Testo vigente
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Testo modificato
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Art. 5 (Accesso civico). – 1. L’obbligo
previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni
di pubblicare documenti, informazioni o dati
comporta il diritto
di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata
omessa la loro pubblicazione.
2. La richiesta di accesso civico non
è sottoposta ad alcuna
limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente non
deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della
trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione di cui al comma
1, che si pronuncia sulla stessa.
3. L’amministrazione, entro trenta
giorni, procede alla pubblicazione
nel sito del documento, dell’informazione o del
dato richiesto e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica al medesimo
l’avvenuta pubblicazione, indicando
il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Se il
documento, l’informazione o il dato
richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della
normativa vigente, l’amministrazione
indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale.
4. Nei casi di ritardo
o mancata risposta il richiedente può ricorrere
al titolare del potere sostitutivo di cui all’articolo 2, comma 9-bis della
legge
5. La tutela
del diritto di accesso civico è disciplinata dalle disposizioni di cui al decreto legislativo
6. La richiesta di accesso civico comporta,
da parte del Responsabile
della trasparenza, l’obbligo
di segnalazione di cui
all’articolo 43, comma 5.
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Art. 5 (Dati pubblici aperti e accesso civico) - 1.Allo scopo di favorire forme diffuse di
controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo
delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito
pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati detenuti dalle pubbliche
amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai
sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di
interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti.
2. L’esercizio del
diritto di cui al comma 1 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla
legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico
identifica chiaramente i dati richiesti, non richiede motivazione ed è
trasmessa all’ufficio che detiene i dati. In alternativa, la richiesta può
essere trasmessa all’Ufficio relazioni con il pubblico o ad altro ufficio
indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del
sito istituzionale. Ove l’istanza abbia a oggetto dati oggetto di
pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, l’istanza può
essere altresì presentata al responsabile della prevenzione della corruzione
e della trasparenza. L'istanza può essere trasmessa per via telematica
secondo le modalità previste dal decreto legislativo
3. L’amministrazione
cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti
controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, della legge, è
tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata
con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano
consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione
della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata
opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso
tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata
la ricezione della comunicazione.
5. Nei casi di
diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine
indicato al comma 3, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo
regionale competente ai sensi del Codice del processo amministrativo.
6. Le controversie
relative all'accesso di cui al presente articolo sono disciplinate dal Codice
del processo amministrativo.
7. Nel caso in cui la
richiesta di accesso civico riguardi dati oggetto di pubblicazione
obbligatoria ai sensi del presente decreto, il responsabile della prevenzione
della corruzione e della trasparenza ha l’obbligo di effettuare la
segnalazione di cui all'articolo 43, comma 5.
8. Restano fermi gli
obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché il maggior livello di
tutela degli interessati previsto dal Capo V della legge
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L’accesso civico[1]
consiste in una specifica tutela che la legge intende apprestare ai cittadini, contro
le amministrazioni reticenti alla trasparenza, così da rendere effettiva la
possibilità per chiunque di ottenere le informazioni sull’attività
amministrativa.
Il decreto legislativo di modifica del d.lgs 33/2013, come si nota dal
raffronto testuale sopra, riforma in modo radicale l’istituto dell’accesso
civico.
Nella versione (pre)vigente, l’accesso civico fonda esclusivamente il
diritto di qualsiasi persona ad accedere ai siti delle pubbliche
amministrazioni, organizzati nella sezione “amministrazione trasparente” ed
acquisire tutti i documenti, dati ed informazioni soggetti a pubblicazione
obbligatoria.
Da questo punto di vista, l’accesso civico “vecchia” versione si
distingue profondamente dal diritto di accesso regolato dalla legge 241/1990.
Lo ha spiegato anche l’Anac attraverso alcune sue frequently asked
questions (Faq) o, più italianamente, risposte a domande frequenti:
2.1 Che cos’è l’accesso civico?
Secondo quanto previsto dall’art. 5
del d.lgs. n. 33/2013, l’accesso civico è il diritto di chiunque di richiedere
la pubblicazione di documenti, informazioni o dati per i quali sussistono
specifici obblighi di trasparenza, nei casi in cui sia stata omessa la loro
pubblicazione.
Pertanto, l’accesso civico si
configura come rimedio alla mancata pubblicazione, obbligatoria per legge, di
documenti, informazioni o dati sul sito istituzionale.
