Pagine

sabato 21 ottobre 2017

Alcuni casi pratici relativi al personale: comma 557, indennità ad personam e mobilità


Come si consumano gli spazi assunzionali


Anno 2016
Spazi 2012         16000
Spazi 2013           8000
Spazi 2014         10000 sub tot 34000
cessazioni 2015 20000
Totale somme attivabili per assumere 54.000

Costo medio annuo di dipendente enti locali 28000
Numero assunzioni fattibili nel 2016= 1,93

Come assumere l'impegno di spesa?
Principio contabile 4/2, 5.1: L’impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale viene registrata nelle scritture contabili la spesa conseguente ad una obbligazione giuridicamente perfezionata

Quando si perfeziona l'obbligazione? Con la stipulazione del contratto.

Il bando costituisce fonte per l'impegno? No: per la sola prenotazione della spesa.

Principio contabile 4/2, 5.1: Alla fine dell’esercizio, le prenotazioni alle quali non hanno fatto seguito obbligazioni giuridicamente perfezionate e scadute sono cancellate quali economie di bilancio.

Se entro il 31.12.2016 è stato stipulato un contrato per un solo lavoratore, per 28.000 euro, che
succede?
Imputando i 28.000 euro agli spazi del triennio 2012-2014, restano disponibili
6.000 del triennio (dell'anno 2014) + 20.000 del 2015.

Dunque, nel 2017 avremmo questa ipotetica situazione

Spazi 2012                 0 (utilizzati e comunque scaduti)
Spazi 2013                 0 (utilizzati)
Spazi 2014           6000
Spazi 2015         20000
cessazioni 2016 16000
Totale somme attivabili per assumere 42.000
Numero assunzioni fattibili nel 2017= 1,50

Se entro il 31.12.2016 non è stato stipulato un contratto per un solo lavoratore, per 28.000 euro, che
succede?
Lo spazio del 2012, non essendo stata impegnata la spesa, si perde e non concorre alla
determinazione dell'ammontare utile per le assunzioni del 2017, che sarà il seguente:
 
Spazi 2012                 0 (non utilizzati e comunque scaduti)
Spazi 2013           8000
Spazi 2014         10000
Spazi 2015         20000
cessazioni 2016 16000
Totale somme attivabili per assumere         54.000
Numero assunzioni fattibili nel 2017= 1,93
 
Se ammettessimo la spendibilità nel 2017 di somme solo "prenotate" con l'avvio della
procedura concorsuale, non seguita da stipulazione nel contratto nel 2016, la situazione
sarebbe questa
 
Spazi 2012         16000
Spazi 2013           8000
Spazi 2014         10000
Spazi 2015         20000
cessazioni 2016 16000
Totale somme attivabili per assumere 70.000
Numero assunzioni fattibili nel 2017=   2,50

Come si nota, il trascinamento del 2012 al 2017 produce l'effetto di consentire due assunzioni a tempo pieno e una a part time 50%, mentre invece gli spazi assunzionali, non essendo un residuo contabile, bensì una mera autorizzazione ad una spesa per annualità (sostanzialmente di cassa), in realtà permetterebbero una sola assunzione a tempo pieno ed una part time 93%.

Spetta l’indennità ad personam ad un dipendente impiegato col comma 557?

