domenica 5 novembre 2017

I nominati dei sindaci hanno spesso solo la terza media. Il “merito” di avere conoscenze giuste


Lo abbiamo scritto solo l’altro ieri: “Errori nella gestione amministrativa se ne fanno. Spesso, nella gestione del personale. E altrettanto spesso, più che di errori, si tratta di orrori.
Casi di dirigenti divenuti tali senza alcun concorso o senza titolo di studio minimo; attribuzioni di stipendi di categoria superiore senza alcuna procedura e con provvedimenti di organi totalmente incompetenti; direttori generali o capi di gabinetto con la terza media”.

Puntualmente, i fatti di cronaca riportano un altro di questi orrori: l’ex sindaco del comune di Bisceglie ha incaricato per anni un dirigente, ovviamente di propria “fiducia”, prima come vertice di strutture amministrative, pur essendovi all’interno della dotazione organica professionalità qualificate, e poi come capo di gabinetto (figura, lo si ribadisce, di un’inutilità clamorosa), pur disponendo l’interessato solo della terza media.
E’ incredibile quanto diffusi siano i casi di incarichi dirigenziali assegnati “a sentimento” dai sindaci a persone prive di qualsiasi qualificazione, assegnatarie dei rilevanti poteri pubblici connessi alle cariche dirigenziali senza, però, disporre di quel minimo di percorso formativo che è da pretendere allo scopo.
Ma, non da pretendere perché cosi dispone la legge: sarebbe troppo semplice e saprebbe troppo di “burocratico”; sono in tanti subito pronti ad affermare che, in fondo, anche i laureati possono benissimo essere degli asini e che, comunque, nel mitico “privato” si fa così, chi “merita” riceve anche incarichi senza stare attenti al titolo di studio, del quale, per altro, sarebbe opportuno abolire il valore legale.
Affermazioni tutte poco condivisibili, tratte in inganno dall’altrettanto mitologica assimilazione del “pubblico” al “privato”, dalla quale non si riesce a venire fuori. Non riesce ad essere chiaro a chi amministra l’interesse pubblico, che la “fiduciarietà” non deve avere alcuno spazio, se non limitatamente ad incarichi di stretta natura politica. Il sindaco può e deve incaricare sulla base della fiducia personale, delle appartenenze politiche, delle alleanze e delle tessere gli assessori, o i segretari particolari, o gli addetti stampa, o anche gli inutili capi di gabinetto (a condizione che questi siano, però, tenuti lontanissimo dalla gestione).
Meccanismi di condivisione personale delle idee politiche, o amicizie personali, o parentele, o “turno” derivante dal manuale Cancelli, o tessere di partito, o possesso di pacchetto di voti, non possono e non debbono essere presupposto per incarichi pubblici, nei quali si richiedono oltre ad una competenza dimostrabile, visto che ogni scelta della PA deve essere motivata, ma soprattutto autonomia ed imparzialità, come impone la Costituzione.
Una persona dotata solo di terza media, per quanto squisita, per bene, volenterosa, scrupolosa, degna di fiducia, possa essere, non ha neanche lontanamente i requisiti minimi per svolgere gli incarichi con la competenza e l’autonomia che non solo deve possedere, ma deve anche manifestare di possedere.
E’ inconcepibile che non esistano strumenti per impedire alla radice che sindaci possano attribuire incarichi dirigenziali fuori della dotazione organica, prescindendo totalmente dalla valutazione delle capacità degli interni (che, stranamente, non sono mai sufficienti, sono sempre deficitarie…), in più con la beffa dell’assegnazione a persone pochissimo qualificate e formate. Una protervia insopportabile, consentita dalla debolezza estrema dei controlli interni (per non dire dell’inutilità assoluta di controlli interni): i revisori dei conti non controllano nulla, tutti sanno che sottoscrivono relazioni ed atti preparati prima dai servizi finanziari e svogliatamente letti, mentre spessissimo hanno cognizioni solo vaghe dell’organizzazione degli enti locali; molti dirigenti o responsabili di servizio sono soggetti ad incarichi precari e parecchi provengono anch’essi dall’esterno e, dunque, non hanno alcun potere o ragione per impedire modalità di cooptazione delle quali essi stessi hanno fruito; i segretari comunali sono lasciati totalmente soli nel cercare di assicurare quella consulenza giuridico amministrativa finalizzata al rispetto della legalità, che, comunque, spesso nessuno chiede loro e, in ogni caso, sono soggetti ad uno spoil system che li soggioga e li depotenzia. Il segretario comunale è giudicato tanto più “bravo” quanto si disinteressi di evenienze simili, quanto più “lasci passare”, perché bisogna pensare “al risultato”, non si deve “bloccare” con un “atteggiamento solo burocratico”.
L’assenza di controlli esterni, preventivi e di legittimità, rende facilissimo l’abuso che sa di beffa ai cittadini tutti e ai tanti giovani che si impegnano nel laurearsi, come appunto l’incarico dirigenziale a persone con la sola terza media. Uno sberleffo che, ricordiamolo, nel 2014 è stato sostanzialmente reso possibile dalla prima riforma Madia, che all’articolo 90 del d.lgs 267/2000 ha inserito il comma 3-bis, norma della quale nessuno dovrebbe menare vanto: “Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.


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