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lunedì 22 luglio 2019

Tetto di spesa unico per le assunzioni negli enti locali. Fondi differenziati per la contrattazione decentrata.

Su Italia Oggi del 12 luglio scorso, nell'articolo dal titolo "Il tetto del salario accessorio 2016 va considerato unitariamente" chi scrive intervenne sul contrasto tra Sezione regionale di controllo per la Puglia, con la deliberazione 21 febbraio 2019, n. 27 e Ragioneria generale dello stato, con la nota 20 giugno 2019, n. 169507.

La Corte dei conti pugliese ebbe a ritenere che "Ai fini del calcolo del tetto del 2016 delle risorse accessorie per gli incaricati di posizione organizzativa: poiché il limite ex art. 23, comma 2 del dlgs n. 75/2017 deve essere applicato alle risorse destinate al trattamento accessorio del personale nel suo ammontare complessivo e non con riferimento ai fondi riferiti alle singole categorie di personale, ciò che rileva non è l'omogeneità settoriale dei valori di riferimento, ma la finalità generale di inclusione, nell'ambito del tetto più volte citato, di tutte le somme complessivamente destinate al trattamento accessorio del personale".
All'opposto, la Rgs ha sostenuto che la Corte dei conti sarebbe andata "in controtendenza rispetto alle prevalenti indicazioni applicative rispetto alle quali, a decorrere dall'ano 2010, il contenimento della crescita del salario accessorio è considerato distintamente per il personale dirigente per il personale non dirigente".
Si è registrato, poi, l'ulteriore intervento della Corte dei conti, Sezione Autonomie, deliberazione 17 luglio 2019, n. 17. Il principio di diritto espresso dalla Sezione Autonomie è il seguente: "I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 165/2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’ art. 14-bis, comma 1, lett. a) del d.l. n. 4/2019, il riferimento “al quinquennio precedente” è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui si intende effettuare le assunzioni".
Vi sono, quindi, due pronunce della magistratura contabile secondo le quali:
1. il tetto delle risorse del trattamento accessorio è unico e non distinguibile per categorie di dipendenti (qualifiche, posizioni organizzative, dirigenti e segretari comunali);
2. le capacità assunzionali sono uniche e non distinte per categoria, come sopra.
Le due grandezze (trattamento accessorio e capacità assunzionali), per quanto autonome tra esse, non possono che costituire comunque un elemento da considerare unitariamente ai fini della verifica dell'esistenza di un tetto, visto che sono una componente essenziale della complessiva spesa di personale.
Le indicazioni provenienti dalla magistratura contabile non possono che essere condivise. La riforma Madia effettuata col d.lgs 75/2017 ha di fatto reso la programmazione dei fabbisogni una programmazione principalmente finanziaria, perchè induce a guardare al dato del costo complessivo della spesa di personale in servizio, senza nessuna distinzione tra categorie; questo dato viene successivamente trasformato:
a) in una dotazione organica corrispondente alla spesa, nella quale confermare o modificare i profili professionali in virtù della valutazione della loro necessità;
b) in un programma dei fabbisogni/assunzioni, che aggiunge alla spesa vista prima anche le facoltà assunzionali, per acquisire i profili professionali carenti sul piano numerico o su quello quantitativo.
E' del tutto irragionevole pensare che di fronte alla considerazione primariamente finanziaria della programmazione dei fabbisogni del personale, non sia possibile per le amministrazioni utilizzare in modo flessibile un ammontare unico finanziario, per decidere se destinare le risorse disponibili ad assumere, ampliando o diminuendo a seconda delle necessità, i profili professionali delle qualifiche o della dirigenza, senza che allo scopo possa identificarsi nessun fondo specifico.
Anche il tetto alla spesa per il trattamento economico accessorio, comunque influenzato dalla quantità e qualità di personale in servizio, visto che i fondi risentono di quanto personale sia alle dipendenze dell'ente, non può che essere considerato unitariamente, senza distinzioni interne tra categorie di dipendenti.
