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sabato 26 giugno 2021

Difficile conciliare l'estensione delle progressioni verticali con le esigenze di acquisire personale qualificato nella pubblica amministrazione

Le riforme relative ai concorsi di questi mesi (il d.l. 44/2021 e il d.l. 80/2021) partono da una serie di osservazioni comuni e condivise: il personale nella PA è invecchiato ed ha dimensioni relative ed assolute largamente inferiori a quelle dei Paesi competitori (cosa nota da sempre, ma bene dimostrata qui).

Per porre rimedio a questo deficit, una delle cause principali dei problemi di efficienza complessiva, si è tratta la conclusione della necessità di ripotenziare la PA, favorendo l'assunzione di giovani, puntando su nuove competenze. Tanto più necessarie, perchè nella PA i laureati sono circa il 31% e le lauree non sono omogeneamente distribuite tra le varie professionalità.

Ma non basta: i nuovi ingressi nella PA non possono solo essere destinati a sostituire le uscite, bensì mirare a svolgere mansioni e funzioni nuove e diverse, in relazione alle nuove esigenze della transizione digitale, delle esigenze della nuova economia verde ed attenta all'ecologia, ai nuovi strumenti di contatto tra PA e mercato (partenariati, collaborazioni col Terzo settore, concessioni) e così via.

Dunque, risulta strategica una programmazione dei fabbisogni che punti alla qualità, oltre che alla quantità, e che sia capace di cogliere le esigenze di professionalità del domani, oltre che dell'oggi.

Dato per assunto e corretto tutto quanto sin qui visto, occorre allora chiedersi quanta coerenza vi sia con le norme del d.l. 80/2021 volte al rilancio delle progressioni verticali.

E' bene spiegare per chi non conosca il "gergo": per progressione verticale o "progressione tra aree" si intende la possibilità per il personale dipendente di un certo ente di fare un salto e passare da una qualifica funzionale ad una qualifica superiore. Una "promozione". Che, tuttavia, in applicazione dei principi enunciati dall'articolo 97 della Costituzione, deve svolgersi in modo competitivo, trasparente ed imparziale.

Nel 2009, l'allora Ministro per la funzione pubblica, che era il medesimo di adesso, per correggere le troppe storture applicative alle progressioni verticali (per altro nel frattempo letteralmente esplose), impose una modifica normativa, per effetto della quale la progressione divenne possibile solo mediante riserva di posti non superiore al 50% in concorsi pubblici.

Dopo anni di progressioni verticali torrenziali, il nuovo sistema riuscì a calmierarle, anche a causa, per altro, della drastica riduzione dei concorsi dovuta ai vari tetti imposti dal 2010 in avanti.

Le progressioni hanno ricevuto nuovo impulso dalla riforma Madia (d.lgs 75/2017), ma col d.l. 80/2021 tornano ad essere una procedura riservata solo agli interni, nemmeno concorsuale: una procedura "comparativa" basata su elementi di valutazione alquanto soggettivi (se non arbitrari).

Soprattutto, le progressioni verticali potranno riguardare il 50% massimo dei posti programmati per le assunzioni.

Ecco, qui la ricerca della coerenza con gli assunti visti in apertura alla base delle riforme dei concorsi si fa molto complicata.

Risulta davvero arduo affermare che la PA attuale è priva delle competenze necessarie, vecchia, bisognevole di urgenti rinforzi di dipendenti giovani e dotati di quelle qualificazioni professionali oggi assenti, per poi dare modo alle PA medesime di limitare al solo 50% del proprio fabbisogno le assunzioni dall'esterno, per riservare all'interno le progressioni verticali.

Per sillogismo aristotelico, se una legge che apre i concorsi per sopperire ai deficit ammette contestualmente che però il 50% dei posti programmati sono da riservare a personale già dipendente della PA, le conclusioni dovrebbero essere solo 2:

  1. non è poi così vero che la PA denunci le carenze di professionalità e di dotazione di cui si parla, tanto è vero che si presuppone che la metà dei fabbisogni di personale si possa coprire con persone già dipendenti, da considerare quindi in possesso dei requisiti previsti ed in numero comunque sufficiente;
  2. pur essendo vero che la PA denunci le carenze di professionalità e di dotazione di cui si parla, le norme previste hanno molto, troppo, il sapore di slogan e nella realtà non saranno in grado di coprire i deficit denunciati, visto che aprono prospettive di carriera a personale anziano e non qualificato.
L'unica previsione possibile, comunque, è che certamente la riforma ricondurrà alla situazione immediatamente precedente la riforma del 2009: un ritorno di fiamma delle progressioni verticali, una nuova loro esplosione, come sempre sottratta a qualsiasi controllo preventivo.


on un concorso pubblico aperto a tutti, ma una prova selettiva esclusivamente riservata al personale ai vertici della qualifica di funzionario già dipendente dell’ente.

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