali e culturali del nostro Paese, ma che stavano però diventando estremamente ingombranti e scomode al decollo definitivo delle Città metropolitane (Milano, Roma, Napoli, Bari, Bologna, Firenze, Venezia, Torino, Genova e Reggio Calabria) “paralizzate”, soprattutto dal punto di vista finanziario, fin dalla loro istituzione (almeno sulla carta) cioè fin tempi della legge 142 del 1990 a causa delle spinte centrifughe dei loro Comuni “satelliti” più o meno grandi verso le Province limitrofe. Città metropolitane che già da allora hanno intrapreso, in maniera prima subdola e poi via via sempre più aggressiva e demagogica, un’accanita e pervicace crociata demolitrice nei confronti di tutte le Province servendosi dei potenti servi (sciocchi) e “vassalli” di turno, sino alle decisioni che solo un Governo (il governo Renzi) dalla maggioranza deforme (PD+Alfano+Verdini, poteva prendere per spianare la strada al loro definitivo decollo. Ma il NO in occasione del REFERENDUM confermativo ha bocciato tale meschino progetto riportando giustizia e verità sulla intera vicenda.

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