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domenica 31 luglio 2022

Pubblico impiego, il Monitor di Intesa San Paolo conferma: le riforme dei concorsi e del reclutamento non sono utili a fermare la slavina dei pensionamenti

 L’analisi del Monitor su “I fabbisogni professionali delle Amministrazioni pubbliche alla prova del PNRR” della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo conferma l’impressione che chi scrive ha sempre espresso: stante anche il poco tempo sin qui avuto a disposizione, le riforme riguardanti il lavoro pubblico e in particolare quelle relative al reclutamento sono inefficaci.

Che tra il 2019 e il 2024 vi sarebbe stata una valanga di pensionamenti, stante una “gobba” di età lavorativa che in pochi anni avrebbe visto il pensionamento di circa 500.000 dipendenti pubblici era dato noto da moltissimo tempo.

Solo nel 2019, però, e solo per regioni ed enti locali, si è deciso di abbandonare il deleterio criterio di limitazione della spesa in base al turn over (assunzioni ammesse entro il tetto della spesa sostenuta l’anno precedente, con poche aperture), ma di fatto, anche a causa del congelamento delle attività amministrative del 2020, solo dal 2021 si è iniziato davvero a provare a rimpinguare i ruoli delle PA.

Troppo tardi. Il Monitor lo spiega: “Tra il 2008 e il 2020, le unità di lavoro equivalenti a tempo pieno si sono contratte di 267mila unità: nelle Amministrazioni locali il personale si è ridotto complessivamente, rispetto al 2008, di 161mila unità, pari ad una contrazione del 10,7%. Le Amministrazioni centrali, invece, hanno registrato una diminuzione più contenuta, del 4,4%. I vincoli all’assunzione si sono tradotti anche in un invecchiamento del personale: nel 2019 gli occupati stabili della PA avevano 50 anni di media, nel 2009, invece, l’età media era di 46,9 anni; nel corso di un decennio l’aumento dell’età media è stato di oltre 3 anni”.

Fatti ed elementi ormai conosciuti da troppo tempo. La pandemia ed il Pnnr, ovviamente non prevedibili 10 anni fa, quando si scelse di abbassare la spesa pubblica disinvestendo totalmente sul personale della PA, hanno però evidenziato - in particolare nella sanità - l’azzardo retrostante la scelta di impoverire e fare invecchiare i ranghi pubblici. I servizi erogati, già in difficoltà, risentono della mancanza di chi vi è addetto e proprio mentre la PA dovrebbe garantire il conseguimento dei risultati del Pnrr, si ritrova estremamente indebolita ed asfissiata da scelte organizzative deleterie, per altro compiute da un Governo, quello del 2010, molti dei componenti del quale si sono ritrovati in quello del 2021, costretti, in evidente ritardo, a rivedere a 180 gradi esattamente quelle deleterie scelte di un decennio prima.

Le sciagurate decisioni del 2010 hanno colpito in particolare gli enti locali. Prosegue il Monitor: “Sono state colpite in particolare le Amministrazioni locali, il cui personale si è ridotto complessivamente, rispetto al 2008, di 161mila unità, pari ad una contrazione del 10,7%. Le Amministrazioni centrali, invece, hanno registrato una diminuzione più contenuta, del 4,4% (pari a 90mila unità in meno): tale esito è la sintesi di un calo molto marcato nella prima fase (-162mila unità) seguito da un parziale recupero della consistenza degli organici (+71mila unità). Le Amministrazioni locali, invece, hanno registrato un primo calo tra il 2008 e il 2014 (-82mila unità), al quale ne è seguito un secondo (-79mila unità). La maggior differenziazione delle norme per le Amministrazioni locali, per le quali le facoltà di maggior reintegro sono state subordinate al rispetto di alcuni vincoli, ha pertanto determinato un minor turnover rispetto a quanto osservato per gli Enti statali”.

I tentativi avviati col d.l. 44/2010 e col d.l. 80/2021, come evidenzia sempre lo studio, si sono rivelati poco più che pannicelli caldi: le assunzioni attivate, per altro con una discutibilissima riduzione dei concorsi a poco più che alcune crocette su moduli, senza nemmeno prove orali, hanno prodotto poco, pochissimo: “Il dl 80/2021 prevede tra le altre cose, nuove assunzioni, definendo i diversi profili necessari. Complessivamente, si prevedono quasi 28 mila nuove assunzioni. Di queste, la maggioranza (24 mila) riguardano le Amministrazioni centrali, e in particolare il Ministero di Giustizia, al quale dovrebbero essere assegnate 22.251 nuove risorse, prevalentemente all’Ufficio del Processo (come stabilito dal PNRR). Per le Amministrazioni locali l’incremento è di quasi 3.400 persone: in buona misura i posti sono stati messi a bando dalle Regioni del Mezzogiorno all’interno del concorso Coesione Sud (2.022 posti); le assunzioni restanti si suddividono tra i posti per la ricerca di professionisti ed esperti per il supporto ai procedimenti amministrativi da reclutare con le modalità del portale InPA (1.000 posti), e il bando per 345 Segretari comunali e provinciali. I concorsi hanno cominciato ad essere banditi già nella seconda parte del 2021; la procedura per il conferimento dei 1000 incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti a supporto delle Amministrazioni territoriali si è conclusa. I bandi sono stati 30, suddivisi tra le varie Regioni: la distribuzione delle risorse stanziate, e di conseguenza dei posti messi a disposizione nelle Regioni, ha favorito le Regioni piccole e quelle meridionali (dato che il 40% delle risorse è stato destinato al Mezzogiorno, e all’interno di ciascuna macro-area la suddivisione è stata solo al 70% sulla base della popolazione residente). Le figure maggiormente richieste sono gli ingegneri, per i quali complessivamente si sono banditi 384 posti (sui 1000 complessivi), in particolare gli ingegneri civili (105 posti) e quelli ambientali (94 posti). Altre figure particolarmente richieste sono gli esperti amministrativi e quelli giuridici, gli architetti e i geologi. Non per tutte le figure è stato ricevuto un numero congruo di candidature: come evidenziato da Upb per alcune figure (ingegneri ambientali, geologi, ingegneri gestionali, ingegneri informatici) il numero di professionisti ricercati supera quello delle candidature ricevute”.

Come si nota, le norme vigenti si limitano a fermare con un secchio d’acqua una falla immensa. L’effetto delle norme sul Pnrr è di 28.000 assunzioni, poco più del 10% del personale nel frattempo evaporato; e molte di queste assunzioni sono per altro a tempo determinato e, a meno di probabilissimi ampliamenti, solo il 40% potrebbe essere tra due-tre anni destinato a stabilizzazioni. Il tutto, mentre il flusso in uscita dovuto ai pensionamenti prosegue, senza soste, ineluttabile.


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