Tra le varie componenti della
riforma Madia, la riformulazione dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001 appare
quella più impattante.
In molti stanno sottovalutando la
portata della norma, spesso considerata come una riscrittura dei preesistenti
obblighi di programmare le assunzioni, sulla base di una spesa per dotazione
organica, ritenendo equivalente all’ante riforma la circostanza che la
dotazione organica medesima sia evidenziata a valle piuttosto che a monte della
programmazione.
A meglio vedere, non si tratta di
una riforma solo nominalistica degli stessi strumenti. La novellazione
dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001 cambia molto, se non tutto. Con l’efftto,
certamente voluto, di imbrigliare a regime l’autonomia delle amministrazioni
nelle assunzione, chiudendo moltissimi degli spazi fino alla riforma
potenzialmente aperti.
Le rilevantissime modifiche al
sistema che tutti conoscono stanno tutte nell’ultimo periodo del comma 2
dell’articolo 6, ove si dispone: “Il piano triennale indica le risorse
finanziarie destinate all'attuazione del piano, nei limiti delle risorse
quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle
connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente”.
Ciò significa che una volta
entrato in vigore il sistema (occorre attendere i 90 giorni del termine
ordinatorio concesso dal d.lgs 75/2017 al Dipartimento della funzione pubblica
per emanare le linee di indirizzo attuative della programmazione dei
fabbisogni), non sarà più possibile programmare le assunzioni sulla base della
dotazione organica.
Cerchiamo di essere più chiari,
richiamandoci alle abitudini operative vigenti. Fin qui la programmazione è
stata effettuata (forse non del tutto correttamente) in funzione della
dotazione organica: ponendo che la dotazione preveda 100 dipendenti, dei quali
in servizio 70, la programmazione altro non era se non le modalità di copertura
dei 30 posti vacanti, influenzate ovviamente dai vari tetti al turn over
vigenti di volta in volta.
Non a caso si trattava di una
pura e semplice programmazione delle assunzioni: dato per assodato che gli enti
dovessero attenersi alle indicazioni della dotazione organica, i suoi vuoi sono
la guida per programmare le assunzioni. E’, inoltre, evidente che poiché nella
maggior parte dei casi le dotazioni sono ancora figlie di stime molto risalenti
nel tempo, connesse ad altri metodi di lavoro e produzione e ad altre
disponibilità di risorse, l’assottigliarsi di queste e soprattutto i blocchi
delle assunzioni e delle spese hanno fatto sì che in generale quasi in tutti
gli enti la dotazione organica “di fatto”, cioè i dipendenti effettivamente in
ruolo, sia molto inferiore a quella di diritto, approvata con gli atti organizzativi
degli enti. Pertanto, ben difficilmente la programmazione delle assunzioni può
evidenziare situazioni di eccedenza del personale, tali da far scattare la
procedura prevista dall’articolo 33 del d.lgs 165/2001.
La programmazione dei fabbisogni
regolata dalla riforma è un meccanismo completamente diverso.
Il piano triennale dei fabbisogni
si articola in altro modo, come si legge sempre nel comma 2 dell’articolo 6: “le
amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di
personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della
performance, nonché con le linee di indirizzo emanate ai sensi dell'articolo
6-ter. Qualora siano individuate eccedenze di personale, si applica l'articolo
33. Nell'ambito del piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale
distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei
processi di mobilità e di reclutamento del personale, anche con riferimento
alle unità di cui all'articolo 35, comma 2. Il piano triennale indica le
risorse finanziari”.
Dunque, occorre:
1)
definire le attività amministrative da svolgere nell’arco di
tre anni (il piano è scorrevole: il primo anno è quello finanziario ed ogni
anno va aggiornato; conoscere le attività amministrative da gestire è fondamentale
per poter tarare il personale necessario; ed è con la pianificazione triennale
che si attivano gli indirizzi per il ciclo della valutazione degli obiettivi;
2)
adottare il piano triennale coerentemente con la definizione
delle attività pluriennali; queste attività andranno distinte in attività da
rendere in modo continuativo e, dunque, da soddisfare con contratti di lavoro a
tempo indeterminato e attività, invece, connesse ad esigenze di carattere
esclusivamente temporaneo o eccezionale, come previsto dall’articolo 36, comma
2, del d.lgs 165/2001;
3)
dimostrare, nei fatti, che per quelle attività programmate è
effettivamente necessaria la presenza in servizio di quella quantità e qualità
di personale; sostanzialmente, ogni anno il piano triennale deve spiegare
perché non si attiva l’articolo 33 del d.lgs 165/2001.
