giovedì 18 maggio 2017

Nella morsa dello spoil system. La “schiena dritta” non può bastare”


I fatti del comune di Lonate Pozzolo vengono poco dopo quelli di Terni e di Guidonia Montecelio. Ma, sono di pochissimi mesi fa anche le storie di Lavagna e Lodi.
Non tutte le storie sono uguali: si tratta, per lo più, di sistemi corruttivi che possono anche giungere, in alcuni casi, verso l’influenza decisa della criminalità organizzata.

Lo schema è sempre lo stesso: amministratori comunali che provano ad utilizzare il loro potere per orientare appalti pubblici o incarichi a studi professionali a loro vicini, cercando di costruire un sistema organizzato con imprenditori esterni, lieti di accordi corruttivi, e con funzionari interni, coinvolti nel “giro” con le buone facendoli partecipare alla spartizione; oppure, con le cattive, minacciando di revocare incarichi o demansionamenti o trasferimenti, se in qualche misura considerati dei “boicottatori”
Non è ovviamente da dare per scontato che agli arresti ed ai fatti di cronaca conseguano condanne. Al di là dell’obbligatoria ed opportuna invocazione del principio della non colpevolezza fino a condanna definitiva, è evidente la necessità di aspettare il corso definitivo di indagini e processo.
Non è questo, tuttavia, quello che rileva in un’analisi della questione riferita al sistema amministrativo dei comuni.
I fatti di Lonate Pozzolo e tutti gli altri analoghi, anche laddove non dovesse esservi alcuna condanna ad esito dei processi, sono sintomo di un malessere profondo, frutto amaro delle riforme Bassanini.
Riassumendo quanto emerso dai giornali, il sindaco di Lonate Pozzolo pare cercasse in ogni modo di favorire lo studio professionale del fratello nell’approvazione di progetti urbanistici od opere edilizie.
Allo scopo, era necessario che i vertici organizzativi dei settori della polizia locale, dell’edilizia privata e dei lavori pubblici non rilevassero le stranezze gestionali, non indicassero illegittimità, non concludessero procedimenti di controllo o sanzionatori.
La comandante del corpo di polizia locale, che si era avveduta del “sistema” è stata più volte oggetto di pressioni e del ricatto della mancata conferma dell’incarico, difatti puntualmente verificatosi con l’inizio del 2017. Non solo; anche la funzionaria al vertice dell’edilizia è stata trasferita ad altro incarico demansionante, come quella alla guida del settore lavori pubblici, spostata ai tributi.
Le intercettazioni pubblicate dai giornali forniscono un quadro fosco di pressioni fortissime sui funzionari del comune, fino a giungere a vere e proprie minacce sulle persone fisiche e, comunque appunto ad un tourbillon di incarichi, fino anche alla ricerca di funzionari provenienti da fuori, nella speranza di una maggiore loro “malleabilità”.
Ora, è evidente che nessuna legge può, da sola e di per sé, impedire a chi intende abusare del potere di farlo. Imedire no. Ma, rendere la cosa più difficile, questo sì.
Sta di fatto che nel corso di tutti gli anni ’90 del secolo scorso, si è avviato un processo devastante per la pubblica amministrazione, di continua eliminazione dei controlli esterni e di soggezione totale dei vertici amministrativi alla politica, proprio mentre si predicava, però, il principio di “separazione” ed autonomia della dirigenza appunto dalla politica.
Nel volgere di pochissimi anni, i controlli preventivi di legittimità dei Co.Re.Co. sono stati ridotti all’osso, per poi essere definitivamente aboliti. Non solo: i segretari comunali, storicamente dipendenti del Ministero degli interni al servizio dei comuni sia per garantirne la corretta gestione, sia anche per funzioni di controllo della legittimità dell’azione e uniformità di comportamenti nel territorio nazionale, sono stati privati della fondamentale competenza edittale ad esprimere pareri di legittimità sui provvedimenti. Ma, soprattutto, sono stati fatti oggetto della forma più spinta di spoil system esistente in Italia, sorprendentemente ancora in piedi, nonostante la sua manifesta incostituzionalità.
Nello stesso tempo, le riforme hanno fortemente rafforzato il potere dei sindaci di “nominare” i vertici delle strutture amministrative, specie nei comuni (che sono la maggioranza), privi di dirigenti. Lo strumento è fornito dalla cosiddetta “area delle posizioni organizzative”, introdotta dal Ccnl 31.3.1999: incarichi di funzione dirigenziale con una discreta retribuzione. Incarichi, però, continuamente sulla graticola. Possono durare fino a 5 anni, ma, poiché il contratto non prevede una soglia minima, in moltissime amministrazioni sono conferiti per un anno o meno, nonostante la profonda contrarietà della giurisprudenza del lavoro e della Corte dei conti[1] a questa prassi, deleteria per la continuità dell’azione amministrativa, ma utilissima, appunto, per tenere costantemente in bilico e sotto “tutela” gli incaricati.
