martedì 4 luglio 2017

La fissazione populista e anti ordinamentale dei media su PA, Tar e concorsi

Su La Repubblica del 4 luglio 2017, nell'articolo dal titolo "Il Paese dei concorsi infiniti: 100 milioni al mese di spesa e ricorsi sempre in agguato" il giornalista Sergio Rizzo esce fuori con l'ennesima "inchiesta" sulla PA, nel ben noto stile populista.
Un insieme di dati su singoli episodi, descritti come regola generale, che finisce per screditare sostanzialmente l'intero apparato amministrativo ed instillare fastidio, se non peggio, nei cittadini nei confronti delle istituzioni.
Se, dunque, qualche concorso, perchè i bandi sono scritti male o le buste contenenti i nominativi dei candidati (che dovrebbero essere segreti) sono trasparenti, allora automaticamente sono tutti i concorsi ad essere malgestiti ed a finire al Tar. Il quale, immancabilmente, viene descritto come minimo come con-causa dei mali dell'amministrazione, mentre, al contrario, è l'unico rimedio dato ai cittadini contro la mala amministrazione.
L'articolo sciorina un'incredibile e male argomentata serie di luoghi comuni, tra i quali quelli davvero più tristemente risibili sono le infondate e davvero sciocche considerazioni sui concorsi pubblici tratte lo scorso agosto dalla Banca d'Italia, nell'occasional paper 342, ove si legge che chi studia non lavora e che sono favoriti nei concorsi, appunto, solo coloro che sono dediti agli studi.
Considerazioni prive di fondamento: per un verso, è evidente che chi ha come primo accesso al lavoro un'attività nella PA investe (investe, con tanta dedizione ed anche spesa di denaro) nello studio per superare i concorsi; per altro verso, storie di persone che studiano, molto, lavorando per cambiare lavoro, progredire di carriera, anche accettando di andare in luoghi lontani, ce ne sono centinaia di migliaia.
Dare credito a studi infondati della Banca d'Italia, che farebbe molto meglio a dedicarsi alle sue competenze purtroppo non sempre gestite al meglio, come insegnano le vicende del Monte dei Paschi, delle 4 banche andate in risoluzione e delle banche venete, tanto per limitarsi a fatti di cronaca molto noti, non rende alcun servizio alla cronaca ed alla realtà. Elementi, questi, per altro, che da tempo non trovano facilmente spazio nei media. Sempre alla caccia del paragone col "privato", per altro in un campo, quello del reclutamento, nel quale davvero le aziende non possono, nè debbono, nè vogliono insegnare nulla al pubblico, visto che assumono chi vogliono, quando vogliono, come vogliono e, soprattutto, non impiegano risorse pubbliche (tranne quando beneficino di bonus fiscali e previdenziali generosamente, talvolta, messi a disposizione dal legislatore), sicchè non c'è un interesse pubblico ad una selezione trasparente e rigorosa.

1 commento:

  1. Troppi giornalisti inadeguati e la crediblità della stampa italiana va a picco.

    RispondiElimina