domenica 4 giugno 2017

Natività di Caravaggio a Palermo: opera dei primi del '600 o genuinamente "siciliana"?



La natività con i santi Lorenzo e Francesco trafugata a Palermo nell'oratorio di San Lorenzo nel 1969, al di là del mistero della fine del capolavoro del Merisi continua ad incuriosire circa la sua datazione.



A qualsiasi osservatore difficilmente sfugge una chiara differenza stilistica tra questa opera e quelle degli ultimi 4 anni di vita del grandissimo pittore lombardo, trascorsi tra Napoli, Malta e la Sicilia tra il giugno del 1606 e il luglio del 1610.
Tali differenze emergono con estrema chiarezza dal confronto con la natività oggi custodita nel museo regionale di Messina, opera che con sicurezza venne realizzata dal Merisi nella città dello Stretto:


Il confronto tra i due capolavori è reso difficile dalla circostanza che non possediamo più l'originale di Palermo. Di recente, come noto, l'opera è stata riprodotta con materiale pittorico a seguito di un'innovativa tecnica riproduttiva svolta a Madrid, utilizzando un'unica antica fotografia a colori, scontando così i difetti tecnici connessi.
Risultano, comunque, evidenti almeno due differenze fondamentali. La prima riguarda il rapporto tra le figure presenti nei quadri e lo spazio. Come si nota, nell'opera palermitana le figure occupano integralmente lo spazio, anche grazie alla presenza dell'angelo in alto, idea compositiva nota nel San Matteo e l'angelo nella cappella Contarelli a san Luigi dei Francesi:


Tale soluzione è stata ripercorsa dal Merisi del periodo napoletano, nella strepitosa pala d'altare delle Sette opere di misericordia, conservata a Napoli al Pio Monte della Misericordia.


Nella natività di Messina, al contrario, si assiste alla medesimo vuoto lasciato in alto, tipico dell'ultima pittura del Caravaggio, riscontrabile anche nel seppellimento di Santa Lucia a Siracusa:


ma anche nella drammaticissima decollazione di San Giovanni Battista a Malta:


In secondo luogo, appare anche abbastanza evidente la differenza nell'utilizzo dei colori. La natività di Palermo è più ricca di colori, più vivi e accesi, rispetto alla tavolozza più cupa dell'ultimo periodo di Caravaggio, più densa di colori terrosi e opachi.
Gli elementi, quindi, per dubitare che la natività con i santi Lorenzo e Francesco sia da datare circa nel 1609 e sostenere che, invece, sia stata dipinta nei primi anni del 1600 da un Caravaggio operante ancora a Roma sono molti.
Anche perchè, in effetti, documenti certi che attestino con sicurezza la presenza di Caravaggio a Palermo non ve ne sono, mentre sono stati reperiti documenti d'archivio utili per fondare una teoria più lineare: la natività è stata ordinata a Caravaggio a Roma da un commerciante i cui interessi erano strettamente legati alla congregazione di San Lorenzo a Palermo. Dunque, potrebbe essere stata dipinta a Roma e poi spedita a Palermo, come del resto avvenuto con la celeberrima testa di Medusa, destinata a Firenze (si veda in particolare Michele Cuppone, Il mistero dell'opera di Caravaggio trafugata dalla mafia: svelato l'enigma della sua genesi ?).
Si evidenziano altri "indizi" rivelatori della produzione dell'opera a Roma e non in Sicilia. Per esempio, la postura ed anche la figura di San Lorenzo (con la sgargiante veste gialla a sinistra) sicuramente richiamano quella del giovane che sta pagando le tasse al "gabelliere" Matteo, nella Vocazione di San Matteo, opera a sinistra della cappella Contarelli. Altro indizio è la posizione estremamente innovativa di San Giuseppe, che per la prima volta dà le spalle al pubblico ed è ripreso mentre dialoga col pellegrino alle spalle di San Francesco. E' facile notare l'estrema somiglianza del San Giuseppe con il soldato dell'affresco di Giuseppe Cesari, noto come Cavalier D'Arpino, nella volta della cappella Contarelli:


