domenica 24 febbraio 2013

Programma per la #trasparenza e l’integrità, diluvio burocratico

Che il decreto legislativo di riordino della trasparenza scateni un mare di adempimenti burocratici è poco da dubitare.

Accanto alla opportuna semplificazione normativa, per effetto della quale le moltissime, troppe, norme su pubblicità e trasparenza finalmente convergono in un’unica disposizione, non si può nascondere l’eccesso di previsioni operative di dettaglio.

L’articolo 10 del decreto, che per molte parti riprende al suo interno i contenuti dell’abolito articolo 11 del d.lgs 150/2009 ne è un perfetto esempio:

Art. 10 Programma triennale per la trasparenza e l’integrità

1. Ogni amministrazione, sentite le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, adotta un Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, da aggiornare annualmente, che indica le iniziative previste per garantire:

a) un adeguato livello di trasparenza, anche sulla base delle linee guida elaborate dalla
Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

b) la legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità.

2. Il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, di cui al comma 1, definisce le misure, i modi e le iniziative volti all'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi di cui all'articolo 43, comma 3. Le misure del Programma triennale sono collegate, sotto 1'indirizzo del Responsabile, con le misure e gli interventi previsti dal Piano di prevenzione della corruzione. A tal fine, il Programma costituisce di norma una sezione del Piano di prevenzione della corruzione.

3. Gli obiettivi indicati nel Programma triennale sono formulati in collegamento con la programmazione strategica e operativa dell’amministrazione, definita in via generale nel Piano della performance e negli analoghi strumenti di programmazione previsti negli Enti Locali. La promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un'area strategica di ogni amministrazione, che deve tradursi nella definizione di obiettivi organizzativi e individuali.

4. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la massima trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance.

5. Ai fini della riduzione del costo dei servizi, dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonchè del conseguente risparmio sul costo del lavoro, le pubbliche amministrazioni provvedono annualmente ad individuate i servizi erogati, agli utenti sia finali che intermedi, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279. Le amministrazioni provvedono altresì alla contabilizzazione dei costi e all'evidenziazione dei costi effettivi e di quelli imputati al personale per ogni servizio erogato, nonchè al monitoraggio del loro andamento nel tempo, pubblicando i relativi dati ai sensi dell'articolo 32.

6. Ogni amministrazione presenta il Piano e la Relazione Sulla performance di cui all'articolo 10, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 150 del 2009 alle associazioni di consumatori o utenti, ai centri di ricerca e a ogni altro osservatore qualificato, nell'ambito di apposite giornate della trasparenza senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

7. Nell'ambito del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità sono specificate le modalità, i tempi di attuazione, le risorse dedicate e gli strumenti di verifica dell'efficacia delle iniziative di cui al comma 1.

8. Ogni amministrazione ha 1'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale nella sezione <<Amministrazione trasparente >> di cui all'articolo 9:

a) il Programma triennale per la trasparenza e 1'integrità ed il relativo stato di attuazione;

b) il Piano e la Relazione di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

c) i nominativi ed i curricula dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2009;

d) i curricula e i compensi dei soggetti di cui all'articolo 15, comma 1, nonchè i curricula dei titolari di posizioni organizzative, redatti in conformità al vigente modello europeo.

9. La trasparenza rileva, altresì, come dimensione principale ai fini della determinazione degli standard di qualità dei servizi pubblici da adottare con le carte dei servizi ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, cosi come modificato dall'articolo 28 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Come si nota, programmi su programmi, adempimenti su adempimenti, una serie praticamente innumerabile di attività.

Sembra evidente un’impronta mista burocratico-sociologica (il comma 9 che qualifica la trasparenza come “dimensione principale…”) piuttosto lontana dalla realtà operativa di ogni giorno. Un calcare la mano nel continuare a ripetere più volte gli stessi concetti ed imporre programmi e piani che rischiano di travolgere l’obiettivo principale, la garanzia della correttezza dell’azione amministrativa. Sempre perché non si riesce a passare ad un effettivo controllo sui risultati, ma si demanda ad autorità (che finiscono, poi, spesso per coincidere con la giurisprudenza contabile, in barba ad Authority e Commissioni varie) la verifica del singolo adempimento, della presenza del singolo atto, di come è scritto, di quanto sia aggiornato.

