Si sbroglia dopo decenni una matassa, ingarbugliata dalla stessa Aran e dalla Corte dei conti, che mai fino alla luce della Sezione Friuli Venezia Giulia avevano voluto rendersi conto che la determinazione degli obiettivi non è e non è mai stata oggetto della contrattazione.
Migliaia di ispezioni dei servizi del Mef, cause erariali, conflitti e problemi operativi sono stati causati negli anni precedenti da una visione opposta ed erronea. Tempo e denaro dilapidati, mentre un Parlamento distratto e non attento alla questione sanava con vari "salva Roma", senza nemmeno sanare.
Il primo Ccnl interamente privatizzato è datato 1999. Abbiamo dovuto aspettare il 2018 perchè l'Aran, mercè l'attenta ricostruzione (anch'essa giunta troppo tardi) della Sezione Friuli Venezia Giulia, inquadrasse correttamente la questione.
Lo scorso giugno sui periodici Maggioli chi scrive ebbe a pubblicare quanto segue, che anticipò la visione fatta propria dall'Aran.
Contrattazione decentrata tardiva: non produce danno solo se
“meramente ricognitiva”
Luigi
Oliveri
L’articolo pubblicato sul Quotidiano Enti Locali &Pa de Il Sole
24 Ore lo scorso 6 giugno 2018, titolato“Contrordine: l’integrativo
in ritardo non blocca i premi di produttività” a firma di Vincenzo
Giannotti, contiene una serie di imprecisioni fuorvianti, a partire
proprio dal titolo.
L’interpretazione suggerita è che, alla luce del parere della
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo del Friuli Venezia
Giulia 24 maggio 2018, n. 29, sia possibile erogare i premi per la
produttività anche qualora la sottoscrizione del contratto avvenga
successivamente all’anno di riferimento.
Si tratta, tuttavia, di una ricostruzione dell’Autore
dell’articolo, sostanzialmente inesistente nel parere formulato
dalla magistratura contabile.
Nell’articolo a commento, il Giannotti osserva che la questione
sottoposta all’attenzione della Sezione Friuli Venezia Giulia verte
sull’interpretazione del principio contabile, allegato 4/2 al Dlgs
118/2011 punto 5.2, ai sensi del quale “Alla fine
dell'esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione
integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del
fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al
finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate. Non
potendo assumere l'impegno,le correlate economie di spesa
confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione,
immediatamente utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel
corso dell'esercizio provvisorio”. Il Giannotti ritiene che “il
principio ha indotto in errore le Corti territoriali citate
[nell’ambito del parere, nda] per aver seguito la regola
generale, che vede nella sottoscrizione dell'integrativo nell'anno il
perfezionamento dell'obbligazione giuridica (con la formazione del
Fondo pluriennale vincolato di parte corrente), mentre essa
rappresenta un'eccezione espressamente prevista dal legislatore,
secondo cui l'obbligazione giuridica si perfeziona con la sola
costituzione del fondo, mentre la sottoscrizione nell'anno successivo
non generando il Fondo pluriennale vincolato confluisce pur sempre
nell'avanzo vincolato destinato a remunerare anche la produttività”.
Le parole sottolineate sono frutto di una valutazione dell’Autore
dell’articolo e non trovano alcun riscontro nel parere della
Sezione Friuli Venezia Giulia. Né nella normativa.
L’interpretazione suggerita dal Giannotti probabilmente si basa su
una lettura estensiva – dunque fuorviante – del significato della
parte del principio contabile 5.2 ove si afferma che “Alla fine
dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della
contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di
costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le
risorse destinate al finanziamento del fondo risultano
definitivamente vincolate. Non potendo assumere l’impegno,
le correlate economie di spesa confluiscono nella quota vincolata del
risultato di amministrazione, immediatamente utilizzabili secondo la
disciplina generale, anche nel corso dell’esercizio provvisorio”.
Si dà un’enfasi eccessiva al vincolo contabile, derivante dal
ridondante ed inutile adempimento – imposto da un legislatore che
produce troppi elementi di burocrazia bizantina – della
“costituzione del fondo1”.
Il vincolo contabile ha rilevanza solo interna: assolve allo scopo di
impedire che le risorse di un certo capitolo possano essere distratte
verso impieghi differenti.
Ma, ai sensi dell’articolo 183, comma 5, del d.lgs 267/2000 il
vincolo contabile diviene definitivo e passa anche allo stato di
vincolo giuridico, solo dopo il perfezionamento dell’obbligazione.
