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lunedì 7 marzo 2016

Il disastro delle dalla riforma delle province certificato dalla Corte dei conti

Ecco alcuni stralci della delibera 1.3.2016, n. 8, della Sezione Autonomie della Corte dei conti, che dimostra il disastro senza scampo della riforma delle province, incidente in modo negativo persino sul Pil.
La Corte dei conti aveva sin dal novembre 2013 evidenziato le troppe criticità di una riforma rabberciata ed improvvisata come quella avviata dall’allora Ministro degli affari regionali Delrio. I ritardi, i numeri, i risultati dimostrano inconfutabilmente che si è in presenza di un fallimento senza precedenti, rispetto al quale, tuttavia, nessuno sarà chiamato a rispondere.

Di seguito, gli stralci.
Le novità sullo stato di attuazione della legge 7 aprile 2014 n. 56.
Nel panorama generale della finanza locale, la riforma in atto delle Province riveste per l’esercizio considerato e per gli esercizi successivi, come confermato dalle importanti novità recate da ultimo dalla legge n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), una rilevanza particolare. Il referto illustra lo stato del processo in corso per l’attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 che, nonostante l’intervento della Consulta, con la sentenza n.50/2015, teso a sgombrare il campo dalle perplessità sollevate in merito alla legittimità costituzionale, in particolare, delle disposizioni recate in materia di riordino delle funzioni non fondamentali e nonostante le scadenze disposte dal Legislatore e le sanzioni, via via, introdotte dal Governo per incentivarne la realizzazione, appare ancora di là da potersi considerare completato. Tanto è vero che, al fine di poter superare l’impasse determinato dalla diffusa ritrosia delle Regioni a legiferare sul riassetto delle funzioni, il comma 765 della legge n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016) ha previsto la nomina di un Commissario ad acta per quelle che, alla data del 31 gennaio 2016, non avessero ancora provveduto a dare attuazione all’Accordo sancito fra Stato e Regioni in sede di Conferenza unificata dell’11 settembre 2014. Oltre a dettare le ulteriori tappe del processo di riordino in atto, l’anzidetta legge di stabilità contiene disposizioni di carattere finanziario tese a fronteggiare i due problemi principali emergenti dall’attuazione della riforma e cioè la grave crisi di liquidità delle Province e la questione assai delicata del trasferimento del personale soprannumerario, non ancora definito. Proprio a quest’ultimo aspetto il referto dedica un’attenzione particolare, focalizzando sugli interventi normativi e sulle soluzioni applicative adottate in materia di redistribuzione delle risorse, sia umane che finanziarie e strumentali, connesse alle funzioni oggetto di riordino, con specifico riguardo alla riallocazione del personale soprannumerario. Sul punto uno specifico approfondimento è stato riservato all’interpretazione fornita dalla Sezione delle autonomie dei commi 424 e 425 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015), nonché alle disposizioni introdotte dal d.l. n. 78/2015, al fine di risolvere le questioni di massima sollevate in merito dalle Sezioni regionali di controllo.
Autosufficienza finanziaria
Per le Province il dato evidente è che il livello di autosufficienza finanziaria rispetto alle spese finali, mantenutosi a livelli abbastanza costanti fino al 2013, intorno al 58%, grazie alla riduzione della spesa finale che ha assorbito la contrazione delle risorse, negli ultimi esercizi 2014-2015si è andato deteriorando. Il contributo richiesto a Province e Città metropolitane nel 2014 è stato pari a 2.060,00 mln, nel 2015 3.242,00 mln. Una situazione alleggerita, per il 2015, in misura minimale dagli strumenti “una tantum” introdotti dal decreto legge n. 78/2015 per gli equilibri di bilancio quali l’utilizzo degli avanzi liberi (200 mln) e destinati (100 mln) e per interventi finanziari per complessivi 421 mln. Nessuna risorsa è venuta dal fondo sperimentale di riequilibrio nel 2014 pari a 1.046.917.823 euro interamente assorbito da riduzioni (1.046.128.439 euro da spending review art. 16, co. 7 d.l. n. 95/2012) e recuperi, come già nel 2013 . Il finanziamento dei bilanci provinciali si è retto, principalmente, sulle fonti di maggiore