Nel caso dell’accesso civico vecchia maniera, invece, non si richiede
alcuna posizione particolare del richiedente; meno che mai occorre un collegamento
tra la sfera di chiede l’accesso civico (meglio sarebbe dire la “tutela
dell’accesso civico”) ed i dati da pubblicare: questi, infatti, debbono essere
pubblicati a prescindere dalla situazione giuridica di qualsiasi singolo
soggetto. L’accesso civico è sostanzialmente solo un rimedio offerto al
pubblico contro l’inadempienza delle pubbliche amministrazioni agli obblighi di
pubblicità imposti dalla legge.
Nella seguente ulteriore Faq, l’Anac spiega ancor meglio, e sempre in
modo sintetico e diretto, la differenza tra i due istituti:
2.6 L’accesso civico di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 e il
diritto di accesso agli atti di cui alla l. n. 241/1990 hanno le medesime
funzioni?
No, si tratta di due istituti
diversi.
L’accesso civico di cui all’art. 5
del d.lgs. n. 33/2013 introduce una legittimazione generalizzata a richiedere
la pubblicazione di documenti, informazioni o dati per i quali sussiste
l’obbligo di pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni ai sensi
della normativa vigente. Secondo quanto previsto dall’art. 3 del d.lgs. n.
33/2013, tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione
obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha
diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e
riutilizzarli.
Il diritto di accesso agli atti di
cui alla legge n. 241/1990, invece, è finalizzato alla protezione di un
interesse giuridico particolare, può essere esercitato solo da soggetti
portatori di tali interessi e ha per oggetto atti e documenti individuati.
Schematizzando, possiamo individuare le differenze tra i due istituti
sulla base della seguente tabella[2]:
diritto di accesso ex art.
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Accesso civico ex art. 5 d.lgs 33/2013
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Oggetto
dell’istanza: solo documenti.
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La
richiesta può riguardare documenti, dati od informazioni da pubblicare
obbligatoriamente.
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Il
diritto ha ad oggetto tutti i documenti rispetto ai quali il richiedente
vanti una posizione giuridica differenziata, rappresentata da un interesse:
-
diretto: la conoscenza e disponibilità del documento è strettamente
riconnessa alla posizione giuridica del richiedente;
-
concreto: si deve trattare di un interesse non meramente potenziale o spinto
dalla mera curiosità o emulativo, ma utilizzabile per la sfera giuridica del
richiedente
-
ed attuale: il diritto di accesso non si concretizza se la posizione
differenziata possa manifestarsi in via solo eventuale e futura.
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Non
riguarda i documenti attinenti alla specifica sfera d’interesse del
richiedente, perché ha ad oggetto documenti, dati od informazioni soggetti a
pubblicazione obbligatoria ai sensi del d.lgs 33/2013.
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Motivazione:
è obbligatoria, per verificare la sussistenza dell’interesse e dei requisiti
di collegamento diretto, concreto ed attuale-
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Motivazione
non è richiesta, perché l’accesso civico è una tutela diretta contro
l’inadempimento agli obblighi di pubblicazione.
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E’
previsto il pagamento del costo di riproduzione e del costo di ricerca e
misura.
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L’accesso
civico è completamente gratuito.
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Il
diritto viene garantito consentendo all’interessato di prendere visione e di
estrarre copia dei documenti amministrativi.
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Viene
soddisfatto mediante pubblicazione del dato mancante nel sito, con l’invio
all’interessato del documento, dato o informazione richiesta, o il link al
portale.
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Il nuovo comma 1 dell’articolo 5, però, cambia notevolmente la portata
dell’istituto dell’accesso civico, avvicinandolo molto di più al diritto di
accesso regolato dall’articolo 22 della legge 241/1990.
Torniamo ad esaminare il contenuto del comma 1, fondamentale per
comprendere la nuova impalcatura dell’accesso civico e disaggreghiamolo per
“capitoli”.
Fini: rispondendo all’intento
di ampliare il diritto di accesso disposto dalla legge 124/2015, il nuovo comma
1 dell’articolo 5 descrive gli scopi ai quali vuol rispondere il nuovo accesso
civico:
a) favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni
istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche;
b) promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
Dunque, l’accesso civico non è più soltanto una forma di tutela avverso
la riottosità delle amministrazioni pubbliche a pubblicare sui portali i dati
che sono obbligate ad inserire nei portali: diviene, invece, uno strumento per
favorire vere e proprie forme di controllo pubblico sul modo col quale le
amministrazioni pubbliche svolgono le proprie funzioni e, allo scopo, spendano
le risorse.
