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venerdì 1 luglio 2022

Concorsi: si scrive assessment, si legge rischio di opacità nelle selezioni

 La legge 79/2022 di conversione del d.l. 36/2022 rende molto nebuloso e indefinito il sistema di selezione concorsuale, abbracciando in modo non chiaro, né nell’estensione, né nei metodi, criteri di reclutamento tesi all’analisi delle attitudini e dei comportamenti. Dietro la bella parola “assessment” si introducono evidenti elementi di opacizzazione e rischi di applicazione distorta di un intento certamente condivisibile.

Si modifica la lettera a) dell’articolo 35-quater del d.lgs 165/2001, introdotto proprio dal d.l. 36/2022, specificando che “le prove di esame sono finalizzate ad accertare il possesso delle competenze”.

L’accezione di “competenze” data dal legislatore si avvicina a quella utilizzata nei sistemi di reclutamento del privato. Non, quindi, rilevazione delle nozioni e della connessa loro applicazione pratica, ma “insieme delle conoscenze e delle capacità logico-tecniche, comportamentali nonché manageriali, per i profili che svolgono tali compiti”.

Dunque, le prove oltre a valutare le conoscenze, altrimenti definibili come nozioni acquisite nei percorsi di studio rilevati come necessari all’accesso, dovranno anche giudicare sulle capacità logiche e tecniche. Vi dovranno essere test o prove pratiche, dunque, finalizzati a rilevare l’applicazione della logica (ma, quale logica? Quella matematico-geometrica, quella specificamente propria della branca di materia connessa al profilo?) e le capacità tecniche.

Non bastando, si dovrà analizzare anche il profilo comportamentale. Non si potrà fare a meno di affidarsi ai “cacciatori di teste”, ed agli strumenti valutativi di questo genere di elemento. Che va molto bene per il reclutamento nel sistema privato, nel quale eventuali sviste o errori sono rimediabili con quella flessibilità del rapporto di lavoro e relativa facilità della sua risoluzione (connessa all’ampiezza di iniziali forme lavorative a tempo determinato) del tutto sconosciute nella PA, ove il rapporto di lavoro tipico è quello a tempo indeterminato.

Come definire il contenuto di queste prove e come calibrare la valutazione, poi, sarà un problema connesso a scelte adottate di volta in volta, senza specifici standard, perché la norma lascia ai bandi il compito di specificare i contenuti delle prove, con la sola cura di definirle “in maniera coerente con la natura dell’impiego”. Laddove i profili da coprire svolgano funzioni manageriali, le prove dovranno anche indagare le competenze di questo genere.

Spazi ancora maggiori a valutazioni non tecniche sulle conoscenze operative, ma connesse a profili della personalità saranno dedicati ai profili iniziali e non specializzati; infatti, “le prove di esame danno particolare rilievo all’accertamento delle capacità comportamentali, incluse quelle relazionali, e delle attitudini”.

Un sistema che lascia aperti molti dubbi. Non limitare le prove concorsuali al solo nozionismo (per altro, da lungo tempo superato, salvo l’esperienza dei concorsi superveloci in fase di pandemia, dal fiorire di prove pratiche e psicoattitudinali) è corretto, ma dare indicazioni, non troppo di dettaglio per altro, perché i comportamenti e le attitudini risultino sostanzialmente prevalenti non appare del tutto in linea col disegno costituzionale.

La Consulta ha accertato nella propria giurisprudenza consolidata che il concorso ha lo scopo di selezionare i migliori. La selezione, come tale, deve rivelarsi il più oggettivo possibile, risultato che sfuma in maniera proporzionale all’affermarsi di modalità di selezione legate ad elementi poco palpabili come i comportamenti e le attitudini.

Vero è che nel privato questi elementi sono molto importanti nelle selezioni; altrettanto vero è che l’ingresso nel lavoro privato non è sorretto dalle regole di parità di condizioni, trasparenza, imparzialità previsti dall’articolo 97 della Costituzione, né è condizionato dall’insieme delle regole anticorruzione, derivanti dall’apparato attuativo della legge 190/2012, posto ad evitare reclutamenti fondati su elementi soggettivi e non oggettivi. Ma, valutazioni su comportamenti ed attitudini, specie se preponderanti o con spazi “di particolare rilievo” non appaiono coerenti col sistema di cautele e tutele previsti dalle norme vigenti.


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