Con la differenza, però, che per spostare risorse dal bilancio ai fondi, o tra fondi, occorre un titolo giuridico (unico punto sul quale si può concordare con la Rgs). Infatti, il "travaso" dal capitolo di bilancio che finanzia le posizioni organizzative al fondo del salario accessorio del personale delle qualifiche è possibile, perchè ammesso espressamente dal Ccnl 21.5.2018. Ed essendo l'unica manovra compensativa consentita da un, oltre a quella che consente il travaso delle risorse dello straordinario nella parte stabile, questa è l'unica possibile.
Ma, ai fini dell'individuazione del tetto di spesa complessivo del trattamento economico (finchè il legislatore non comprenda che l'articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017 deve essere semplicemente abolito), i valori non possono che essere complessivi e cioè la somma del salario accessorio indicato nei fondi della dirigenza, dei dipendenti e dei segretari comunali e della spesa finanziata dal bilancio per le posizioni organizzative. Poi, ai fini della determinazione del valore medio pro capite riferito al 31.12.2018, esso non può che essere definito in modo distinto per area delle qualifiche, dirigenza e retribuzione di posizione/risultato delle posizioni organizzative (mentre nessun valore medio può ricavarsi per i segretari comunali), per la semplice ragione che i valori medi sono influenzati da distinte fonti di finanziamento: fondo dell'area delle qualifiche, fondo dell'area dei dirigenti, capitolo di bilancio per le retribuzioni delle PO.
Un'ultima considerazione si impone. Purtroppo si deve constatare per l'ennesima volta l'esistenza di visioni contrastanti, contrapposte ed insanabili tra soggetti che dovrebbero indicare in maniera univoca e chiara metodologie ed interpretazioni. La Corte dei conti spessissimo esibisce contrasti interni tra sezioni regionali di controllo, talvolta risolti dalla Sezione Autonomie, comunque dopo anni, creando un caos operativo notevolissimo; la Rgs, ma anche l'Aran, per parte loro, non di rado adottano, mediante circolari o pareri vari, indicazioni ulteriori e non poche volte anch'esse ellittiche o in contrasto con quelle espresse da altre autorità.
La situazione di caos che ne deriva si trascina da anni e se certamente non è l'unica a determinare, poi, costituzione e gestione dei fondi della contrattazione decentrata illegittima e fonte di danno, ne è in modo chiaro - ma spesso negato dalla Corte dei conti e dai servizi ispettivi della stessa Rgs - una concausa chiara e innegabile.
La riforma Madia con l'articolo 11, comma 1, lettera g), ha inserito nell'articolo 40 del d.lgs 165/2001 il comma 4-ter: "Al fine di semplificare la gestione amministrativa dei fondi destinati alla contrattazione integrativa e di consentirne un utilizzo più funzionale ad obiettivi di valorizzazione degli apporti del personale, nonché di migliorarnento della produttività e della qualità dei servizi, la
contrattazione collettiva nazionale provvede al riordino, alla razionalizzazione ed alla semplificazione delle discipline in inateria di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa".
Sembra evidente che i recenti contratti collettivi non siano stati in grado di semplificare nulla, mentre è evidente che Rgs e Corte dei conti hanno punti di vista molto diversi su temi fondamentali, come la programmazione delle assunzioni, la spesa di personale e i tetti alla spesa, per altro dando l'impressione di non tenere sempre in gran conto le innovazioni introdotte dalle riforme.
Resta confermata l'impressione che la prima vera riforma da effettuare consiste in primo luogo nella migliore qualità dei testi normativi (l'articolo 33 del d.l. 34/2019 è ai limiti esterni della comprensibilità); ma, in secondo luogo, nello sfoltimento radicale dei soggetti competenti a pronunciarsi per via interpretativa. Non è possibile che in così tanti possano concorrere alla confusione, esitando ciascuno punti di vista inconciliabili, il cui solo esito è il caos operativo e l'autoproduzione di illegittimità o contenziosi. Necessita una cabina unica di controllo, una voce unica e concertata, che si pronunci per altro in modo che gli enti destinatari delle pronunce/pareri possano ricorrere avverso questi alla giustizia amministrativa.


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