Così, il primo comma obbliga tutte le amministrazioni (compresi, dunque, anche gli enti locali, composti, come noto, per la maggior parte di enti di piccolissima dimensione del tutto non nelle condizioni di reggere gli adempimenti previsti) debbono adottare il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità. Ma, accanto alla previsione dell’obbligatorietà del programma, si conferma l’adempimento di dettaglio già previsto (con piuttosto poco successo) dall’articolo 11 della legge-Brunetta, cioè l’obbligo di sentire le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. Un passaggio formale che rischia semplicemente di appesantire l’iter per l’approvazione del Programma. Soprattutto perché, visti gli obblighi di trasparenza totale previsti, sarebbe stato piuttosto semplice limitarsi a prevederne la pubblicazione, per effetto della quale le associazioni (come qualsiasi altro cittadino) potrebbero esporre all’amministrazione suggerimenti per modifiche ed integrazioni. Considerando, per altro, che il programma triennale è scorrevole, va, cioè, aggiornato annualmente.

Il programma deve assicurare un “adeguato” livello di trasparenza, anche nel rispetto delle indicazioni della Civit (ma, oggettivamente, il livello di trasparenza appare fin troppo dettagliato dallo stesso decreto legislativo di riordino), nonché “la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità”. Per questo secondo elemento del contenuto, è evidente la sovrapposizione tra il Programma triennale della trasparenza ed il Piano triennale della prevenzione della corruzione, previsto dalla legge 190/2012.

Il legislatore se n’è in parte avveduto. Infatti, nell’ultima parte del comma 2 dell’articolo 10 del decreto prevede che “Le misure del Programma triennale sono collegate, sotto 1'indirizzo del Responsabile, con le misure e gli interventi previsti dal Piano di prevenzione della corruzione. A tal fine, il Programma costituisce di norma una sezione del Piano di prevenzione della corruzione”.

L’ottica della semplificazione, che coincide nel rispetto del principio della non ridondanza, avrebbe consigliato di eliminare l’adempimento del programma triennale della trasparenza, lasciando in piedi il solo piano triennale anticorruzione. Sta di fatto che, invece, i due piani dovranno convivere, anche se l’uno sarà una sezione dell’altro.

Il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, in particolare “definisce le misure, i modi e le iniziative volti all'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi di cui all'articolo 43, comma 3”.

Per la verità, sulle misure relative alla trasparenza il piano avrà poco da dire, vista la pervasività della normativa. Il Programma rivela la sua utilità se, piuttosto, entra nel dettaglio operativo ed organizzativo, prevedendo le modalità con le quali gli uffici dovranno garantire la puntuale pubblicazione dei tantissimi dati e le misure per costruire un sistema di navigazione chiaro ed un archivio funzionale. La norma non lo dice, perché l’assunto è che queste attività non debbano comportare maggiori spese, ma è evidente che occorrerebbe anche prevedere le risorse (software, strumenti e formazione) necessarie per rendere attuali le disposizioni del programma.

La ridondanza delle previsioni è confermata anche dal comma 3 dell’articolo 10 del decreto di riordino. Infatti, si stabilisce che gli obiettivi indicati nel Programma triennale debbano essere formulati “in collegamento con la programmazione strategica e operativa dell’amministrazione, definita in via generale nel Piano della performance e negli analoghi strumenti di programmazione previsti negli Enti Locali”.

Dunque, non solo il Programma triennale della trasparenza si interseca col piano triennale per la prevenzione della corruzione, ma anche con la programmazione, sia strategica, sia operativa. Facile intuire che si creerà un dedalo inestricabile di programmi, previsioni e adempimenti, nel quale l’orientamento sarà complicatissimo e, soprattutto, la tendenza a rispettare l’adempimento superiore alla ricerca del risultato.

Per altro, si crea una non irrilevante confusione negli enti locali nei quali sia presente un direttore generale distinto dal segretario comunale, poiché in quel caso la pianificazione strategica spetta al direttore generale. Ma, appare piuttosto evidente che dovrebbe avere prevalenza la funzione programmatoria del segretario comunale, ex lege responsabile della prevenzione della corruzione e, pertanto, anche responsabile del programma triennale della trasparenza.

Il comma 3 dell’articolo 10 del decreto legislativo di riordino esclude gli enti locali dall’adempimento della redazione del Piano della performance (altro piano, altro adempimento).