Il quale avviene esclusivamente a seguito del venire in essere del
titolo necessario, che nell’ordinamento italiano è il contratto,
la fonte con cui, ai sensi dell’articolo 1321 del codice civile si
concretizza “l'accordo di due o più parti per costituire,
regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Il legislatore non ha previsto affatto alcuna eccezione alle
disposizioni né del codice civile, né del d.lgs 267/2000 in merito
alla contrattazione decentrata, la quale acquisisce efficacia
giuridica esclusivamente dopo, mai prima, di essersi trasfusa appunto
nella stipulazione del contratto decentrato, da cui discende il
perfezionamento dell’obbligazione giuridica che consente di
impegnare la spesa, registrando definitivamente il vincolo solo
provvisorio insorto con la costituzione del fondo.
Lo stesso parere della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia,
riferendosi proprio alla parte di principio contabile vista prima
sottolinea che gli elementi caratterizzanti della fattispecie ivi
prevista “si rinvengono dunque nella previa costituzione del
fondo nel corso dell’esercizio, nell’intervenuta emissione della
certificazione dell’organo di revisione e soprattutto, per quanto
qui rileva, nella mancata sottoscrizione del contratto decentrato
entro la fine dell’esercizio (“… nelle more della
sottoscrizione del contratto …”), che peraltro, per lo
stesso principio contabile costituisce, come sopra ricordato,
presupposto indispensabile per l’impegno della spesa”.
Di più: il parere della Sezione friulana non suggerisce per nulla
alle amministrazioni la possibilità di rimediare anni dopo ad una
mancata sottoscrizione del contratto, come niente fosse. Infatti,
espressamente si afferma: “la necessità che l’intero percorso
amministrativo e contrattuale si perfezioni entro l’anno
con la stipula del contratto decentrato integrativo
risponde alla primaria esigenza di garantire sia l’effettività
della programmazione dell’ente, cui è connessa (di regola)
l’annualità delle risorse a disposizione, sia un utile
perseguimento dei suoi obiettivi. In altri termini, non si può
trascurare che le prestazioni richieste ai dipendenti e gli obiettivi
loro assegnati rappresentano in primo luogo interessi e obiettivi
dell’ente stesso. Una mancata o tardiva contrattazione integrativa,
nella misura in cui essa costituisce presupposto per il
perseguimento e il raggiungimento degli obiettivi, nella
sostanza svilisce le finalità sottese all’istituto ora in parola e
compromette o rischia di compromettere il raggiungimento dei
risultati attesi”.
Pertanto, la valutazione che il parere della Sezione Friuli Venia
Giulia dà della fattispecie della contrattazione tardiva è, come si
vede, totalmente negativo.
Vi è, tuttavia, un inciso che viene meglio ripreso nella chiosa del
parere. La Sezione ritiene che possa esservi una “misura” nella
quale il contratto decentrato possa anche non costituire presupposto
per la definizione degli obiettivi gestionali, alla base del
pagamento dei premi di risultato.
Leggiamo ulteriormente il parere: “In linea generale si deve
considerare che l’oggetto fondamentale del contratto
integrativo decentrato non è la
quantificazione delle risorse di cui dispone il fondo (che è rimessa
alla valutazione dell’Amministrazione, nel rispetto e con i limiti
delle specifiche norme che la disciplinano), ma la
determinazione dei criteri per la ripartizione delle risorse,
dei criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione
e, sempre a livello di fissazione dei criteri di sistema, di altri
argomenti connessi alle prestazioni lavorative dei dipendenti
(formazione, sicurezza, orario di lavoro e altro). Per
contro, si può osservare che esulano dal contratto
integrativo decentrato l’individuazione degli obiettivi, la
determinazione del loro valore, l’individuazione del personale da
coinvolgere, la fissazione dei criteri di valutazione,
in un quadro generale in cui la quantificazione delle risorse
destinabili alla produttività, di cui in questa sede esclusivamente
si tratta, ha di regola un carattere residuale”.
Questo è il passaggio realmente innovativo ed importante del parere.
Per la prima volta, la magistratura contabile dimostra di aver
acquisito consapevolezza che:
-
il contratto decentrato ha lo scopo essenziale di stabilire i criteri (non le cifre) per destinare le risorse ai vari istituti;
-
le relazioni sindacali possono trattare, sempre solo per criteri generali, anche i sistemi di incentivazione; ma, il Ccnl 21.5.2018 ha opportunamente chiarito che su questo tema non opera la relazione della contrattazione, bensì quella del confronto (articolo 5, comma 3, lettera b): “i criteri generali dei sistemi di valutazione della performance”);
-
soprattutto, non è oggetto della contrattazione:
-
individuare gli obiettivi;
-
determinarne il loro valore;
-
stabilire quale personale coinvolgere;
-
fissare i criteri di valutazione.