rilievo rappresentate dal gettito dell’imposta provinciale di trascrizione e sull’imposta sui contratti per l’assicurazione della responsabilità civile correlata alla circolazione degli autoveicoli, sia pure con un andamento costantemente decrescente degli accertamenti in conto competenza che flettono, complessivamente, in valore assoluto di 1,4 miliardi di euro nel raffronto dei dati tra gli estremi della serie storica. Nel 2014 le Province accertano meno entrate rispetto al 2013 per l’importo di 568,1 milioni di euro pari a -10,4%. I maggiori decrementi nelle entrate correnti del quadriennio sono riconducibili invece alle entrate da trasferimenti del II Titolo con una variazione negativa del 37,1% (in termine assoluto circa un miliardo di euro in meno) con tagli che si aggirano intorno ai 300 mln in ognuna delle prime tre categorie. Per il conto capitale va rilevato che sul versante delle entrate nel 2014, rispetto al 2013, si è avuta una dinamica di contrazione delle risorse disponibili per gli investimenti (-217,3 mln di accertamenti pari al 24,7% in meno) quale risultante di una riduzione degli accertamenti delle entrate del Titolo IV del 34,8% (pari a 289,3 mln in meno) e di un incremento del 142,9% di quelle del Titolo V (da 50,3 mln a 122,2 mln) ascrivibile ad una ripresa del ricorso ai mutui e prestiti da parte delle amministrazioni provinciali influenzata, anche per le Province, dalle risorse erogate per anticipazioni di liquidità.
Disastro spesa
L’analisi della spesa delle Province ha riguardato un campione di 76 enti, mostrando, nel quadriennio considerato, andamenti complessivamente in contrazione, tanto con riferimento agli stanziamenti definitivi di competenza (-25,9%), quanto con riguardo agli impegni (-21%) ed ai pagamenti di competenza (-14,5%) . Contrazioni confermate anche nel confronto con l’esercizio precedente, sebbene con valori percentuali più contenuti (-3% stanziamenti, -9,8% impegni e -2,1% pagamenti di competenza). Gli andamenti osservati confermano, in linea di massima, quanto considerato in occasione del referto sul “Riordino delle Province” approvato con deliberazione n. 17/SEZAUT/2015/FRG (al quale si fa rinvio). Al riguardo, la Corte aveva già avuto modo di sottolineare come gli andamenti della spesa delle Province fossero stati profondamente influenzati dalla riforma introdotta con la l. n. 56/2014, che indicava un preciso iter procedurale, sottoposto a ripetuti interventi da parte del Governo e del Legislatore, che hanno in parte integrato ed in parte sostanzialmente modificato quanto originariamente stabilito. Inoltre, i tagli imposti dalla legge n. 190/2014 sono andati ad aggiungersi a quelli già previsti dal d.l. n. 66/2014 e sono intervenuti ancor prima che fosse stato completato il processo di redistribuzione delle competenze, mettendo a rischio l’erogazione stessa di servizi fondamentali per i cittadini
Mentre per i Comuni le situazioni di squilibrio finanziario, soprattutto in termini di cassa, appaiono prevalentemente dislocate nel sud Italia e nelle Isole, non altrettanto può dirsi con riferimento alle Province, il cui diffuso - e generalizzato - stato di malessere pone seri dubbi sulla sostenibilità dei tagli ai trasferimenti e dei sempre più onerosi contributi alla manovra, imposti nel tempo dal legislatore. Complessivamente, la riduzione del numero di Province in equilibrio economico-finanziario, particolarmente accentuata nel 2014 (39 enti a fronte di 50 nell’anno precedente), mostra un diffuso stato di difficoltà, nell’attuale fase di transizione istituzionale, ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio. A testimonianza degli sforzi profusi dalle Province nel contenimento della spesa, si segnala il progressivo decremento delle spese finali nel quadriennio (-23,7%); per i Comuni, tale tendenza è rispettata negli anni 2011, 2012 e 2014, ma non nel 2013, probabilmente per gli effetti collegati alle anticipazioni di cui al d.l. n. 35/2013. In questo specifico contesto, tuttavia, è da osservare una progressiva flessione della spesa in conto capitale, molto più accentuata nelle Province (-45,9%) rispetto ai Comuni (-19,9%), per via del diffuso utilizzo di entrate extra ordinem – tra cui l’applicazione di consistenti quote di avanzo di amministrazione - per il conseguimento dell’equilibrio di parte corrente.
