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domenica 8 ottobre 2017

Caravaggio: mostra a Milano, Palazzo Reale. Analisi breve di alcuni capolavori in esposizione - 1^ parte

La mostra "Dentro Caravaggio" a Milano fino al gennaio 2018 è l'occasione per vedere da vicino tutte insieme una ventina di capolavori del grande pittore. Simile concentrazione di opere è evento raro (accadde a Roma nel 2010), perchè a causa di una serie di vicende molte hanno subito una "migrazione" anche all'estero. Nella stessa Roma, luogo nel quale sono presenti la maggior parte dei dipinti, non è facile vederli tutti in una stessa giornata, essendo distribuiti tra Musei Vaticani, Palazzo Barberini, Galleria Borghese, S. Luigi dei francesi, S. Agostino, S. Maria del Popolo, Musei civici.
La mostra a Milano propone dipinti che vanno dagli inizi dell'avventura artistica di Michelangelo Merisi, sino alla conclusione con Il martirio di S. Orsola.
Vediamo in ordine cronologico alcuni dei dipinti in esposizione.


1. Fanciullo morso da un ramarro, 1594-95 olio su tela – Fondazione Longhi Firenze

da arteworld.it

Dell'opera ne esistono due versioni. A sinistra quella conservata alla National Gallery di Londra; a destra, quella della Fondazione Longhi a Firenze.
L'opera pone, in primo luogo, problemi di datazione per capire quale delle due versioni sia la prima e quale la seconda. Sulla questione non v'è concordia tra gli studiosi. Molti pensano che quella più antica sia l'opera conservata a Londra.Graham Dixon, ad esempio, ritiene l'opposto.
Di certo, la versione della National Gallery appare più raffinata, con un tratto più fluido, il che potrebbe lasciar propendere per una versione successiva a quella più "nervosa" di Firenze.
Chi è il Caravaggio che tra il 1594 e il 1595 dipinge l'opera? E, soprattutto, dove la realizza?
La scarsezza di documenti, non consente di dare assolutamente per certo che il Merisi si trovasse e dipingesse in modo fisso a Roma tra la seconda metà del 1592 (ultimo riferimento certo della sua presenza a Milano) e il 1596.
Tuttavia, la gran parte degli esperti concorda che il Merisi fosse presente a Roma in quei primi anni della sua carriera di pittore, tra stenti (era stato in affitto da Pandolfo Pucci da Recanati, da lui soprannominato monsignor Insalata, perchè quello ere l'unico pasto serale che gli garantiva) e tentativi di trovare atelier che lo potessero lanciare nel mercato: il Merisi ebbe esperienze da Antiveduto Gramatica e, soprattutto, da Giuseppe Cesari, noto come Cavalier d'Arpino.
Caravaggio sta tentando di trovare la sua strada e il suo mercato. Nei primi anni a Roma e, in particolare, mentre lavorava nella bottega di Giuseppe Cesari, il Merisi si lagnava di essere messo all'opera prevalentemente per decorazioni di fiori e frutti, come racconta il Bellori nella sua "Le vite de' pittori, scultori e architetti moderni", ove è presente un passaggio illuminante proprio per il quadro in esame. Racconta, il Bellori, che Caravaggio "andò a servire il Cavalier Giuseppe Cesari d'Arpino, da cui fu applicato a dipinger fiori e frutti sì bene contrafatti che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza che tutto oggi diletta. Dipinse una caraffa di fiori con le trasparenze dell'acqua e del vetro e coi riflessi della finestra d'una camera, sparsi li fiori di freschissime rugiade, ed altri quadri eccellentemente fece di simile imitazione".
Caravaggio, tuttavia, si rammaricava di essere escluso dalla pittura di figure, nella quale era già esperto.
Nel ragazzo morso da un ramarro pare proprio di vedere la grande abilità del Merisi di rendere in modo estremamente verosimile le trasparenze del vetro e dell'acqua in una caraffa, la rugiada dei fiori, i riflessi della luce; ma anche la capacità di dipingere la figura umana.
La caraffa di cui parla il Bellori pare essere il vaso di vetro sulla destra dell'opera, nel quale è immersa la rosa, che il ragazzo porta anche sull'orecchio destro. Trasparenza del vetro, effetti di luce dell'acqua che ingrandisce il gambo dei fiori e la foglia sono l'effettiva dimostrazione della grande abilità acquisita dal pittore, che del resto è attestata dagli altri elementi floreali e vegetali dell'opera. Le trasparenze del vetro e le nature morte di fiori e frutti Caravaggio le riproporrà poi nel suo celeberrimo Bacco conservato agli Uffizi
Già su questi elementi il Caravaggio aveva dato mostra di grandissima abilità sin dal suo primo quadro, Il Bacchino malato, col quale quello in esame ha diversi punti in comune, primo tra tutti la spalla scoperta dalla camicia che avvolge morbidamente il giovane.
Altro punto di contatto con il Bacchno potrebbe essere il soggetto umano. In pochi dubitano che il Bacchino sia un autoritratto del Merisi; non pochi sono i caratteri del viso del ragazzo morso dal ramarro che richiamano il volto giovanile del Caravaggio imberbe, anche se occorre ricordare che il primo Caravaggio, già concentratissimo nella volontà di rendere la realtà con efficace verismo, tendeva a "stilizzare" i volti dei giovani oggetto dei suoi quadri.
L'ipotesi che il Merisi ritragga se stesso, guardandosi allo specchio e mentre fa le necessarie smorfie espressive è tutt'altro che da scartare, vista la tendenza di grandi artisti come Rembrandt (che a Caravaggio debbono non poca eredità) ad autoritrarsi in varie pose e smorfie:
 