Si tratta di un chiarimento legislativo estremamente importante, che ripristina la peculiarità e l’autonomia dell’ordinamento delle amministrazioni comunali e provinciali, recentemente leso o, comunque, messo in discussione dall’articolo 3, comma 1, lettera g-bis) del d.l. 174/2012, convertito in legge 213/2012, che modifica l’articolo 169 del d.lgs 267/2000, aggiungendo il seguente nuovo comma 3-bis: “Il piano esecutivo di gestione è deliberato in coerenza con il bilancio di previsione e con la relazione previsionale e programmatica. Al fine di semplificare i processi di pianificazione gestionale dell'ente, il piano dettagliato degli obiettivi di cui all'articolo 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel piano esecutivo di gestione”.

Pertanto, la riforma dei controlli degli enti locali aveva, inopportunamente, connesso il piano della performance al piano esecutivo di gestione, creando una commistione tra due strumenti di programmazione distinti tra loro. Per altro, la legge di conversione del decreto sui controlli ha esteso agli enti locali il piano della performance, disciplinato dall’articolo 10 del d.lgs 150/2009, norma che, proprio alla luce dell’articolo 16 della medesima “legge-Brunetta” non trova applicazione nell’ordinamento locale.

Ora l’articolo 10 del decreto di riordino della trasparenza, pur non abolendo (come forse sarebbe stato opportuno) il comma 3-bis dell’articolo 169 del d.lgs 267/2000 torna a trattare come provvedimenti distinti il piano della performance dal piano esecutivo di gestione. Infatti, indica che le misure volte a garantire la trasparenza debbono essere contenute in una programmazione “definita in via generale nel Piano della performance e negli analoghi strumenti di programmazione previsti negli Enti Locali”, considerando, pertanto gli “analoghi strumenti” come cosa distinta e a se stante rispetto al piano della performance.

Si tratta di una previsione che, succedendo nel tempo alla riforma dei controlli, dovrebbe travolgerla ripristinando la corretta conformazione ordinamentale, secondo la quale il piano della performance per gli enti locali non è applicabile, in quanto i suoi contenuti sono già da molto prima riversati nella relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione ed in quanto si tratta di un adempimento proprio solo delle amministrazioni statali, per altro caratterizzato da scadenze e modalità di approvazione incompatibili con l’ordinamento locale.

Il comma 3 dell’articolo 10 chiude specificando che le amministrazioni attraverso i tanti, troppi, strumenti di programmazione dovrebbero promuovere “maggiori livelli di trasparenza” e che questo obiettivo è un’area strategica di ogni amministrazione. A questo scopo, i programmi attuativi devono definire “obiettivi organizzativi e individuali”. In parole povere, nel piano esecutivo di gestione e nel piano dettagliato degli obiettivi occorrerà definire, dunque, attività di garanzia della trasparenza, in base alle quali misurare i risultati dei dipendenti.

Del resto, come prevede il comma 4 dell’articolo 10, le amministrazioni debbono garantire la massima trasparenza in ogni fase della gestione. La trasparenza, pertanto, costituisce elemento connesso strettamente ed irrinunciabile dell’ordinario modo di gestire.

Il comma 7 dell’articolo 10, a conferma della ridondanza delle previsioni normative, prevede che il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità deve specificare modalità, tempi di attuazione, risorse dedicate e strumenti di verifica dell'efficacia delle iniziative previste.

Il comma 5 entra nel dettaglio operativo, regolando adempimenti connessi alla trasparenza in particolare della gestione delle risorse e dei rapporti di lavoro.

Un primo adempimento consiste nella pubblicizzazione dei costi nell’erogazione dei servizi. Lo scopo è evidente e duplice: da un lato, indurre le amministrazioni a misurare appunto i costi di produzione; dall’altro a renderli conoscibili, così da consentire confronti ai cittadini e permettere di “mettere in concorrenza” i livelli di efficienza e produzione.

Il legislatore vorrebbe che si giungesse ad una riduzione del costo dei servizi, cagionato dall’elevazione del tasso ti utilizzo delle tecnologie dell’informazione, che dovrebbe comportare una riduzione del costo del lavoro.