Tagli ingiustificati e incostituzionali
Nell’ambito del processo di attuazione della legge di riforma delle Province è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 188 del 24 luglio 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due leggi di bilancio della Regione Piemonte: la l.r. n. 9/2013 (bilancio di previsione per l’esercizio 2013) e la l.r. n. 16/2013 (assestamento al bilancio di previsione per l’esercizio 2013) nella parte in cui entrambe non consentono di attribuire adeguate risorse per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge regionale n. 34 del 1998 in materia di riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione Piemonte e degli Enti locali…
Sebbene gli atti impugnati davanti al giudice a quo (TAR) siano le delibere di Giunta che hanno provveduto all’assegnazione delle risorse regionali da trasferire alle Province ricorrenti, poiché le assegnazioni non avrebbero potuto, logicamente, superare gli stanziamenti autorizzati con il bilancio di previsione e confermati in sede di assestamento, il giudizio di costituzionalità ha avuto ad oggetto, in effetti, proprio le due leggi di approvazione dei citati documenti contabili regionali ed, in particolare, i commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge regionale n. 9/2013, nonché l’art. 4 della stessa legge. La dichiarazione di incostituzionalità delle anzidette disposizioni travolge, conseguentemente, gli stanziamenti appostati sul capitolo di bilancio specificamente riferito ai trasferimenti alle Province, che nel breve volgere di due anni avrebbe visto ridotta la propria dotazione finanziaria di ben 67 punti percentuali, passando da 60 milioni di euro del 2010 a circa 20 milioni di euro del 2013. La Consulta ha bocciato le disposizioni contenute nelle citate leggi della Regione Piemonte, nella parte in cui le stesse dispongono la riduzione in modo irragionevole e sproporzionato – senza alcun piano di riorganizzazione o riallocazione - delle dotazioni finanziarie storiche per l’esercizio delle funzioni conferite alle Province dalla legge regionale n. 34/1998. Infatti, a fronte di una così drastica riduzione degli stanziamenti per l’esercizio delle funzioni trasferite, disposta dalla Regione Piemonte, sono rimasti intatti gli oneri operativi per l’esercizio delle funzioni trasferite, compresi, ovviamente, i costi di gestione, ed, altresì, inalterati i requisiti quantitativi e qualitativi delle funzioni medesime. Le censurate disposizioni collidono, peraltro, con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Cost. che, nel caso in esame, costituisce il portato del principio di ragionevolezza e parità di trattamento di cui all’art. 3 della Costituzione. L’anzidetto principio implica, da un lato, che le risorse stanziate siano idonee ad assicurare la copertura della spesa, a cominciare da quella relativa al personale delle amministrazioni…
La pronuncia del Giudice delle leggi, al di là del caso di specie, pone un principio basilare di grande rilievo anche per la tematica in esame e cioè che non è possibile una riduzione apodittica della dotazione finanziaria, che vada ad incidere sugli stanziamenti a favore degli enti (nel caso di specie le province) in modo irragionevole e sproporzionato, in assenza, peraltro, di un progetto di riorganizzazione e di riallocazione delle funzioni ancora intestate agli enti medesimi . Infatti, le previsioni di entrata e di spesa devono essere necessariamente in linea con il principio di programmazione, codificato dall’art. 7 della l. n. 196/2009. Resta, perciò, un limite invalicabile tracciato dalla Consulta e cioè che non è possibile operare riduzioni irragionevoli e sproporzionate delle risorse stanziate a favore degli Enti locali, senza un’adeguata e proporzionale riduzione delle funzioni attribuite e del personale assegnato per lo svolgimento delle stesse . Il collegamento logico immediato è evidentemente con l’attuazione della l. n. 56/2014, in considerazione dei tagli operati dalla l. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), che non appaiono del tutto congruenti con il meccanismo previsto dalla citata l. n. 56/2014, che ha disposto la riallocazione delle funzioni provinciali non fondamentali, in modo tale da assicurare agli enti destinatari delle stesse l’attribuzione, in assoluta simmetria di patrimonio, strumentazioni e risorse precedentemente spettanti alle Province
Ricollocazione lumaca del personale
L’anzidetto processo di trasferimento delle risorse umane in esubero ancora oggi risulta tutt'altro che completato per una serie di motivi riconducibili, in parte, alla lentezza delle Istituzioni coinvolte nell'attuazione della riforma, anche in ragione della particolare circostanza del contestuale rinnovo elettorale dei vertici politici di molte Regioni e Comuni (fissato al 31 maggio 2015), ed, in parte, alla mancanza di chiarezza del quadro regolamentare generale.