L’ipotesi data è questa: un dipendente, responsabile di servizio, assunto mediante articolo 110, comma 1, nell’ente A, viene chiamato a prestare servizio nell’ente B, in applicazione del (micidiale) articolo 1, comma 557, della legge 311/2004.
Laddove a quel dipendente l’ente A abbia attribuito l’indennità ad personam prevista dall’articolo 110, comma 3, del d.lgs 267/2000, tale indennità spetta anche presso l’ente B?
Leggiamo il comma 3 dell’articolo 110: “I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale”.
Il soggetto del comma 3 sono “i contratti di cui ai precedenti commi”: sono tali contratti per i quali il secondo periodo del comma 3 disciplina il trattamento economico, ammettendo l’ipotesi di un’indennità ad personam.
Dunque, il sillogismo logico è semplicissimo: se l’indennità ad personam è ammessa solo per “i contratti di cui ai precedenti commi” e detti contratti sono necessariamente e solo i contratti attivabili ai sensi dell’articolo 110, commi 1 o 2, del d.lgs 267/2000, ciò significa che per qualsiasi contratto diverso da quelli di cui ai commi 1 e 2 del d.lgs 267/2000 l’indennità ad personam non è ammessa. Poiché l’assunzione ai sensi dell’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004 è istituto diverso dall’assunzione ai sensi dell’articolo 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000, all’ipotesi di assunzione ex articoli 1, comma 557, non può applicarsi la disciplina del comma 3 dell’articolo 110, riservata ai soli contratti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 110.
In contrario, non vale a nulla osservare che il dipendente incaricato ai sensi dell’articolo 1, comma 557, conduca con l’ente A un incarico ai sensi dell’articolo 110, comma 1: quell’incarico vale esclusivamente tra le parti e non influisce minimamente nel rapporto con l’ente B, rapporto totalmente autonomo e separato da quello tra dipendente ed ente A. Infatti, non si deve dimenticare che l’articolo 1, comma 557, non pone in essere nessun’ipotesi di convenzione di servizi tra enti, per l’utilizzo congiunto di uffici o di dipendenti; queste ipotesi sono regolate da altre norme: l’articolo 30 del d.lgs 267/2000 e l’articolo 14 del Ccnl 22.2.2004. Il comma 557 si limita a consentire ad un dipendente persona fisica di condurre un ulteriore rapporto di lavoro con un ente di popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, previa semplice autorizzazione dell’ente con cui conduce il rapporto di lavoro principale. Quindi, anche se il dipendente con l’ente A sia assunto ex articolo 110 e disponga dell’indennità ad personam, la totale autonomia dell’ipotesi del comma 557 non attribuisce al dipendente alcun diritto di pretendere nell’ente B un trattamento discendente dall’autonomo rapporto con l’ente A, soprattutto perché la fonte del rapporto con l’ente B non è l’articolo 110.

Quando può essere attività l’indennità ad personam di cui all’articolo 110 del d.lgs 267/2000

L’assegnazione dell’indennità ad personam è un’opportunità, che va però gestita con estrema attenzione e prudenza, perché è facile determinare danno erariale ed incorrere nel reato di abuso d’ufficio, per ingiusto vantaggio patrimoniale altrui.
L’articolo 110, comma 3, consente l’indennità ad personam “commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali”.
I presupposti sono, quindi 3:
1) la specifica qualificazione professionale e culturale;
2) la considerazione della temporaneità del rapporto;
3) la considerazione delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali.
Andiamo al primo presupposto, la specifica qualificazione professionale e culturale. Come rilevarla e renderle merito?
Per attivare in maniera credibile l’indennità ad personam, la qualificazione professionale non può che essere in modo evidente superiore a quella “di base” necessaria per accedere ad un incarico a contratto. E’ l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 (che per espressa previsione del suo comma 6-ter, si applica direttamente agli enti locali) ad indicarci i requisiti professionali e culturali minimi necessari per conferire incarichi a contratto, distinti in tre macro tipologie:
1) persone che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;
2) persone che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza;
3) persone che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato
In assenza di requisiti soggettivi come quelli evidenziati sopra, nessuno può legittimamente ricevere un incarico a contratto ai sensi dell’articolo 110.
Ammettendo che l’incaricato disponga di questi requisiti, l’indennità ad personam potrebbe iniziare ad ammettersi qualora la “specifica qualificazione professionale” denoti addirittura un quid pluris rispetto alle già elevate e particolari professionalità imposte dalla norma.
Decisiva, però, è la considerazione della temporaneità del rapporto. L’indennità ad personam, in sostanza, vorrebbe compensare la precarietà del contratto, che in qualche misura scalfisce la professionalità messa in campo. L’ordinamento degli enti locali propone una norma che viene invocata da molti come regola generale per il tempo determinato: che costi di più, come tutela indiretta nel mercato del lavoro a favore dei precari. E’ singolare che questa tutela sia segmentata per il solo ordinamento degli enti locali e, soprattutto, per incarichi di elevato profilo professionale. Ma è davvero paradossale che possa parlarsi di “temporaneità” di incarichi, se questi sono conferiti a persone che conducono già con l’amministrazione pubblica altri rapporti di lavoro. Attribuire un’indennità ad personam, ad esempio, ad chi già dipenda dall’ente e venga beneficiato di una sorta di progressione verticale grazie all’articolo 110, ben consci che temporaneo è solo l’incarico, ma non il rapporto con l’ente, è davvero oltre l’elusione della legge.
Dovrebbe, quindi, risultare chiaro che il requisito della temporaneità può emergere solo quando chiamato a svolgere l’incarico dirigenziale sia un professionista esterno, che non conduca già con la pubblica amministrazione nessun altro rapporto di lavoro.
Questo è utile, allora, per comprendere il terzo presupposto, riferito alle “condizioni di mercato”: dette condizioni possono emergere solo per chi operi nel mercato, dunque professionisti esterni, e non certo per dipendenti pubblici, che sono lavoratori subordinati, come tali indubbiamente impossibilitati ad operare nel mercato.