Inoltre, tale soluzione stilistica di una figura brizzolata presa che dà la nuca a chi guarda il quadro è presente anche nella Vocazione di San Matteo, sempre nella Contarelli, nella figura di San Pietro che guarda Gesù mentre indica Matteo, chiamandolo a sè come discepolo:


Non si deve dimenticare che Caravaggio agli inizi della sua attività a Roma era allievo proprio del Cavalier d'Arpino. Egli, dunque, osservò le sue opere e avrà certamente collaborato a realizzare bozzetti e alla loro realizzazione. Aveva, dunque, ben chiari i risultati delle opere del Cavalier D'Arpino, sì da tenerne dovuto conto nella realizzazione delle opere, poi, sue.
C'è, infine, la figura della Vergine: secondo molti si tratta di una delle modelle preferite dal Caravaggio, Fillide Melandroni, molte volte ritratta, come la Giuditta che decapita Oloferne, oppure Marta o Maria o Santa  Caterina d'Alessandria, o, ancora, la Maria di Cleofa della deposizione di Gesù

Giuditta

Marta o Maria
Santa Caterina d'Alessandria
Maria di Cleofa


Eppure, qualcosa continua a non tornare. A meno di non immaginare che la natività sia davvero molto più risalente nel tempo e addirittura precedere gli esiti pittorici della Contarelli, vi sono comunque elementi che distanziano l'opera palermitana dalla stagione romana del Caravaggio.
Perchè, ad esempio, l'angelo della natività non è circondato dalle volute del lenzuolo, come l'angelo del San Mattero o anche gli angeli delle Sette opere di misericordia di Napoli? Visto che questa soluzione "scenica" è tipica del Caravaggio, le ipotesi non possono che essere due: o il Merisi era ancora agli inizi della sua carriera pittorica e non ci aveva semplicemente ancora pensato, oppure si trova in una fase più avanzata e sta semplicemente ripercorrendo con la mente esiti pittorici di un periodo più antico e felice.
Non si deve dimenticare che la produzione di un artista non può mai essere una linea evolutiva continua, senza deviazioni o anche semplicemente ritorni al passato, per rivedere e sperimentare sulla base di esperienze vissute, da reinterpretare.
Proprio il capolavoro della Contarelli, San Matteo e l'angelo è testimonianza piena del fatto che il Merisi disponeva di una formidabile memoria "fotografica" (da immenso pittore qual era) e che aveva fatto grande tesoro dell'esperienza milanese con il suo maestro Simone Peterzano e la visione delle idee pittoriche proprie dei grandi lombardi di fine '500.
Si pensi, ad esempio, alla prima versione di San Matteo e l'angelo, purtroppo andata distrutta durante la seconda guerra mondiale e della quale possediamo solo una foto in bianco e nero:


La costruzione del quadro riprende totalmente, nella postura di San Matteo, quella proposta dal Peterzano nella Certosa di Garegnano:


Il Caravaggio ricorda e rielabora. Lo fa anche il Caravaggio "siciliano". Il Gesù che richiama alla vita Lazzaro nella resurrezione sempre conservata al Museo regionale di Messina è proprio il Gesù che chiama Matteo, trasposto in posizione simmetrica:

 

Tra l'altro, una delle due sorelle di Lazzaro, Marta o Maria, quella più a destra, a sua volta ricorda molto proprio Fillide Melandroni.


Fillide era stata una donna di Caravaggio ed era a lui contesa da quel Ranuccio Tomassoni che il Merisi uccise la sera del 28 maggio 1606. Difficile immaginare che Fillide non fosse rimasta completamente impressa nella mente del Merisi anche nei suoi anni di esilio da Roma.
In effetti, a meglio vedere la Vergine della natività di Palermo, sembra non tanto un ritratto di Fillide (sappiamo che Caravaggio ritraeva i suoi modelli dal vero e che ogni quadro del Merisi in realtà spesso è un insieme di ritratti), quanto proprio un'idea di lei, un ricordo profondo, appunto idealizzato e addolcito nei tratti del volto.
Insomma, in attesa di prove ancor più definitive sulla datazione della natività, per quanto la gran parte dei critici abbia abbracciato ormai l'idea che l'opera sia stata dipinta dal Merisi a Roma, restano ancora seri elementi per ritenere che essa possa realmente essere frutto della pittura degli ultimi anni del grande pittore.



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