L’approccio appare solo parzialmente corretto. Il costo del lavoro non si riduce con l’utilizzo delle risorse telematiche, ma intervenendo sugli oneri previdenziali e fiscali. Probabilmente, il legislatore intendeva riferirsi ad un incremento della produttività del lavoro e ad una contestuale riduzione del costo di produzione. Ciò sembra confermato dall’obbligo di individuare i servizi finali ed intermedi ai sensi dell’articolo 10, comma 5[1], del d.lgs 279/1997, sui quali conteggiare i costi. Il problema è che manca ancora un sistema definito e standardizzato per il computo del costo economico dei servizi. Il comma 5 vorrebbe che le amministrazioni provvedano appunto alla contabilizzazione dei costi, evidenziando quelli “effettivi”, connessi alla spendita di risorse, e quelli, invece, imputati al personale, per altro confrontandoli nel tempo e pubblicandoli nel sito ufficiale. In assenza, appunto, di un sistema di fissazione dei costi standard sarà difficile ottenere l’obiettivo del legislatore. Sarebbe il caso di rivitalizzare l’indagine effettuata tra il 2010 e il 2011 in attuazione della legge 42/2009 e rimasta al palo, anche a causa della campagna a favore dell’eliminazione delle province.

Il comma 6 riprende un altro adempimento che è piuttosto facile qualificare come “mero” ed eccessivamente pervasivo dell’autonomia organizzativa ed operativa delle amministrazioni, obbligandole a presentare il piano e la relazione sulla performance, previsti dall’articolo 10 del d.lgs 150/2009 “alle associazioni di consumatori o utenti, ai centri di ricerca e a ogni altro osservatore qualificato, nell'ambito di apposite giornate della trasparenza senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Appare davvero difficile da giustificare la permanenza nell’ordinamento di una disposizione del genere, dopo che il d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, ha imposto tagli fortissimi alle spese di comunicazione e rappresentanza, tra le quali indubbiamente rientrano le ipotizzate “giornate della trasparenza”. Per altro, è lecito chiedersi a cosa possano servire simili iniziative le quali, a differenza di quanto ritiene l’estensore della norma, non possono certo essere organizzate senza maggiori oneri per la finanza pubblica, visto che le molteplici regole di trasparenza e pubblicità debbono rendere perfettamente visibili e conoscibili i documenti da presentare, in modo che le associazioni e qualsiasi cittadino possano in ogni momento conoscerle e valutarle.

Per la verità, l’adempimento, essendo attuativo di una norma, l’articolo 10 del d.lgs 150/2009, non applicabile agli enti locali dovrebbe considerarsi non vincolante per detti enti.

Il comma 8 dell’articolo 10 del decreto di riordino della trasparenza riprende in parte il contenuto del comma 8 dell’abolito articolo 11 del d.lgs 150/2009, imponendo di pubblicare sul sito istituzionale nella sezione da denominare “Amministrazione trasparente”:

a)      il Programma triennale per la trasparenza e 1'integrità ed il relativo stato di attuazione;

b)      il Piano e la Relazione di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

c)      i nominativi ed i curricula dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2009;

d)      i curricula e i compensi dei soggetti di cui all'articolo 15, comma 1, nonchè i curricula dei titolari di posizioni organizzative, redatti in conformità al vigente modello europeo.

In effetti, i dati da pubblicare elencati da questo comma 8 sono molti meno di quelli a suo tempo previsti dall’articolo 11 del d.lgs 150/2009, dal momento che molti degli adempimenti di pubblicità sono disciplinati partitamente dalle singole norme del decreto legislativo di riordino della trasparenza.

Infine, il comma 9 prevede che la trasparenza debba essere uno degli elementi qualificanti degli standard di qualità dei servizi pubblici e da garantire mediante le carte dei servizi.



[1] Se ne riporta il testo:

I servizi esprimono le funzioni elementari, finali e strumentali, cui danno luogo i diversi centri di costo per il raggiungimento degli scopi dell'amministrazione. Essi sono aggregati nelle funzioni-obiettivo che esprimono le missioni istituzionali di ciascuna amministrazione interessata. In base alla definizione dei servizi finali e strumentali evidenziati nelle rilevazioni analitiche elementari, il Ministro competente individua gli indicatori idonei a consentire la valutazione di efficienza, di efficacia e di economicità del risultato della gestione, anche ai fini delle valutazioni di competenza del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ai sensi dell'articolo 4-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 , aggiunto dall'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 1997, n. 94 . Per le altre amministrazioni pubbliche provvedono gli organi di direzione politica o di vertice.

1 commento:

  1. E che dire dell'art.5? Per l'accesso civico il cittadino può rivolgersi al responsabile della trasparenza, che è di norma il responsabile anticorruzione, quindi il segretario comunale. Se costui non risponde, potrà rivolgersi al titolare del potere sostitutivo della 241, quindi ancora al segretario...comincio ad avere qualche crisi di identità....

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