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domenica 24 aprile 2022

Pnrr, incarichi ai pensionati in violazione ad ogni norma e logica

             Il testo finale del decreto legge “Pnrr-2” conferma, con una piccolissima attenuazione, la norma che consente alle PA impegnate nella direzione ed attuazione dei progetti finanziati col Pnrr di reclutare pensionati.

La norma consente di far tornare in pista i pensionati della PA purchè sussistano le seguenti condizioni:

1.      si tratti di personale pensionato da più di due anni;

2.      i pensionati siano qualificabili come esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria;

3.      le attività per le quali chiamarli siano prestazioni di natura temporanea e altamente qualificata.

La seconda condizione, di carattere soggettivo e cioè relativa al profilo del pensionato da chiamare in servizio, e la seconda condizione, di carattere oggettivo e connessa al tipo di attività da svolgere, coincidono con quelle richieste dall’articolo 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs 165/2001.

La prima, invece, in base alla quale i pensionati a cui rivolgersi debbono trovarsi in quiescenza da almeno due anni è tesa:

a)      a limitare il numero delle persone alle quali rivolgersi per l’attuazione del Pnrr;

b)      a rispettare in sostanza il principio del divieto di pantouflage.

Sempre coerentemente con l’articolo 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, l’attribuzione di incarichi ai pensionati dovrà essere preceduta dalla dimostrazione, da parte delle amministrazioni conferenti, dell’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili.

Infine, laddove si dimostri l’ulteriore presenza di particolari esigenze oggettive alle quali non sia possibile far fronte con personale in servizio e per il tempo strettamente necessario all'espletamento delle procedure di reclutamento del personale dipendente, ai pensionati si potrà conferiire:

a)      l'incarico di Responsabile unico del procedimento (Rup) nelle procedure di appalti;

b)      incarichi di

a.       progettazione,

b.      direzione dei lavori,

c.       coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione,

d.      incarichi di collaudo,

e.       altri incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell'attività del Rup.

Molte sono le perplessità che desta questa ampia regolazione che re-introduce la possibilità di chiamare in servizio i pensionati, esclusa ben 10 anni fa da una delle manovre “salva Italia” del Governo Monti (articolo 5, comma 9, del d.l. 95/2012).

In primo luogo, l’evidentissima contraddizione in termini con l’intera impostazione delle batteria di riforme della PA promosse dal Governo in carica, che si fonda sulla necessità di:

1.      acquisire “nuove” professionalità;

2.      reclutare “giovani” per abbassare l’età media da tempo inaccettabilmente troppo alta dei dipendenti pubblici.

Non si vede come la ri-chiamata in servizio di personale in quiescenza, per altro da non meno di due anni (con un elevato rischio di obsolescenza delle competenze), dunque anziano e certamente difficilmente rappresentativo di professionalità nuove, possa rispondere alle esigenze specifiche delle riforme.

Al contrario, la chiamata di anziani pensionati conferma la sensazione di molti: il Pnrr si sta caratterizzando per la composizione con molti progetti vecchi e da tempo nei cassetti, progetti in sostanza “pensionati” quasi quanto coloro che verrebbero richiamati per attuarli e gestirli.

Le condizioni operative previste, come la particolare specializzazione o la dimostrazione oggettiva dell’assenza di personale, da un lato si prestano alle solite violazioni: non esistendo nessun controllo preventivo di legittimità, di fatto le amministrazioni con l’articolo 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, fatto tutto ed il suo contrario e, molte volte, tale tutto ed il suo contrario è poco legittimo; dall’altro, se nell’organico delle PA attuatrici manca il personale esperto e necessario, il sistema per reperirlo è dato in via principale, diremmo esclusiva, dai concorsi, che sono stati molto semplificati, per non dire banalizzati, dalle ultime riforme (e adesso il d.l.Pnrr-2 cerca di restituire ai concorsi una veste meno improvvisata, reintroducendo, sia pure in modo facoltativo, la seconda prova scritta).

La ragione del superamento, sia pure limitato al Pnrr, del divieto di attribuire incarichi a pensionati posto dal d.l. 95/2012, oggettivamente sfugge.