Ma, anche sui dirigenti di ruolo pressioni di simile natura non mancano: la normativa prevede, in questo caso, una durata minima degli incarichi, ma, nei comuni si assiste costantemente all’impropria connessione del termine degli incarichi dirigenziali di ruolo con il mandato elettorale, e, comunque, sono diffusissime “riorganizzazioni ad personam”: ribaltamenti dell’organizzazione interna, finalizzati, in realtà, solo a rimuovere dirigenti considerati scomodi.
Il ricorso amplissimo agli “incarichi a contratto”, previsti dall’articolo 110 del d.lgs 267/2000, completa il quadro. E’ proprio ricorrendo a questi incarichi, spessissimo rivolti a dipendenti, che se privi della qualifica dirigenziale vengono “promossi” a dirigenti (in violazione palese della giurisprudenza della Consulta contraria alle analoghe prassi delle Agenzie fiscali), così da favorire la “riconoscenza” del beneficiato; o, comunque, sono rivolti a persone considerate maggiormente “vicine”, reclutate mediante procedure asseritamente “selettive”, che altro non sono se non la raccolta di curriculum (tra i quali non mancano mai quelli appunto di chi è considerato favorevolmente dall’organo di governo), che poi vengono rimessi alla scelta sostanzialmente arbitraria del sindaco di turno. Ed immancabilmente la scelta ricade esattamente sul dirigente o funzionario reputato di maggiore “consonanza”.
Per quanto evidentemente casi come quello del varesotto siano estremi, è esperienza di chiunque lavori negli enti locali che in forme più o meno pesanti vi siano costantemente pressioni sui segretari comunali ed i vertici politici.
L’eliminazione totale dei controlli esterni è oggettivamente un favore per chi ritenga di non lottare contro le deviazioni della gestione, per il proprio quieto vivere, cercando magari di entrare a farne parte, così da ottenerne vantaggi. Non c’è modo, infatti, per arginare le azioni illecite, che spesso sono diretta conseguenza di atti illegittimi: basterebbe cercare di bloccarli prima, per impedire l’evento. E, allo scopo, per un segretario comunale o un funzionario non intenzionato a chiudere gli occhi e a garantire il buon andamento, l’appoggio di un organo terzo di controllo sarebbe fondamentale per arginare simili eventi.
E dobbiamo sempre ricordare che la riforma Madia della dirigenza mirava ad ingigantire a dismisura questo sistema di spil system, di fatto estendendo a tutta la dirigenza pubblica la deleteria esperienza del sistema degli incarichi dei segretari comunali.
Quanto è diffusa una fenomenologia come quella di Lonate Pozzolo? Molto, moltissimo. L’assenza di controlli e l’assoggettamento dei funzionari della PA alle pressioni politiche è estremamente esteso. Si è detto prima che, poi, il livello delle pressioni è molto vario e Lonate Pozzolo rappresenta, evidentemente, un caso estremo. Ma, per ogni evento che viene all’attenzione della magistratura e della cronaca, si può stare certi che in progressione geometrica molti di più restano nell’ombra; e tantissimi altri resteranno sempre non conosciuti, anche perché probabilmente non trascendono nella commissione di reati, ma entrano nel campo certamente della mala amministrazione.
Il sistema anticorruzione non riesce minimamente, come si vede, a prevenire e disvelare alcunché. Si insiste moltissimo nelle direttive, nella dottrina e nei corsi di aggiornamento, sull’importanza delle “analisi di contesto” quali premesse per i piani triennali di prevenzione della corruzione; oppure, sull’utilità del coinvolgimento degli organi di governo.
Facile immaginarsi quanto un’analisi di contesto o la sottoposizione a consiglio o giunta di complicati piani, intrisi di adempimenti e tabelle, possano interessare, ma, soprattutto, fare da argine contro conflitti di interesse e corruttela…
I segretari comunali in particolare finiscono per essere totalmente stritolati nella morsa dello spoil system. Per un verso, sono scelti direttamente dai sindaci e questo crea, almeno agli occhi di chi li nomina un legame quasi “personale”, anche dovuto al sistema solo fintamente trasparente di selezione. I comuni, è vero, pubblicano avvisi pubblici per incaricare i segretari: ma lo sanno anche le pietre che il sindaco, in incontri “privati” individua il segretario da incaricare ben prima dell’avviso. Per altro verso, i segretari, pur non disponendo più del potere “edittale” di parere di legittimità, sono comunque chiamati a risponderne dalla giurisprudenza della Corte dei conti. Contestualmente, debbono garantire anche la “managerialità”, ma allo stesso tempo fare da controllori, in veste di responsabili anticorruzione, di chi li nomina.