E' un Caravaggio che dipinge solo per se stesso, come è ipotizzabile per la prima parte della sua esperienza pittorica? Molte delle sue prime opere non avevano un preciso committente e restarono nella bottega del Cesari, prima di essere "rastrellate" dal cardinal Borghese. Segno il Merisi si esercitava anche nella pittura delle figure, dalla quale era escluso nei lavori "ufficiali".
Tuttavia, la circostanza che il ragazzo morso da un ramarro abbia due versioni, lascia pensare che le opere del Merisi avessero già degli estimatori, disposti ad acquistarle, tanto da indurre alla produzione di più di una versione.
Insomma, il Merisi era già ai confini della celebrità che avrebbe raggiunto poco tempo dopo, grazie al cardinal Del Monte, che lo avrebbe lanciato nei fasti del ciclo di San Matteo della cappella Contarelli a San Luigi dei francesi.
Il soggetto del quadro è particolare. Come molti della prima produzione del Merisi, il quadro non racconta nulla: non è un episodio storico, non è una rappresentazione di miti antichi, non rappresenta passaggi della Bibbia o della vita di apostoli o santi.
Appare tuttavia una metafora: mentre la vita alletta con l'offerta delle sue delizie, soprattutto attraenti per i giovani, tra i frutti può nascondersi l'insidia (il ramarro), che porta anche dolore. Il dolore della maturazione, del passaggio dalla gioventù alla condizione di uomo. O anche i dolori che possono nascondersi nei rapporti amorosi e carnali: il dito medio morso dal rettile potrebbe essere un'allusione sessuale.

2. La Buona Ventura, 1594-95 olio su tela - Musei Capitolini-Pinacoteca Capitolina, Roma

Anche di questo quadro esistono due versioni.

La Buona Ventura, Musei Capitolini

La Buona Ventura, Louvre
Il poeta Gaspare Murtola, coevo di Caravaggio, per il capolavoro scrisse questo madrigale:

Per una Cingara

Non so qual sia più maga
O la donna, che fingi,
o tu, che la dipingi
di rapir quella è vaga
co i dolci incanti suoi
il core, e’l sangue a noi;
tu dipinta, che appare,
fai che viva si veda,
fai, che viva, e spirante altri la creda

