Il pamphlet La Casta ha rafforzato quel filone giornalistico di
inchiesta sulla PA, che ormai pervade tutti i media.
Giustissimo che la stampa faccia da cane da guardia contro le
disfunzioni della PA, per denunciarle e così anche sollecitare
possibili rimedi.
Purtroppo, però, dalla giusta azione di controllo, spesso, troppo
spesso, il clamore facile delle inchieste, fa scadere nell’
“inchiestismo scandalistico”, volto necessariamente a cercare
l’uomo che morde il cane. E a suggerire rimedi “tanto al chilo”
ai quali, purtroppo, spesso la politica finisce per credere davvero:
l’esempio più eclatante è la sciagurata campagna contro le
province, che ha prodotto la più disastrosa delle riforme mai viste.
Nell’alveo di questo tipo di inchieste giornalistiche, spesso
inclini a cogliere pochi casi singoli per poi elevarli a paradigma
generale rientra certamente quella della rubrica Dataroom di Milena
Gabanelli, dedicata
ai responsabili della prevenzione della corruzione ed ai segretari
comunali.
Un’inchiesta che riporta certamente notizie sulle quali è
necessaria ed opportuna la massima attenzione, ma intrisa di errori e
superficialità.
L’inchiesta afferma: “Negli enti locali italiani, i
Responsabili dell’Anac, salvo eccezioni, sono i segretari generali:
circa 7.000 in tutto, nominati dal sindaco, o dal Presidente della
Provincia”.
I segretari comunali (basta consultare il Conto annuale del tesoro)
non arrivano a 3.500. Quindi la cifra riporta sopra non è corretta.
Forse l’inchiesta si riferisce al numero complessivo dei
responsabili della prevenzione della corruzione, ma avrebbe dovuto
precisare che non tutti coincidono col segretario comunale.
Meno che mai si tratta di responsabili “dell’Anac”, come del
resto precisa sul Corriere del 16 ottobre 2018 il presidente
dell’Anac, nell’intervento titolato “La prevenzione della
corruzione, i poteri dell`Autorità”, ove si legge: “L'Autorità
nazionale anticorruzione, infatti, non ha alcun potere nella loro
nomina ne alcun ruolo rispetto al loro operato. Gli Rpc sono
dipendenti della singola amministrazione e questo incarico è
conferito dai vertici della amministrazione di appartenenza, senza
nessuna interlocuzione con l'Anac”.
L’inchiesta prosegue ricordando che “l’Anac, con una
circolare raccomanda di «evitare di designare, quale responsabile
della prevenzione della corruzione, un dirigente nei confronti del
quale siano pendenti procedimenti giudiziari», o che non abbia dato
«dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo»”. Dopo
di che elenca alcuni casi di segretari comunali incappati in
inchieste giudiziarie. Si afferma: “che sono almeno 20 gli enti
che non hanno sentito la necessità di adempiere alle
raccomandazioni”.
Leggendo l’articolo, però, si apprende che la gran parte dei
procedimenti giudiziari riguardano casi di responsabilità erariale,
all’esame della Corte dei conti. Certo, si tratta sicuramente di
procedimenti giudiziari. Ma, l’articolo sembra suggerire una sorta
di collegamento necessario tra responsabilità erariale e corruzione.
Il che non è. La magistratura contabile segue una giurisdizione che
si occupa di questioni totalmente diverse. Atti che non possono
minimamente essere tacciati di rivelarsi in violazione della
normativa anticorruzione, potrebbero comunque determinare danno
all’erario. E’ certo meglio evitare casi di conflitto di
interessi tra ente danneggiato e funzionario riconosciuto
responsabile del danno, ma è opportuno precisare che l’indicazione
dell’Anac è con ogni evidenza riferita a procedimenti giudiziari
di carattere penale o anche civili, amministrativi e contabili, ma in
questi ultimi tre casi se l’illegittimità civile o amministrativa
e la responsabilità erariale possano ricondursi a violazioni della
normativa anticorruzione.
Ancora, l’inchiesta evidenzia: “Dati alla mano: una media di
oltre 1.500 casi di corruzione ogni anno, 818 sentenze definitive di
condanna nel solo 2016 per peculato, indebita percezione di
erogazioni pubbliche a danno dello Stato, corruzione in atti
giudiziari, d’ufficio, concussione. Eppure 3 enti su 4, non hanno
mai stato segnalato alcun caso di corruzione. Ma chi avrebbe dovuto
segnalarlo? Proprio i Responsabili Anticorruzione”.
E’ evidente l’equivoco. Sostanzialmente, i redattori ritengono
che spetti al responsabile della prevenzione della corruzione
segnalare casi di corruzione di natura penale.
Un errore di visione che denuncia scarsa conoscenza della legge
190/2012 e delle sue previsioni. I responsabili della prevenzione
della corruzione (che nei comuni sono i segretari comumnali)
intervengono con
pochi mezzi a disposizione e pochi strumenti efficaci allo scopo
di prevenire la corruzione di natura amministrativa, non quella
penale, che non rientra nella loro competenza. La legge 190/2012
disciplina le azioni per la prevenzione in via amministrativa della
corruzione, non la sua repressione per via giudiziaria. Lo chiarisce
molto bene ancora una volta il presidente dell’Anac nel già
ricordato suo intervento: “Quanto all'affermazione contenuta
nell'inchiesta secondo cui non si sa in quali casi gli Rpc abbiano
segnalato il verificarsi di fatti di corruzione, va chiarito che non
si tratta di ufficiali di polizia nè giudiziaria nè di sicurezza
ma di soggetti chiamati a far rispettare un impianto di norme (dai
piani di prevenzione, ai codici etici alle norme sulla trasparenza)
che, anche secondo i migliori standard intemazionali, hanno come
obiettivo di provare ad evitare che la corruzione si verifichi”.
E’ bene ricordare che di recente i segretari comunali sono stati
travolti da un’ondata loro molto sfavorevole, sfociata nel
tentativo di abolirli con la sciagurata riforma Madia della
dirigenza, fortunatamente fermata dalla Corte costituzionale con la
provvida sentenza 251/2016.
Inchieste imprecise e generalizzanti (20 casi “delicati” su 7000
soggetti, danno un indice di eventuale inopportunità degli incarichi
dello 0,28%; poiché le amministrazioni interessate sono 15.000, come
precisa sempre il presidente dell’Anac, l’indice è più che
dimezzato) come questa, non sono di utilità alcuna per il
miglioramento del sistema, ma servono a soffiare il vento nelle vele
del populismo, sempre incline ad abolire, sopprime ed abrogare, senza
avere mai un’idea di cosa e come costruire.
Non resta, quindi, in conclusione che associarsi alle parole del
presidente dell’Anac, sempre espresse nell’intervento del
16/10/2018: “Infine, mi faccia però spezzare una lancia in
favore degli Rpc (responsabili della prevenzione della
corruzione, nda); i casi indicati dalla Gabanelli sono gravi e le
amministrazioni che non rimuovono quelli nominati in modo inopportuno
violano lo spirito della legge; verificheremo tutti i casi ed
interverremo di conseguenza. È però giusto ricordare che le
amministrazioni tenute a nominare un Rpc sono almeno 15 mila. Ci
possono essere certamente mele marce (e non sono mancati persino casi
di arresti di Rpc) ma va evidenziato anche che sono tanti
coloro che stanno provando a vincere una sfida difficilissima;
quella di imporre i valori dell'anticorruzione dall'interno, senza
aspettare indagini, manette ed agenti provocatori”.
Si ede che "sa di cosa parla"
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