sabato 25 gennaio 2020

Pensionati incaricati di lavoro autonomo nella PA? Ma, lasciamoli riposare...

L'articolo 14, comma 3, del d.l. 4/2019, convertito in legge 26/2019 (legge su reddito di cittadinanza e "quota 100"), dispone: "La pensione quota 100 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di
decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui".

Questa disposizione fa ritenere ad alcuni cosiddetti esperti che sia applicabile anche ai pensionati quota 100 della pubblica amministrazione, visto che non distingue tra lavoro pubblico e privato.
Si tratta di una conclusione del tutto sbagliata. L'articolo 5, comma 9, del d.l. 95/2012, convertito in legge 135/2012, infatti, dispone:
"E' fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, nonchè alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonchè alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e societa' da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuitaà la durata non puo' essere superiore a un anno, non prorogabile nè rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell'ambito della propria autonomia".
Pertanto, trattandosi di una norma speciale specificamente destinata alla pubblica amministrazione, chi va in pensione con quota cento e lavorava in una pubblica amministrazione non può ottenere nessun incarico di studio o consulenza, tipologia di incarichi tipicamente rientranti nel lavoro autonomo occasionale ammesso nella PA ai sensi dell'articolo 7, comma 6 e seguenti, del d.lgs 165/2001 (il lavoro anche occasionale inteso come collaborazione coordinata è abolito ai sensi del comma 5-bis del medesimo articolo 7 del d.lgs 165/2001).
Gli incarichi dirigenziali e direttivi sono ammessi solo a titolo gratuito e per un anno.
A proposito soprattutto dell'ultima disposizione, non si può fare a meno di sottolineare come desti meraviglia la circostanza che moltissime amministrazioni, soprattutto quelle locali, alzino al cielo disperate grida perchè i dipendenti sono troppo pochi e vecchi, ma invece di puntare ad un ricambio generazionale, insistano per continuare a tenersi in corpo pensionati. Una delle tante incredibili e oggettivamente inaccettabili contraddizioni dell'amministrazione italiana.
E i dischi di cui si parla non sono solo mere ipotesi o fantasmi astratti di chi vuol essere sempre contrario al "cambiamento". V'è una larghissima parte della classe politica totalmente insofferente alle regole o che interpreta l'applicazione di esse come finalizzata non all'interesse generale, ma alla rielezione. Ne è esempio la sentenza della Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 1007 del 13 gennaio 2020, di cui ha dato conto il portale Ius&Management.org, fornendone un breve commento.
Non si pensi che si tratti di un caso isolato: casi di sindaci o organi di governo che tentano di imporre a segretari comunali, dirigenti, funzionari, comandanti della polizia locale, plateali violazioni di legge per scopi non sempre commendevoli, sono all'ordine del giorno. Per uno che va all'attenzione del giudice, mille restano nell'ombra. E se anche non si giunge alla commissione del reato, è esperienza quotidiana appunto quella del ricatto connesso all'incarico. E' questo quello cui aspira chi ancora insiste sull'ipotesi di una riforma come quella Madia della dirigenza?

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