Il prodotto finale è che segretari comunali intenti a cercare di conciliare le necessità dell’amministrazione con gli interessi pubblici, se finiscono in una sede certamente complicatissima, rischiano di trovarsi poi coinvolti a loro volta nelle inchieste penali, perché accusati di non aver saputo impedire i fatti corruttivi, oppure per aver istruito amministrativamente procedimenti di selezione di dirigenti o funzionari dall’esterno.
Tutto questo dovrebbe avere un freno deciso. Sta di fatto che, al di là dei singoli fatti di cronaca giudiziaria, comunque le riforme Bassanini non hanno certo rilanciato la produttività del lavoro pubblico, né migliorato la gestione delle funzioni degli enti locali, né li hanno resi più solidi finanziariamente o più rapidi e spediti nelle decisioni, né meglio organizzati. Il livello della gestione e dell’efficienza è rimasto basso, come quello dell’intera Nazione, ma si sono introdotti meccanismi perversi di “governo degli uomini”, insieme ad un nocivo abbassamento dei livelli di controllo delle attività e degli atti, che schiaccia letteralmente i civil servant, esponendoli a responsabilità inimmaginabili.
L’inchiesta di Lonate Pozzolo elogia i “funzionari dalla schiena dritta” di quel comune, che hanno denunciato i fatti, resistito alle pressioni e collaborato con inquirenti e giudici. Questi funzionari sono meritevoli di ogni ammirazione e sostegno. Ma, ad esempio, la comandante demansionata dei vigili ha dovuto fare le valigie e cercare un nuovo comune dove lavorare.
Per quanto nei comuni vi siano “anticorpi” molto forti a sistemi gestionali ai confini della legalità, come appunto dimostrato a Lonate Pozzolo, non è possibile, però, che il sistema si regga solo sulla schiena dritta dei funzionari.
Dovrebbe risultare chiaro che i sindaci, come qualsiasi politico, contrariamente a quanto da molti affermati, non hanno diritto alcuno a nominarsi i vertici organizzativi. Non si parla di amministrare una società privata, dove gli azionisti hanno il diritto sacrosanto di stabilire a chi affidare il proprio patrimonio ed i propri interessi.
I sindaci sono inquilini a tempo determinato di uffici pubblici, da gestire nell’interesse dei cittadini, i quali, con le loro tasse, finanziano la spesa per pagare le strutture amministrative delle quali i primi cittadini debbono avvalersi, per attuare il proprio programma politico.
Deve passare il principio che non essendo i sindaci i proprietari del comune e non gestendo propri interessi, hanno il sacrosanto diritto di pretendere l’attuazione del proprio programma, ma mediante i funzionari che le tasse pagate dai cittadini gli mettono a disposizione, selezionati per concorsi e mai connessi, nemmeno per gli incarichi, alla loro persona.
Bisogna sradicare per sempre i poteri di nomina ed incarico e reintrodurre controlli preventivi di legittimità esterni. Eliminare costosi organismi di utilità più che dubbia, come gli organismi di valutazione e far sì che tutti i vertici siano assunti per concorso pubblico, consentendo incarichi a contratto solo per figure attinenti lo stretto staff politico: capo di gabinetto, addetto stampa, portavoce e poco altro. Occorre che gli incarichi dirigenziali e di posizione organizzativa siano conferiti da organismi terzi (Anac, Corte dei conti, strutture apposite da creare) e da questi valutati. Occorre chiarire la funzione dei segretari comunali: controllo interno di legittimità e funzione anticorruzione? Allora, debbono a loro volta essere sottratti al giogo dello spoil system ed essere posti alle dipedenze dell’Anac e da questa incaricati. Debbono garantire il coordinamento della dirigenza? Allora, debbono essere dirigenti incaricati con garanzie e sistemi quali quelli ipotizzati sopra.
Non si tratta di idee capaci di estirpare la mala amministrazione. Ma, attuandole, si renderebbe più difficile far credere che amministrare un comune significhi favorire il fratello o imprenditori amici, vessando i funzionari che cercano di fare il loro onesto lavoro.


[1] Sezione regionale di controllo della Liguria, con la deliberazione 21 marzo 2016, n. 23.

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