In secondo luogo, l’accesso civico può essere lo strumento col quale i
cittadini o le imprese entrano in contatto con le amministrazioni, per fornire
critiche, suggerimenti e, comunque, far ascoltare la propria voce su tematiche
generali.
Sotto questi aspetti, l’accesso civico mantiene una rilevante differenza
con l’accesso previsto dalla legge 241/1990. Quest’ultimo, infatti, rimane
sempre un diritto che riguarda la specifica sfera giuridica di un singolo
soggetto, che accede a quegli specifici documenti amministrativi direttamente
collegati ad essa, sicchè, come da sempre indica la giurisprudenza
amministrativa pacifica, il diritto di accesso di cui all’articolo 22 della
legge 241/1990 non è funzionale ad un controllo generalizzato dell’attività
amministrativa o alla mera curiosità.
Al contrario, l’accesso civico è previsto esattamente allo scopo di
consentire a chiunque, non a soggetti specifici, di esercitare proprio un
controllo diffuso sull’azione amministrativa, specificamente rivolto alla
verifica dell’efficienza e della correttezza nella gestione delle risorse.
Soggetti legittimati. chiunque
ha diritto di accedere. Nel diritto di accesso secondo la legge 241/1990 accede
solo chi dispone della posizione differenziata che lo collega ai documenti.
Nell’accesso civico il diritto spetta a qualsiasi persona, senza nessuno
specifico requisito soggettivo. Per iperbole, poiché può accedere chiunque,
questo chiunque potrebbe anche essere un alieno, capace con gli strumenti
extraterrestri di mettersi in contatto con una pubblica amministrazione.
Oggetto. L’accesso civico ha
per oggetto:
1.
i dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori
2.
rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del
presente decreto.
E’ qui che si marca la principale differenza con l’accesso civico
regolato di cui al (pre)vigente testo dell’articolo 5, comma 1, del d.lgs
33/2013.
Come più volte ribadito prima, nella stesura originale del d.lgs 33/2013
a ben vedere l’accesso civico altro non era se non uno strumento per chiedere
alle amministrazioni di rimediare alla mancata pubblicazione obbligatoria di
documenti, dati o informazioni.
L’oggetto del nuovo accesso civico mantiene questo contenuto iniziale, al
quale, però, si aggiunge anche la possibilità di accedere a dati ulteriori e
diversi da quelli oggetto delle pubblicazioni obbligatorie.
Mentre, dunque, l’accesso civico nella sua versione originaria aveva un
oggetto definibile, cioè le pubblicazioni obbligatorie, il nuovo accesso civico
ha un oggetto non più definibile, perché può riguardare tutti i dati detenuti
dalle amministrazioni pubbliche, diversi da quelli oggetto di pubblicazione
obbligatoria.
Quindi, “chiunque” potrà chiedere alle amministrazioni accedere a dati in
suo possesso, imponendo alle amministrazioni un’attività ben più gravosa di
quella connessa all’adempimento agli obblighi di pubblicazione.
Infatti, nel caso di accesso civico “vecchia maniera”, l’amministrazione
deve solo accertare di aver effettivamente omesso la pubblicazione obbligatoria
di un certo dato, documento o informazione, effettuare la pubblicazione e
comunicare il dato al richiedente.
Laddove, invece, l’istanza di accesso civico riguardi dati ulteriori e
diversi da quelli soggetti a pubblicazione obbligatoria, occorrerà un’attività
simile a quella che si realizza per soddisfare il diritto di accesso di cui
all’articolo 22 della legge 241/1990: accedere alle banche dati, reperire il
dato, anche eventualmente elaborarlo in forma intellegibile e metterlo a
disposizione del richiedente, ma non pubblicarlo sul sito.
L’essenza dell’accesso civico ristrutturato dall’intervento di riforma è
stato egregiamente sintetizzato in dottrina[3]: “Il nuovo provvedimento sovverte l’attuale
impostazione normativa in tema di trasparenza sotto un duplice profilo.