Nel regime vigente, vale
l’inversione della prova: a dotazione organica data, sempre maggiore del
plafond dei dipendenti in servizio, si deve dimostrare che nonostante i vuoi
della dotazione stessa vi siano i presupposti per l’eccedentarietà del
personale. Nel nuovo sistema, è la pianificazione a dover dimostrare, anno per
anno, che effettivamente il personale è necessario per l’esercizio delle
attività di istituto.
Proprio perché è una valutazione
costantemente aggiornata di anno in anno, essa può modificarsi nel tempo.
L’evoluzione tecnologica, per esempio, può evidenziare che una certa attività
non debba più essere svolta con la medesima provvista di personale, magari
sostituibile con processi lavorativi telematici; allo stesso modo, una medesima
attività lavorativa può essere spinta dal progresso operativo e formativo a
richiedere un profilo professionale diverso da quello precedente, che potrebbe
risultare necessario sopprimere.
Quindi, nel nuovo sistema la dotazione organica
cessa di avere la centralità attualmente prevista.
Infatti, il comma 3 dell’articolo
6 novellato del d.lgs 165/2001 dispone: “In sede di definizione del piano di
cui al comma 2, ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione
organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati e
secondo le linee di indirizzo di cui all'articolo 6-ter, nell'ambito del
potenziale limite finanziario massimo della medesima e di quanto previsto
dall'articolo 2, comma 10-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, garantendo la
neutralità finanziaria della rimodulazione. Resta fermo che la copertura dei
posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione
vigente”.
Quindi, se oggi i fabbisogni sono
funzionali alla dotazione organica e di fatto finiscono per coincidere con i
suoi posti vacanti, domani sarà vero il contrario: la dotazione organica si
costruisce a valle della pianificazione dei fabbisogni. Concretamente, la
dotazione organica altro non sarà se non una fotografia del personale in
servizio, anche se ogni anno si dovrà scattarla nuovamente, perché sul piano
qualitativo e quantitativo qualche figura presente nell’immagine potrà
modificarsi, sparire o aggiungersi.
Allora, tornando a quanto dispone
l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001, in estrema
sintesi, invece della dotazione organica in futuro avremo una pianificazione
basata su due grandezze:
1)
il personale in servizio, connesso dalla pianificazione alle
funzioni ed attività da svolgere (in sostanza si tratta della “vecchia”
dotazione di fatto);
2)
gli spazi assunzionali utilizzabili se la pianificazione
triennale evidenzia necessità lavorative che richiedano un maggiore apporto di
personale, da dimostrare compiutamente anno per anno.
Il sistema, come rilevato prima,
quindi nel lungo periodo finisce per fotografare la consistenza del personale
in servizio; di fatto, potrebbero non essere più necessari tetti al turn over
in futuro, perché gli spazi per completare la dotazione organica saranno legati
solo a regole che definiscano la spesa di volta in volta consentita per
assumere qualche dipendente in più, sempre che la pianificazione triennale dei
fabbisogni dimostri realmente che sia necessario.
Allo scopo, occorre una
profondità di analisi notevole. Non basta certamente affermare in termini
genericin ed indimostrati che per un certo servizio servano 5 dipendenti.
Proprio la connessione stretta tra pianificazione e pianificazione dei
risultati ci chiarisce che le amministrazioni dovranno ragionale per “prodotti”
delle attività da svolgere. Per ciascuno di questi prodotti si dovrà conoscere
il necessario input di risorse umane in termini di:
a)
qualità: cioè valutazione della competenza necessaria, da
tradurre in profilo professionale;
b)
quantità: ore di lavoro necessarie per garantire, nell’anno,
lo standard di produzione da definire.
Facciamo un esempio pratico. Per
classificare 1000 alberghi, l’ente preposto deve sapere che:
a)
occorre un funzionario che organizzi il lavoro, gestisca il
personale, si prenda cura delle istruzioni operative, dello studio delle norme,
della cura di alcune pratiche con i comuni e i Suap, del contenzioso; essendo
dedicato a tempo pieno a tali attività, si possono prevedere 1720 ore lavoro;
b)
per ogni classificazione, che richiede lo studio preliminare
delle istanze, delle planimetrie e l’uscita nelle strutture, nonché la
formulazione della proposta, occorrono, in media 4 ore (molte delle quali
dedicate alla visita ispettiva; si teatta di 4 ore medie, perché le dimensioni
delle strutture sono ovviamente mutevoli);
c)
essendo 1000 le strutture da classificare, il fabbisogno
orario è di 4000 ore, che corrispondono a 2,5 unità lavorative equivalenti, che
è opportuno far salire a tre, considerando che le 1720 ore sono disponibili
solo in astratto, ma occorre ridurle a 1500 annue, a causa di assenze per
permessi, malattie ed altre cause.