Il madrigale testimonia il grande apprezzamento che fu riservato al capolavoro, ove si riscontra una fortissima attenzione alla riproduzione dei veri tratti, soprattutto della zingara, tanto da apparire quasi più magica la sua riproduzione in pittura, che non la "magia" dovuta alle presunte capacità di predizione che si attribuivano agli zingari.
In effetti, Caravaggio ritrae caratteri straordinari nella zingara: l'incarnato è realistico e rende la pelle colpita e colorata dal sole al quale espone la vita di strada, che rende la donna del quadro spigliata, astuta, con gli occhi furbi e ammaliatori.
In fondo, anche in questo caso il quadro non racconta nulla, come nel caso del ragazzo morso dal ramarro o nel'altro celeberrimo dipinto I Bari, considerato, come quello qui in esame, appartenente alla pittura "di genere", quella, cioè, che rappresenta la vita di ogni giorno che si vive nei mercati, nelle feste, dentro case o botteghe.
C'è sicuramente una connessione tra questo quadro (e soprattutto i Bari) con qualcosa come i "bodegones" che ispirarono il primo Velazquez (anch'egli in molta parte debitore del Caravaggio). Ma la pittura "di genere" è quella della rappresentazione, appunto, di botteghe, con artigiani e clienti, o di persone ritratte in scorci di vita reale.
La Buona Ventura, se da un lato appare come la riproduzione di un evento quotidiano facilmente verificabile in qualsiasi mercato o fiera, è tuttavia una rappresentazione che ritrae quanto più possibile il "vero" del viso e dell'atteggiamento maliardo della zingara, i vestiti dell'epoca, il volto ingenuo e rapito del giovane, ma non è esattamente "di genere". Si può immaginare che l'episodio ritratto si verifichi per strada, ma non si vede alcuna collocazione. I due giovani agiscono davanti ad uno sfondo grigiastro, una sorta di parete, che appare una vera e propria quinta teatrale.
Si tratta, insomma, sì di un lampo di vita reale, ma traslato in una sorta di rappresentazione, utile per un messaggio morale non dissimile da quello sotteso al Ragazzo morso dal ramarro e a I Bari. Anche in questo caso, cioè, si racconta l'insidia di chi si affida, senza esperienza e prudenza, all'attrazione dell'esotico e della bellezza: il giovane, ben vestito, rappresenta l'ingenuo ricco che vuol provarsi nella vita di strada e ritiene di poter sedurre la bella zingara, che, però, lo ammalia e quasi ipnotizza, e con gesto rapido ed esperto, nel prendergli la mano per predirgli il futuro, gli sottrae abilmente l'anello al dito. Cominciamo a vedere con chiarezza anche gli studi di Caravaggio sugli effetti della luce radente, così capace di rendere la tridimensionalità delle figure dipinte.

3. Maddalena penitente (1594-95), olio su tela - Galleria Doria Pamphili Roma




La Maddalena penitente è un tema che ha sempre molto affascinato l'arte cristiana. La rappresentazione della prostituta che si ravvede ed abbraccia la luce della Fede è un messaggio molto forte, che tutti comprendono e le gerarchie ecclesiastiche approvano.
Nell'iconografia, i lunghi capelli sciolti della donna ne rappresentano la "mondanità". Un archetipo fondamentale lo fornisce la celebre statua lignea di Donatello, di una modernità compositiva ed una crudezza sorprendenti:

Donatello: Maria Maddalena penitente, Museo dell'opera del Duomo, Firenze

Col quadro sulla Maddalena, Caravaggio affronta per la prima volta la pittura "sacra". Come spesso avviene nella sua prima pittura, non c'è racconto. E come spessissimo accadrà anche nella sua pittura futura, il Merisi fotografa un attimo, un istante. Che in questo caso è un fotogramma del travaglio interiore di Maddalena, che ripercorre drammaticamente il proprio passato e intende aprirsi alla luce divina, che aleggia sopra di lei, con quel fascio diagonale che presagisce la straordinaria intuizione de La vocazione di San Matteo.
La rappresentazione del soggetto sacro scelta da Caravaggio è molto originale. Rifiuta sia lo stereotipo di Donatello, sia la tipologia della riproduzione di Maddalena che contempla una croce o un teschio, oppure legge un libro agghindata in modo mondano.
Originale è soprattutto la composizione: la donna è ripresa dall'alto. E' messa in posa in uno sgabello dalle gambe così corte che appare quasi inginocchiata. La prospettiva è molto schiacciata dall'alto in basso, forse accentuata dall'utilizzo di uno specchio posto appunto in alto, specchio che forse è quello rappresentato nel quadro con Marta e Maria.
La donna è ripresa mentre si dà con travaglio enorme alla fede, soffrendo tanto da versare una lacrima che le scorre tra le guance. Il suo vestito è ricco, ma ha già rinunciato alle false ricchezze e lusinghe del mondo: ha strappato la collana e si è privata dei gioielli, che ritroviamo sparsi nel pavimento. Possiamo vedere, dunque, uno scorcio dello studio dove Caravaggio dipingeva. Sul pavimento troviamo un altro esempio della maestria del Merisi nel rendere trasparenze e riflessi del vetro: l'ampolla contenente l'unguento, simbolo iconografico spesso presente nei quadri che rappresentano la Maddalena.
Gli studi di Caravaggio sulla luce radente, il chiaro che si staglia dallo scuro, la resa emotiva della figura ritratta qui sono molto evidenti, anche se incertezze nella resa delle mani e della posa del collo sembrano evidenti.
La donna ritratta è perfetta per il soggetto.Si tratta di Annuccia Bianchini, una prostituta proveniente da Siena, una delle molte donne di mondo che fecero da modelle del Caravaggio.

(continua) 


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