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sabato 11 ottobre 2014

#AlluvionediGenova: risultato delle #riforme del nulla

Ancora una volta ottobre porta con sè piogge intense e danni incalcolabili al territorio, oltre che, purtroppo, vittime delle alluvioni. E Genova viene martirizzata nuovamente dai propri fiumi interrati, Bisagno, Fereggiano e Sturla, che si ribellano alla prigione dei tunnel nei quali sono stati rinchiusi e reclamano lo spazio dovuto loro dalla natura.
Nulla di tutto ciò è eccezionale ed imprevedibile. Sempre più spesso nei giornali si parla di "bomba d'acqua", come per definire fenomeni extra naturali, al di fuori del controllo e della possibilità di prevenzione. Una "bomba" esplode all'improvviso, a causa di un "nemico" che te la scaglia addosso, senza nemmeno dichiarazione di guerra, come a Pearl Harbor.
Le cose non stanno affatto così. Ottobre è autunno. E in autunno piove. Ogni anno, ormai, si assiste impotenti ad alluvioni che colpiscono in modo durissimo i territori dell'Italia.
Ma, ogni anno si resta colti di sorpresa da "bombe d'acqua" descritte come se si manifestassero sempre improvvisamente dall'Iperuranio.
L'ennesimo disastro di Genova, nella speranza che altri due-tre giorni di piogge autunnali intense, ma normalissime, non producano altri danni da qualche altra parte d'Italia, dimostra come siamo lontani dall'individuazione delle riforme di cui il Paese avrebbe davvero bisogno.
In molti, appreso che i lavori per risanare il territorio genovese dopo l'alluvione di soli 3 anni fa sono fermi a causa di ricorsi al Tar hanno iniziato a individuare nel Tar stesso la causa di quanto accaduto nei giorni scorsi. Il che fomenterà nuovamente gli attacchi alla giurisdizione amministrativa dei mesi scorsi, solo recentemente placatisi un po'.
Il rischio è l'apertura di una nuova campagna demagogica contro l'untore, sempre raffigurato nello Stato, molte volte nella magistratura, immancabilmente nel "burocrate".
E si dimentica, perchè lo si vuole fare dimenticare, che la vera burocrazia non è l'apparato chiamato ad applicare le norme o ad amministrare la giustizia, bensì l'insieme delle norme prodotte da Parlamento e Governo, veri responsabili da sempre dell'assenza di rimedi generali ed astratti a problemi concreti, noti e prevedibili.
Se al Tar Liguria giace la vertenza relativa all'affidamento dei lavori connessi all'alluvione di Genova del 2011, la responsabilità non è del Tar. Nè è immaginabile abolire un giudice posto a garantire ai cittadini la correttezza dell'operato della pubblica amministrazione. I Tar sono un baluardo contro gli abusi e le stesse corruzioni, in quanto i cittadini e le imprese possono rivolgersi a questi giudici perchè verifichino la correttezza dell'operato della PA, a garanzia dell'interesse generale di tutti.
Il fatto vero è che la normativa italiana sugli appalti è pura follia. E' il codice dei contratti, col suo regolamento di attuazione, la fonte vera delle innumerevoli vertenze che affollano i giudici amministrativi. L'affidamento degli appalti è subordinato a troppe, talvolta insulse, regole e regolette di dettaglio, financo sul modo col quale notificare l'esito degli appalti stessi, come se non bastassero le mille forme di pubblicità imposte, per esempio, dalle regole sulla trasparenza e anticorruzione. No: bisogna effettuare comunicazioni individuali a ciascun partecipante. Ne dimentichi una, e parte il ricorso. E, magari, restano fermi lavori di capitale importanza.
E le riforme sul tema? Come detto prima, nei mesi scorsi si è pensato di eliminare i Tar. Ma, a rendere l'irrazionale normativa sugli appalti più semplice ed efficace, non ci pensa proprio nessuno.
Il mese di ottobre di ogni anno ricorda al Paese che i suoi problemi e le sue opportunità non sono connessi alle grandi opere, Mose, Expo, Tav. L'attenzione andrebbe concentrata in modo prevalente al tentativo di porre rimedio a 40 anni e oltre di totale incuria del territorio ed alla sua aggressione, che poi restituisce casi come quelli di Genova. E c'è da ricordare agli sbadati che nella maggior parte dei casi le "bombe d'acqua" hanno colpito anche là, dove ricorsi al Tar pendenti non ce n'erano. Semplicemente perchè lavori per la difesa del suolo non se ne fanno.
Le cause di ciò sono note. In primo luogo, piccoli interventi di presidio del territorio non sono poi così appetibili come opere faraoniche della durata di anni e anni, per le quali ambire a rendite di milioni di euro, Mose docet. In secondo luogo, i comuni non possono da anni spender un euro in investimenti: la spesa pubblica totale in Italia in conto capitale si è quasi dimezzata in 10 anni, per mantenere fede all'applicazione rigida del famigerato patto di stabilità.
Si persegue la stabilità finanziaria, senza nemmeno ottenerla mai, ma sicuramente ciò che è instabile, fragile, offeso è il nostro territorio. La Liguria, pazientemente trasformata in terra fertile da secoli di laboriose mani capaci di terrazzare le colline, conquistando palmo dopo palmo terreno, si sta sbriciolando, per esempio. Nessuno più mantiene in efficienza sorgenti, percorsi, argini dei fiumi, che si riversano a valle potentissimi, irruenti, devastatori come erano prima che l'uomo li ammansisse.
L'omaggio al patto di stabilità consegna un Paese stremato sul piano finanziario e incapace di indirizzare gli investimenti sulla spesa necessaria addirittura per la propria sicurezza.
Siamo davvero sicuri che un imprenditore straniero non investa, poniamo a Genova, perchè c'è l'articolo 18, oppure perchè tema di perdere l'investimento in capannoni e macchinari, visto che nel breve termine non può contare nemmeno sulla salvaguardia da tragedie prevedibilissime?
Lo si sente dire da anni che il patto di stabilità andrebbe modificato. L'attuale premier, quando era sindaco, lo bollava come "patto di stupidità". Dovrebbe meravigliare, allora, il fatto che non lo abbia riformato, liberando le risorse per la difesa del suolo, come primo atto del suo governo.
Non è avvenuto. Nè pare verosimile avverrà. Le riforme sugli enti locali, sin qui hanno riguardato solo la possibilità di triplicare il numero dei dirigenti cooptati dalla politica, di incaricare negli staff dei sindaci "portaborse" pagati come dirigenti anche se privi di laurea, e di ridurre all'impotenza le province, non tanto con la riforma Delrio, che si sta rivelando inattuabile com'era facile prevedere, ma soprattutto con tagli insostenibili. E le province erano tra gli enti che potevano avere competenze rilevanti negli investimenti in protezione civile e difesa del territorio.
Purtroppo, la tragedia di Genova conferma che si inseguono riforme (Senato, centrali uniche appaltanti, province, articolo 18) oppure investimenti (Tav, F35) i cui risultati concreti per la vita delle persone sono poco più che nulli. In molti ripetono che l'attivazione di un programma di investimenti nella difesa del suolo non solo darebbe sicurezza, ma potrebbe permettere di attivare davvero il lavoro, perchè si finirebbe, finalmente di concentrare l'attenzione sulle regole sul lavoro, che non creano occupazione, e si investirebbe in opere, riattivando un'edilizia buona e tante attività lavorative vere. Ma, di tutto questo non c'è traccia sui radar.

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