Per ogni ufficio e servizio
occorrerà ragionare in questi termini e costruire, così, dal basso i fabbisogni
delle attività, per giungere alla pianificazione triennale complessiva.
E’ evidente che vi sono servizi
per i quali simili operazioni risulteranno molto più difficili: si pensi, ad
esempio, ai servizi sociali dove determinare un “prodotto” ed uno standard
operativo appare difficile, anche se si possono prendere a riferimento per
alcune attività (come colloqui di orientamento) i livelli essenziali delle
prestazioni definiti dalle regioni nei progetti finanziari col Fase.
Altrettanto chiaro è che per
giungere alla definizione accurata dei fabbisogni, così costruiti, occorreranno
anni: si spera che le linee di indirizzo della Funzione Pubblica possano
accelerare e rendere trasparente il processo nel suo insieme.
Andiamo, però, alle incongruenze
ed ai problemi che, immancabilmente, le riforme producono.
Leggiamo cosa prevede l’articolo
110, comma 1, del d.gls 267/2000: “Lo statuto può prevedere che la copertura
dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche
dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a
tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi
attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non
superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della
medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. […]”.
E leggiamo il secondo comma: “Il
regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è
prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui
possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica,
contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi
restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti
sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del
totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e
comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le
modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione
organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno
dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o
funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la
qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente
non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente
arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una
dotazione organica inferiore alle 20 unità”.
Le due disposizioni non risulteranno più
coordinabili con la sostanziale coincidenza della dotazione organica con il
personale in servizio, perché:
1)
il comma 1 dell’articolo 110 è un sistema per coprire, sia
pure a tempo determinato, posti vacanti della dotazione organica; ma, il nuovo
sistema annulla l’esistenza di posti vacanti della dotazione e consente solo di
assumere nei limiti degli spazi finanziari previsti di volta in volta dalle
regole sulle assunzioni. Poiché la percentuale di zero dà come risultato zero,
sembra necessario dover concludere che le assunzioni di dirigenti a contratto
potranno avvenire solo entro gli spazi assunzionali, purchè i fabbisogni lo
prevedano (ma, poi, su questo si ritornerà);
2)
il comma 2 è un sistema per avvalersi di dirigenti da
incaricare in servizi non gestiti in via ordinaria; ma anche in questo caso la
percentuale di una dotazione che non esiste come risultato dà zero; si deve
concludere che, quindi, non esisterà più la fattispecie dei dipendenti
assumibili a contratto “extra dotazione”, ma solo per fabbisogni temporanei,
finanziabili con le risorse a questo scopo destinate attualmente dall’articolo
9, comma 28, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010.
Torniamo, come preannunciato,
alla possibilità di assumere dirigenti o funzionari a contratto. Se è corretto,
come appare, condizionare l’applicazione dell’articolo 110 alla pianificazione
triennale dei fabbisogni, appare piuttosto difficile coprire un fabbisogno solo
a tempo determinato, se esso è stabile. Una pianificazione corretta e seria dei
fabbisogni ordinari, richiede l’assunzione in ruolo e non un rimedio temporaneo
come un contratto a tempo determinato.
In realtà, nell’attuale sistema
basato sulla dotazione organica, l’articolo 110 del Tuel, come l’articolo 19,
comma 6, del d.lgs 165/2001, intende essere un rimedio all’assenza nella
provvista di personale presente nella dotazione organica di professionalità
effettivamente necessarie per la direzione di una certa struttura o per l’alta
professionalità da svolgere. Laddove l’organizzazione del personale si fondi su
uno schema astratto e statico, come i posti della dotazione organica dando per
scontato che essa comunque non sia mai totalmente coperta, può anche essere
giustificabile una sua copertura temporanea con un incarico a contratto che
rimedi alla carenza di professionalità nei dirigenti in ruolo.
Ma, il nuovo sistema della
pianificazione triennale, partendo dall’assunto che nella provvista di
personale in servizio manchi davvero la professionalità richiesta, la
programmazione dovrebbe necessariamente giungere alla sua attuazione mediane
una copertura stabile del fabbisogno.
L’articolo 110, comma 1, insomma,
perde la già ben poca coerenza con l’attuale sistema, una volta che si ragioni
per fabbisogni e non per dotazioni organiche staticamente predisposte.
A meno che il legislatore non
comprenda la necessità di un intervento normativo di coordinamento estremamente
urgente, si apriranno spazi enormi a nuovi contenziosi e questioni
interpretative infiniti.
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