Quadro finanziario devastato
La spesa totale delle Province, analizzata con riferimento agli stanziamenti definitivi di competenza del campione monitorato70, mostra un’evidente contrazione (-25,91%) nel quadriennio e l’andamento evidenziato viene confermato anche dal confronto con l’esercizio precedente (-3%). Nel quadriennio gli stanziamenti definitivi di competenza si mostrano in calo tanto per le spese correnti (-16,15%) quanto ed, in particolar modo, per quelle in conto capitale (-47,74%), mentre aumentano gli stanziamenti del Titolo III (+36,36%)…
Analizzando nel dettaglio i saldi aggregati dei rendiconti delle Province, si osserva che il margine corrente, che rappresenta il saldo tra le entrate e le spese correnti, al netto di entrate extra ordinem, fa registrare nel quadriennio 2011-2014 un risultato positivo, ma con un trend di progressivo, marcato peggioramento. Nel 2014, il margine corrente (saldo tra le entrate correnti rispetto alle spese correnti) registra un’incidenza rispetto alle entrate correnti pari al 7,4%. Il trend peggiorativo risulta ancora più evidente analizzando l’equilibrio economico finanziario, che, nel triennio 2011/2013, presenta un saldo positivo sia pur in progressiva decrescita, per poi divenire negativo nel 2014, per quasi 100 milioni di euro. In tale situazione di disavanzo, il complesso delle entrate correnti non è sufficiente a coprire le spese correnti più le spese per rimborso prestiti, che risultano complessivamente eccedenti rispetto alle prime del 2% . Il margine del conto capitale, che rappresenta il saldo tra le entrate del Titolo IV e la spesa per investimenti (al netto della riscossione crediti e concessione prestiti), nel 2014 continua ad avere segno negativo, sia pur in lieve miglioramento rispetto agli esercizi precedenti. Il disavanzo è comunque pari al 28,8% della spesa per investimenti. Come già osservato per i Comuni, il fenomeno è da addebitarsi principalmente al dirottamento di entrate extra ordinem a copertura di spese correnti, che sottrae alla spesa d’investimento preziose fonti di finanziamento. L’equilibrio di parte capitale, invece, che rappresenta il saldo appena sopra indicato migliorato delle entrate da indebitamento, mostra anche nel 2014 una situazione di disavanzo, sia pur meno accentuata rispetto a quella del margine in conto capitale…
Complessivamente, la progressiva riduzione del numero di Province in equilibrio economicofinanziario, rispetto al 2012, dimostra un diffuso stato di difficoltà, nell’attuale fase di transizione istituzionale, ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio. Trovano pertanto ampia conferma, in questa sede, le preoccupazioni espresse da questa Sezione nel recente referto su “Il riordino delle Province – aspetti ordinamentali e riflessi finanziari”, approvato con deliberazione n. 17/SEZAUT/2015/FRG, che, analizzando i flussi di cassa SIOPE nel quadriennio 2001-2014, ha posto in evidenza, tra l’altro, il progressivo deterioramento della capacità strutturale delle Province di far fronte al proprio fabbisogno corrente. A testimonianza degli sforzi profusi dalle Province nell’operare un contenimento sul versante della spesa, si segnala il progressivo decremento delle spese finali nel quadriennio (-23,7%); per i Comuni, tale tendenza è rispettata negli anni 2011, 2012 e 2014, ma non nel 2013 probabilmente per gli effetti collegati alle anticipazioni di cui al d.l. n. 35/2013. In questo specifico contesto, tuttavia, è da osservare una progressiva flessione della spesa in conto capitale, molto più accentuata nelle Province (-45,9%) rispetto ai Comuni (-19,9%), per via del diffuso utilizzo di consistenti quote di avanzo di amministrazione per il conseguimento dell’equilibrio di parte corrente. Per le amministrazioni provinciali, tale fenomeno appare in tutta la sua evidenza nel progressivo decremento del margine corrente e, soprattutto, dell’equilibrio economico, che, nel 2014, acquisisce segno negativo. Evidenti risultano le ripercussioni negative sulla spesa d’investimento e sui relativi equilibri, che meritano particolare attenzione nell’attuale congiuntura economica, caratterizzata da una riduzione del Prodotto interno lordo .

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