Innanzitutto, riconosce al cittadino un vero e proprio diritto alla richiesta
di atti inerenti alle pubbliche amministrazioni, a qualunque fine e senza
necessità di motivazioni: dunque, la disclosure non è più limitata a quelle
informazioni riguardo alle quali egli sia titolare di un interesse specifico e
qualificato (“diretto, concreto e attuale”) idoneo a “motivare” la sua istanza
di accesso, come disposto dalla legge sul procedimento amministrativo (l.
241/90). In secondo luogo, il decreto in discorso aggiunge alla preesistente
trasparenza di tipo “proattivo”, ossia realizzata mediante la pubblicazione
obbligatoria sui siti web di determinati enti dei dati e delle notizie indicati
dalla legge (d.lgs. 33/2013), una trasparenza di tipo “reattivo”, cioè in
risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati. Il passaggio
dal “need to know” al “right to know”
rappresenta per l’ordinamento nazionale una sorta di rivoluzione: ci si
aspetterebbe, dunque, finalmente, un’amministrazione trasparente come la “casa
di vetro” immaginata dall’onorevole Turati all’inizio del secolo scorso”.
Limiti. Il comma 1 del nuovo
articoli 5 chiude indicando che l’accesso civico viene assicurato nel rispetto
dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente
rilevanti.
In sostanza, solo interessi pubblici, come ad esempio il segreto di
Stato, possono impedire l’esercizio dell’accesso civico; o, nel caso di
interessi privati, la riservatezza o segreti industriali.
L’indicazione dei limiti appare eccessivamente generica ed imprecisa.
Questo pone da subito problemi operativi di non poco conto, perché non è facile
comprendere la geometria della linea di confine tra il diritto di accesso
civico e gli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti.
La presenza di questi limiti deve condurre alla conclusione che l’accesso
civico nella sua nuova versione non sia esattamente così illimitatamente
esteso, come può apparire in prima impressione.
C’è, però, da chiedersi se davvero i limiti all’accesso civico siano solo
quelli concernenti gli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti.
Torniamo alla lettura del comma 1 dell’articolo 5: esso finalizza
l’accesso civico alla realizzazione di forme pubbliche di “controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e
sull'utilizzo delle risorse pubbliche”.
Posto così chiaramente il fine dell’istituto, pare lecito chiedersi se possano
essere considerate accoglibili domande di accesso civico non palesemente
rivolte al controllo dei due ambiti di materie indicate dal legislatore, ma
aventi fini manifestamente emulativi.
Alla domanda pare necessario fornire una risposta negativa. L’accesso
civico riformato non consente un accesso per mera curiosità.
Tuttavia, sarà molto difficile per le amministrazioni opporre un diniego
ad istanze solo emulative per la semplice ragione che l’accesso civico
continuerà, come prima, a non essere subordinato ad una specifica motivazione
del richiedente. Dalla motivazione è possibile far conseguire una delibazione
rispetto all’idoneità dell’istanza al perseguimento dei fini enunciati dalla
legge. In assenza di motivazione, un diniego apparirebbe arbitrario.
Il problema consiste soprattutto nel far fronte ad istanza che richiedono
enormi mole di dati: per esempio, cosa per nulla infrequente negli enti locali,
tutte le registrazioni del protocollo degli ultimi 5 anni, oppure tutte le
dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro dei disoccupati in un arco
di 3 anni. La quantità di dati risulterebbe elevatissima. Ma, dati come quelli
esemplificati possono considerarsi realmente funzionali al controllo
sull’espletamento delle funzioni pubbliche e delle modalità della spesa? Pare
proprio di no, eppure i margini per un diniego legittimi non sono chiari e si
rischia seriamente di innescare un contenzioso infinito, che consegni alla
giurisprudenza amministrativa il compito di completare per via pretoria una disciplina
che appare piuttosto lacunosa.
(continua)
[1] Per
un approfondimento: F. Bilardo, ““Accesso
civico”: il vero cavallo di Troia delle p.a. ….” In La Settimana degli Enti
Locali n. 10/2014, ed Maggioli.
[2] Si
veda S. Biancardi, “Accesso civico: trasparenza totale” in La Settimana degli Enti
Locali, n. 17/2013, ed. Maggioli.
[3] V.
Azzollini, “FOIA ITALIANO: SOLO UNA “FARSA”?”, in www.leoniblog.it.
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