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giovedì 27 luglio 2017

Le modelle di Caravaggio: donne di vita, donne di pittura

Non era semplice per un pittore "forestiero" giunto a Roma avendo investito tutti i propri denari nella formazione pittorica e senza un mecenate che lo sostenesse economicamente tirare a campare e procurarsi modelli per i quadri.

La vita di Caravaggio a Roma, agli inizi della sua carriera, era stata piuttosto difficile e pienamente in linea con l'idea bohemien del pittore in cerca di fama.
Per dare mostra della propria capacità, Michelangelo Merisi quindi prese a modello, per primo, se stesso: la sua prima opera nota è, non a caso, il cosiddetto Bacchino malato (galleria Borghese), nel quale il Caravaggio si ritrae probabilmente uscito da poco dal nosocomio nel quale era stato ricoverato anche per i concreti stenti dei suoi primi anni a Roma.



E non solo dipingeva se stesso, ma anche suoi "colleghi" che con lui condividevano stenti e vita "da artista", come per esempio il siracusano Mario Minniti, ritratto nel giovinetto con canestra di frutta (galleria Borghese)



Mario Minniti, Ecce homo, Palermo, palazzo Abatellis
Caravaggio, dunque, si ritrovò per necessità, ma certamente anche per indole, a vagare per le strade di Roma, nel quartiere del Campo Marzio, a cercare di mostrare le proprie opere e qualche acquirente e, soprattutto, di sbarcare in qualche modo il lunario.
Le frequentazioni del Merisi, dunque, non potevano che essere "di strada".
Caravaggio, a partire dal 1600 assurse alla straordinaria fama che ebbe, tanto da essere qualificato "egregius in Urbe pictor" nel contratto della commessa affidatagli da Tiberio Cerasi, tesoriere generale della Camera apostolica, per la realizzazione della crocifissione di S. Pietro e della conversione di Saulo nell'omonima cappella a S. Maria del Popolo. Eppure non seppe e non volle rinunciare a quella "vita di strada", a causa della quale vide concludersi per sempre la sua carriera a Roma, a seguito della tragica rissa con Ranuccio Tomassoni, finita col suo omicidio, il 28 maggio del 1606.
Dunque, nella strada il Merisi trovava i modelli per i suoi dipinti. Roma, in quegli anni, brulicava di prostitute, proprio nella zona frequentata dal Merisi; donne che erano per altro aduse a frequentare pittori: vendere il proprio corpo anche per prestarsi come modella di un quadro era attività tutto sommato utile, se adeguatamente remunerata e una "distrazione" dalla convulsa vita di ogni giorno.
Non è un caso che la prima opera a soggetto religioso di Caravaggio ritragga la Maddalena penitente (1595; Roma, galleria Doria Pamphili) e che modella della Maddalena sia Annuccia Bianchini, una prostituta che il Merisi frequentava abitualmente:


Fanno propendere per questa tesi alcune caratteristiche della donna, nota nei verbali di polizia di quegli anni, per la sua vita certamente sopra le righe: era di bassa statura e dai lunghi capelli rossi, come appunto la Maddalena del Caravaggio (che dell'inconografia classica non riproduce il teschio, ma il vaso contenente l'unguento con cui Maddalena unse il corpo di Gesù, vaso dipinto un un vetro trasparentissimo e lucente).
Queste caratteristiche le ritroviamo nel Riposo durante la fuga in Egitto (1596; Roma, galleria Doria Pamphili), ove ancora una volta Caravaggio ritrae Annuccia Bianchini nei panni della Madonna, che abbraccia dolcemente il figlio dormiente:


La posa della Bianchini è quasi la stessa sperimentata pochi mesi prima nelle vesti della Maddalena penitente. Il quadro per la prima volta raffigura la Madonna, utilizzando come modella una prostituta: Caravaggio non abbandonerà questa scelta sicuramente forzata, non tanto per l'utilizzo di una donna di vita come modella, cosa che era molto diffusa tra i pittori, quanto piuttosto perchè il Merisi non idealizzava le figure, ma ritraeva i modelli esattamente dal vero, come sua scelta poetica, rendendoli riconoscibili a tutti.
Annuccia Bianchini appare in un terzo dipinto: Marta e Maria Maddalena (1595; Institute of Arts, Detroit), nel quale incontriamo nei panni della Maddalena (che tiene un fiore d'arancio tra le dita e si appoggia allo specchio) un'altra modella del Caravaggio, la preferita: Fillide Melandroni:


Anche Fillide è una prostituta, che passa la vita cercando di diventare di "alto bordo" per poi affrancarsi. Era intima di quel Ranuccio Tomassoni ucciso dal Merisi e non è da escludere che tra i due screzi e risse precedenti fossero anche stati causati dalla comune frequentazione della Melandroni.
Torniamo ad Annuccia Bianchini. Potrebbe essere ritratta, infatti, in un altro tragico, e al contempo bellissimo, dipinto del Caravaggio: Morte della Vergine (1604; Parigi, Louvre)