-
Non tutta la magistratura contabile e la stessa Aran hanno chiaro
quanto, invece, il parere della Sezione Friuli Venezia Giulia rivela
con chiarezza.
La sede per determinare i punti a, b, c e d) del precedente elenco,
negli enti locali, sono il sistema permanente di valutazione ed il
piano esecutivo di gestione, atti di competenza esclusiva del datore,
non soggetti a nessuna relazione sindacale se non, appunto, il
confronto relativo al sistema: confronto che si attiva una volta
sola, quando il sistema si avvia, o ulteriori volte nel caso di sue
modifiche.
Pertanto, il ccdi risulta ininfluente sulle scelte operative
concernenti la definizione degli obiettivi e delle modalità per
perseguirli, misurarli e premiarli.
Questa consapevolezza è meritoria, ma tardiva: moltissime ispezioni
del Mef hanno messo in croce gli enti locali, spinte anche dalle
erronee visioni dell’Aran sul ruolo dei contratti decentrati,
proprio perché hanno rilevato che i contratti decentrati non
disponevano nulla su ciò che, secondo la corretta visione della
Sezione Friuli Venezia Giulia, invece vi “esula”.
Da qui, allora, la conclusione del parere con la risposta alla
domanda: è possibile, cioè, regolare con un contratto tardivo la
disciplina dell’assegnazione degli obiettivi e dei risultati? Così
si esprime la Sezione: “Conclusivamente, si ritiene che una
risposta positiva al quesito del Comune di Faedis possa essere
formulata solo ed esclusivamente qualora il contratto
integrativo avesse un contenuto meramente e del tutto ricognitivo di
decisioni e scelte già operate in sede amministrativa, in
presenza dei presupposti su cui si fonda l’interpretazione (della
seconda parte) del principio contabile qui esaminato ivi compresa
l’allocazione vincolata delle risorse de quibus nel risultato di
amministrazione, al cui regime esse rimarrebbero assoggettate anche
ai fini di finanza pubblica”.
In sostanza, la Sezione del Friuli Venezia Giulia compie un’altra
importante “epifania”: il contratto decentrato, di fatto, non
serve a nulla, se non a produrre carta e relazioni sindacali
complicate, quando il suo contenuto non sia altro che la riconferma
della contrattazione precedente.
Ma, è da una vita che l’articolo 5, comma 4, secondo periodo, del
Ccnl 1 aprile 1999dispone che i contratti decentrati “conservano
la loro efficacia fino alla stipulazione dei successivi contratti
collettivi decentrati integrativi”: fattore che, fin qui, mai
Aran, Mef e Corte dei conti hanno considerato, pretendendo sempre la
stipulazione di un contratto decentrato anche quando tutti i criteri
di destinazione da un anno all’altro fossero rimasti totalmente
identici.
Nella realtà, allora, a ben vedere, la Sezione Friuli Venezia
Giulia, pur segnalandosi per un’apertura di vedute fin qui mai
vista, incorre in un errore. Il contratto collettivo decentrato
integrativo, se fosse meramente “ricognitivo” di decisioni già
adottate, sarebbe del tutto inutile.
Occorre, allora, intendersi quando il ccdi possa essere realmente
solo “ricognitivo”. E’ agevole affermare che ciò avvenga:
-
quando l’ente sia dotato di un sistema di valutazione vigente ed operante ed abbia definito gli obiettivi ad inizio anno col Peg;
-
quando il ccdi precedente (o i ccdi precedenti) siano stati stipulati davvero prevedendo criteri, cioè modalità per determinare i valori economici da assegnare ai vari istituti, e non, invece – come purtroppo accade nella gran parte degli enti – indicando valori economici secchi, senza poter ricostruire in alcun modo come determinarli.
In questo caso, allora, il contratto, essendo “meramente
ricognitivo” non è nemmeno necessario: per il principio
dell’ultrattività (che appare vigente anche col nuovo regime
contrattuale, non essendovi una norma che lo sopprima o che con esso
risulti incompatibile), infatti l’ente avrebbe comunque un
contratto efficace: quello precedente, dotato delle caratteristiche
di cui sopra.
