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mercoledì 11 maggio 2022

Nessuna riforma della PA e della dirigenza pubblica avrà buon fine, finchè si assimili l'attività pubblica a quella delle aziende.

L'articolo di Giovanni Valotti pubblicato su Il Sole 24Ore dell'11.5.2022 dal titolo "Gli incentivi perversi che zavorrano i dirigenti statali" torna sul trito e ritrito refrain della "PA come un’impresa" e del dirigente che dovrebbe “agire come un imprenditore”, propagandato da più di 30 anni, senza mai alcun esito positivo.

Una quantità innumerevole di riforme della PA sono state adottate, seguendo queste sirene, con esiti spesso nulli, ma non di rado, purtroppo, invece devastanti.

Il Valotti scrive frasi suggestive: “La recente pandemia ha visto attivarsi il settore pubblico in tempi rapidissimi, approntare soluzioni innovative, attivare forme di collaborazione tra istituzioni e con il privato, rispettando le norme ma interpretandole nel modo più idoneo a realizzare gli interventi necessari”. Chi opera come funzionario pubblico sa bene che la formula “rispettare le norme” “ma interpretandole nel modo più idoneo a” se non risulti del tutto un vuoto o un ossimoro (le norme non possono che essere rispettate interpretandole per quello che dispongono, non in un modo “idoneo”, visto che l’idoneità è soggettiva, mentre il precetto è generale ed il può oggettivo possibile), è solo un modo elegante per esortare ad “applicare le norme per i nemici, ed interpretarle per gli amici”.

Ha ragione il Valotti quando osserva che un intervento normativo comunque va fatto e che la funzione della PA e dei dirigenti andrebbe meno condizionata dall’eccesso di responsabilità, spesso formale, a suo carico, in particolare quello della responsabilità erariale.

Tuttavia, è questione di equilibri. La Corte dei conti non è stata istituita per volontà di inamovibili, anziani e freddi burocrati con qualifiche dirigenziali. Come spiega il sito della Corte stessa “La Corte dei conti fu istituita agli albori dello Stato unitario (legge 14 agosto 1862, n. 800), perché vigilasse sulle amministrazioni dello Stato, così da prevenire ed impedire sperperi e cattive gestioni. In questa funzione, la Corte dei conti assunse la veste di una "magistratura", essendo emersa - secondo la storica affermazione di Camillo Benso conte di Cavour - la "assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile"”. Non risulta che il conte di Cavour fosse un burocrate inteso al formalismo, ma un vero e capace liberale.

La dirigenza pubblica amministra soldi dello Stato, cioè pubblici; un imprenditore investe soldi propri. Una differenza c’è ed è ineliminabile. Solo capendo questo una volta e per sempre si potrà incidere davvero con riforme utili e capaci anche di migliorare la dirigenza e renderla più efficiente. Ma, finchè si giochi al giochino della “PA come un’azienda” non si otterrà mai alcun risultato utile.


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