Il dipinto ebbe una storia molto travagliata. Fu commissionato come pala d'altare da Laerzio Cherubini per la propria cappella in Santa Maria della Scala, ma venne rifiutata dai Carmelitani Scalzi. L'opera contrastava troppo con l'iconografia classica della morte della Vergine, che propone la Madre di Gesù composta, ancora vivida, quasi dormiente nei suoi classici panni. Il dipinto di Caravaggio rappresenta, invece, una giovane donna probabilmente davvero morta e ritratta dal vero: la carnagione esangue, il braccio penzoloni, i piedi nudi e gonfi, come gonfio il ventre sotto il vestito rosso sangue come il telo che sembra aprirsi come il tendone di un palcoscenico teatrale.
I capelli disordinati della modella sono lunghi e rossi; le sue fattezze non paiono troppo dissimili da quelle di Annuccia Bianchini, che si sa essere morta nel 1604, forse gettatasi suicida nel Tevere. E subito a Roma si sparse la voce che Caravaggio abbia appunto scelto di prendere a modella della Vergine Annuccia, sia per ritrarla un'ultima volta, sia per restare fedele alla sua volontà di rappresentare sempre il vero, aprendo così le porte al barocco e alla pittura moderna.
Da notare la figura femminile piangente accanto alla Vergine: rappresenta ancora una volta la Maddalena, come detto prima il primo quadro a tema sacro del Caravaggio, ove apparve la Bianchini. In questo dipinto ora al Louvre, la Maddalena piange, è accasciata: non rivela il volto: un'allusione proprio al decesso della Bianchini, la prima Maddalena?
Andiamo alla seconda donna di vita modella di Caravaggio, Fillide Melandroni, già incontrata poco sopra nei panni di Maria Maddalena con Marta.
Di Fillide Caravaggio dipinse un ritratto proprio in posa di cortigiana:


Questo quadro ha una storia travagliatissima, come molti del Caravaggio. Nelle fonti vi è incertezza sulla committenza e datazione. Secondo alcuni l'opera è del 1597, ordinata al Merisi da Vincenzo Giustiniani; secondo altri, il ritratto potrebbe essere del 1603 e commissionato da Giulio Strozzi, banchiere veneziano col quale Fillide si sposò. L'opera, purtroppo, è andata perduta nel 1945 nell'incendio del Kaiser Friedrich Museum, a Berlino, insieme col Matteo e l'angelo.
I quadri nei quali la Melandroni è raffigurata sono ancora molti altri:

Santa Caterina d'Alessandria, 1598;  Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid

Giuditta e Oloferne - 1599, Roma Palazzo Barberini

Deposizione di Cristo, Roma Musei Vaticani

Discusso è se la Vergine de La natività con i santi Lorenzo e Franscesco sia rappresentata proprio da Fillide Melandroni o se si tratti di un ricordo del Caravaggio nel suo periodo siciliano:


Anche quest'ultima è opera travagliatissima: fu trafugata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969 e ancora non se ne ha traccia.
C'è, ancora, Maddalena Antognetti, altra prostituta che viene utilizzata da Caravaggio ben due volte, sempre per rappresentare la Vergine.
La incontriamo una prima volta nel dipinto Madonna dei Pellegrini, pala d'altare della cappella Cavalletti a Sant'Agostino, dipinta tra il 1604 e il 1606:


Giovanni Baglione, pittore e biografo di Caravaggio, suo contemporaneo (e rivale) così parla dell'opera ne " Le vite de' pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a' tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642": "nella prima cappella della chiesa di Loreto di Sant'Agostino alla man manca fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co'piedi fangosi, e l'altra con una cuffia sdrucita, e sudicia; e per queste leggeriezze in riguardo delle parti, che una gran pittura haver dee, da popolani ne fu fatto estremo schiamazzo". Versione poi confermata più tardi dal Bellori.
Il Baglione era estremamente critico nei confronti di Caravaggio, ritenuto eretico per la sua innovatività e, in particolare, per il suo verismo, che si contrapponeva alla "maniera" classicheggiante di fine '500 alla quale il Baglione apparteneva, prima di aderire proprio allo stile "caravaggesco".
Gli screzi tra i due furono tanti e sfociarono in una denuncia del Baglione contro il Caravaggio, per diffamazione. Baglione accusò il Merisi di averlo oltraggiato con versetti distribuiti in città, contenenti impietose satire sulla sua pittura. Gli atti del processo riportano una dichiarazione della viva voce del Caravaggio, brevissima, ma perfetta sintesi della sua concezione della pittura. Secondo il Merisi erano valenti pittori solo  “coloro che sappiano dipingere bene ed imitare bene le cose naturali”: il verismo caravaggesco e barocco espresso in poche e intense parole.
Probabilmente, all'origine degli "schiamazzi" generati dalla Madonna dei pellegrini non era tanto lo stile del quadro, con l'evidenziazione degli abiti consunti, sdruciti e sporchi dei pellegrini e dei loro piedi sudici in primo piano, quanto piuttosto l'estrema riconoscibilità di Maddalena Antognetti nei panni della Vergine; ancora una volta una prostituta che prestava il proprio volto alla Madonna e che "riceveva" a pochi passi dalla basilica di S. Agostino, in piazza Navona.
Maddalena Antognetti appare di nuovo ne La Madonna dei Palafrenieri o della serpe, dipinta nel 1606 ed oggi alla galleria Borghese:


Ennesimo quadro dalla storia travagliata. Fu commissionata al Merisi dall'Arciconfraternita dei Parafrenieri Pontifici del cardinal Colonna, come pala d'altare della loro cappella nella nuova basilica di San Pietro. Ma, fu posta nella sua sede per pochissimi giorni; venne quasi subito tolta e portata trasferita nella chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri. Ma anche qui non rimase per molto tempo: venne acquisita nel giugno 1606 da Scipione Borghese, quando Caravaggio era già in fuga da Roma a causa dell'omicidio di Ranuccio Tomassoni.





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