Allora, l’attenzione deve spostarsi dalla tempestività del
contratto, alla tempestività della determinazione degli obiettivi.
Fermiamoci un attimo e leggiamo ancora il parere della Sezione Friuli
Venezia Giulia che ci informa che il supplemento istruttorio compiuto
ha evidenziato “che in data 4.5.2017 la Conferenza dei sindaci
di Faedis e di Attimis, cointeressati da una gestione associata di
funzioni e servizi, nelle more dell’approvazione del bilancio di
previsione aveva già approvato in via provvisoria il Piano delle
risorse e degli obiettivi, contenente gli obiettivi per il Segretario
comunale, per i responsabili dei vari settori nonché le schede di
valutazione delle prestazioni dei titolari di posizione
organizzativa, ai fini della corresponsione della quota
dell’indennità di risultato, e il programma dei Piani di lavoro e
progetti obiettivo per gli uffici; che gli obiettivi stessi erano
stati tempestivamente comunicati ai singoli destinatari”.
Quindi, nel caso di specie una pianificazione degli obiettivi era
preesistente all’inizio di maggio: un tempo congruo – sia pure ai
limiti – per ritenere che l’amministrazione era per tempo stata
in grado di avviare il percorso gestionale mirante all’erogazione
di risultato. Dunque, in questo caso, se la contrattazione
integrativa fosse meramente ricognitiva – meglio dire, inutile
perché operante il ccdi precedente – allora potrebbe anche
intervenire l’anno dopo, al solo scopo di regolare i rapporti tra
le parti, ma non di costituirli.
In assenza di sistema permanente di valutazione e di una tempestiva
determinazione degli obiettivi, oltre che di un precedente contratto
decentrato capace di determinare criteri chiari per determinare le
varie destinazioni, anche se il fondo fosse costituito entro l’anno,
il contratto decentrato, se stipulato l’anno dopo, non sarebbe
“meramente ricognitivo”, ma costitutivo, con ritardo, del titolo
giuridico. Dunque, anche se la spesa sul piano contabile potrebbe
essere correttamente impegnata, il ritardo nel perfezionamento del
titolo giuridico comporterebbe l’illegittimità dei pagamenti delle
risorse non direttamente discendenti dalla contrattazione nazionale.
E’ opportuno segnalare che il Ccnl 21.5.2018 consente di risolvere
in parte i problemi legati alla tempistica della contrattazione,
laddove all’articolo 8, comma 1, per la prima volta permette di
definire i criteri di destinazione delle risorse anche in via
pluriennale: è la stessa contrattazione nazionale, quindi, ad
esprime un valore di inutilità di una contrattazione decentrata
sempre annuale, se i criteri di destinazione delle risorse – vero
oggetto del ccdi, come spiega la Sezione Friuli Venezia Giulia –
sono fissati in modo da evidenziare quell’ algoritmo
logico-matematico, tale da poter determinare sempre poi l’importo
(ricordiamo che l’oggetto dei contratti deve essere possibile,
lecito, determinato o determinabile, sicchè è non solo
doveroso, ma anche possibile stipulare un contratto decentrato senza
cifre, ma con criteri di calcolo).
Dunque, la Sezione Friuli, lungi dall’affermare che il ccdi tardivo
è sempre ammesso, apre una nuova e corretta via, verso la definitiva
accettazione dell’ultrattività dei ccdi e dell’estraneità dai
loro contenuti degli elementi che, invece, stanno nei sistemi di
valutazione e nel Peg. Ma, in assenza dei presupposti per
caratterizzare un ccdi “meramente ricognitivo”, la sottoscrizione
tardiva, non solo l’anno dopo, perfino negli ultimi mesi dell’anno,
è fonte certa di danno erariale, come hanno spiegato più volte le
sezioni giurisdizionali (che dei pareri delle sezioni di controllo
spesso tengono ben poco conto), da ultimo quella della Campania con
la sentenza 137/2018.
1
Ridondante perché è una duplicazione del fondo già previsto nel
bilancio di previsione, richiesta, tuttavia, secondo alcune
indicazioni della Corte dei conti – totalmente estranee ai
corretti rapporti tra politica e gestione – secondo le quali chi
costituisce il fondo adempierebbe ad una funzione di controllo sul
bilancio (!). Inutile, perché il fondo nemmeno finanzia l’intero
salario accessorio, visto che, ad esempio, ne resta fuori l’intero
trattamento economico delle posizioni organizzative.
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