La mobilità, se l’ente di destinazione non formalizza l’immissione in ruolo, si perfeziona?

Il problema discende dall’errore in cui incorrono la gran parte degli interpreti e l’unanime giurisprudenza: ritenere che la mobilità sia in tutto e per tutto una cessione di contratto, regolata dal codice civile, invece di prendere atto che si tratta di un autonomo istituto di diritto pubblico, volto a regolare una speciale procedura di reclutamento ristretta ai dipendenti della PA, avente alcune analogie, ma solo analogie, con la cessione del contratto.
Tra queste analogie, la necessità del consenso tra tre parti interessate:
- l’ente di provenienza, assimilabile al contraente ceduto;
- il dipendente, assimilabile al contraente cedente;
- l’ente di destinazione, assimilabile al contraente cessionario.
E’ evidente che il passaggio diretto del dipendente dall’ente di provenienza all’ente di destinazione richiede, necessariamente, che l’ente di destinazione ed il dipendente formalizzino un incontro di volontà; quell’incontro di volontà che altro non è se non un contratto di lavoro, sicchè, contrariamente alla vulgata, poiché la mobilità è solo una procedura di reclutamento e non una cessione di contratto, è il contratto di lavoro la fonte dell’instaurazione del rapporto tra dipendente ed ente di provenienza.
Ma, tale contratto (la cui stipulazione è da considerare necessaria, oltre che opportuna; ma, quanto meno, occorre che l’ente di destinazione formalizzi in qualche modo l’iscrizione del dipendente nel proprio ruolo o, sempre come elemento minimo e probabilmente insufficiente, inserisca nel sistema informativo la comunicazione obbligatoria) non è efficace nei confronti del comune di provenienza, se questo non esprime (tramite il dirigente o responsabile di servizio competente: è un atto di gestione del rapporto di lavoro, né giunta, né sindaco, né consiglio sono competenti) il proprio assenso (spesso definito “nulla osta”), il negozio non produce effetti.
L’assenso deve essere espresso su un incontro di volontà definito tra dipendente cedente ed amministrazione cessionaria. Esprimere un “nulla osta preventivo” è del tutto privo di senso, perché si evidenzia un chiaro vizio della volontà: viene espresso su un negozio del quale non si conosce alcun contenuto, sicchè, sul piano amministrativo, risulta del tutto immotivabile, mentre sul piano civilistico si evidenzia l’assenza di informazioni sull’oggetto del consenso.
Ancor più erroneo è un “nulla osta preventivo provvisorio o condizionato”, atto che equivale al nulla.
Del tutto improprie, anzi illecite, dunque, sono le richieste contenute nei bandi di mobilità volte ad imporre ai dipendenti di presentare con la domanda l’atto di nulla osta già ottenuto.
In ogni caso, se comunque per qualsiasi ragione anche laddove il dipendente abbia superato la “selezione” svolta dall’ente di destinazione con un nulla osta già disponibile, ma l’ente di destinazione non abbia stipulato il contratto di lavoro o comunque formalizzato l’immissione nei ruoli del dipendente, manca in ogni caso l’incontro di volontà tra cedente e cessionario. Quindi, la mobilità non si è mai realizzata, anche se vi sia stato il nulla osta ed il dipendente abbia, nelle more dell’accertamento della mancata formalizzazione dell’immissione in ruolo o della (auspicabile) stipulazione del contratto di lavoro, prestato per qualche tempo servizio presso l’ente di destinazione. Il rapporto del dipendente prosegue intatto con l’ente di provenienza, che potrà regolare con quello di (mancata) destinazione le spettanze economiche eventualmente derivanti dalla prestazione lavorativa erroneamente indotto nel lasso di tempo nel quale eventualmente il dipendente abbia prestato senza titolo servizio presso l’ente di (mancata) destinazione.

2 commenti:

  1. In tema di mobilità del personale dirigenziale degli enti locali c'è chi mette in discussione la validità del preavviso sostitutivo del nulla osta come disposto dall'articolo. 16 del CCNL 23/12/1999 sulla scorta di una nota "non pare" riportata sulla raccolta dei contratti curata dall'Aran. Fino a che non avremo norme chiare che favoriscono lo spoil system la mobilitàndei dirigenti resterà un'utopia

    RispondiElimina