Ma, salta ancor maggiormente all’occhio un’altra questione rilevantissima: l’estrema confusione che ingenera il d.l. Pnrr-2, ulteriore a quella prodotta già sul punto dal d.l. 80/2021, che nella sostanza, consente di trattare in modo equivalente le attività di Rup e tutte le altre funzioni tecnici, regolandole indifferentemente con contratti di lavoro subordinato, appalti di servizio o incarichi di lavoro autonomo.

Con specifico riferimento alle funzioni del responsabile unico del procedimento, l’articolo 31, comma 1, del d.lgs 50/2016 dispone molto chiaramente che “il RUP è nominato con atto formale del soggetto responsabile dell’unità organizzativa... tra i dipendenti di ruolo addetti all’unità medesima, dotati del necessario livello di inquadramento giuridico in relazione alla struttura della pubblica amministrazione” e “laddove sia accertata la carenza nell’organico della suddetta unità organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio”.

Il codice dei contratti pretende, con chiarezza estrema, che la funzione di responsabile del procedimento sia incardinata in chi con l’ente conduca non solo il rapporto di servizio, ma soprattutto il rapporto organico. Mentre il rapporto di servizio si può instaurare con contratti di appalto o di lavoro autonomo, quello organico sorge solo nei confronti dei dipendenti degli enti, che così agiscono appunto impersonando l’amministrazione datore di lavoro.

Il Rup svolge molteplici competenze capaci di incidere profondamente nella sfera giuridica delle imprese: si pensi ai poteri di esclusione dalle gare che, secondo molta giurisprudenza (sebbene la tesi non appaia del tutto condivisibile) spettano al Rup in via esclusiva, o alle funzioni di approvazione e validazione di progetti, varianti, certificazioni di pagamento, disposizione di sospensione.

Sembra del tutto evidente che simili veri e propri poteri negoziali, capaci di costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche, debbano essere esercitati da chi agisce impersonando l’ente in quanto titolare di un ufficio e non da un soggetto esterno che agisce come “collaboratore esterno”.

Lo scopo dell’articolo 7, commi 6 e seguenti del d.lgs 165/2001 non è certo quello di costruire per le PA un metodo di reclutamento equivalente, parallelo ed alternativo ai concorsi, bensì di arricchire l’ente di professionalità assenti, ricorrendo a professionisti il cui compito non consista nel gestire direttamente, ma fornire agli uffici pareri o strumenti di valutazione per adottare le decisioni spettanti agli uffici medesimi.

La norma del d.l. Pnrr-2 introduce una deroga a tale sistema, legificando, sia pur parzialmente e settorialmente, abitudini molto discutibili: utilizzare, cioè, contratti di lavoro autonomo solo simulati, che in realtà nascondono vere e proprie attività di lavoro subordinato.

Non solo si crea un cortocircuito con le specifiche previsioni del codice dei contratti relative ai Rup, ma anche un chiaro scontro con la norma generale di disciplina delle collaborazioni e consulenze che, analogamente a quanto accade nell’ordinamento del lavoro privato, si cura di vietare proprio l’utilizzo della forma contrattuale del lavoro autonomo a mascheramento di attività di lavoro subordinato: l’articolo 7, comma 5-bis, del d.lgs 165/2001. A norma di tale disposizione, “È fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato”.

Il rischio che la previsione introdotta dal decreto crei vasti contenziosi connessi ad interpretazioni non coerenti tra loro, viste le molte contraddizioni segnalate, è molto ampio, come l’applicazione estensiva ed analogica della deroga ad altre situazioni.

Ciò è ulteriormente aggravato dalla circostanza che il d.l. Pnrr-2 ammette di estendere ai pensionati, incaricati con lo schema del rapporto di collaborazione, anche funzioni ed attività che, invece, sono disciplinate dal codice dei contratti e dal Vocabolario comune degli appalti, come prestazioni di servizi e, dunque, da assegnare mediante gare e non certo la poco aperta e molto discrezionale, se non arbitraria, procedura dell’articolo 7, commi 6, e seguenti.

Come, poi, un pensionato da oltre due anni possa competere, sul piano dell’aggiornamento e della professionalità sul campo, rispetto ad un professionista, lo può spiegare solo chi ha pensato la discutibilissima norma, che condanna la PA ad essere e restare vecchia, antiquata, superata e caratterizzata da regole sempre derogate, a vantaggio non si capisce mai bene di quale beneficiario.

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