Dunque, la democrazia in Italia funziona così. A seguito delle elezioni, si forma una maggioranza dovuta soltanto agli effetti del premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale, in quanto il partito che viene premiato, in realtà racimola meno voti di uno dei partiti di opposizione e occupa gli scranni alla Camera grazie all’apporto di un piccolo alleato.
Siccome la legge elettorale volutamente determina risultati diversi tra Camera e Senato, questa maggioranza artificiale al Senato non esiste.
Nonostante in campagna elettorale il partito vincente per effetto del doping elettorale avesse detto che mai avrebbe governato col partito che aveva vinto il quinquennio precedente, sulla base della spinta di un Presidente della Repubblica rieletto a causa del tradimento di 101 componenti del partito dopato, si crea un Governo delle “larghe intese”.
Questo costa al leader del partito della maggioranza dopata, che aveva vinto le primarie per essere candidato a guidare il Governo, di rimetterci la possibilità di andare a Palazzo Chigi, dove prende servizio una persona non eletta da nessuno, nipote del primo collaboratore del leader del partito col quale mai si sarebbero fatte alleanze.
Per le vicende giudiziarie del leader del partito col quale il partito dopato mai avrebbe fatto accordi, le larghe intese divengono strette intese, che condannano il Paese per mesi a seguire le allucinanti questioni connesse alla tassazione sulla casa, che il leader del partito affetto da problemi giudiziari aveva imposto al partito della maggioranza dopata come tema fondamentale dell’alleanza che mai si sarebbe dovuta realizzare.
Nel frattempo, il leader del partito della maggioranza virtuale viene messo da parte e quel partito, con primarie alle quali hanno partecipato 3 milioni di persone (al lordo del Gabibbo) si costruisce un nuovo leader grazie ad una strenua corsa sul carro del vincitore, un sindaco di una città, sconfitto pochi mesi prima alle primarie fissate per decidere chi sarebbe stato il candidato da mandare a Palazzo Chigi.
Quel sindaco promette che mai sarebbe voluto andare a Palazzo Chigi al posto del nipote del primo collaboratore del leader del partito col quale mai si sarebbero fatte alleanze e, contemporaneamente, con quel medesimo leader, intanto condannato in via definitiva, stringe accordi per modificare la Costituzione e l’assetto istituzionale del Paese.
Contestualmente, si apprende che la maggioranza dopata è nata sulla base di una legge elettorale incostituzionale. Cosa che dovrebbe far comprendere come non esista alcuna legittimazione in capo a nessun partito a manomettere Costituzione o istituzioni.
Il Governo delle striminzite intese vivacchia elaborando una legge di stabilità fallimentare, incomprensibile sull’argomento della tassazione della casa, continuamente attaccato e indebolito dal segretario del partito egemone, che urla comunque ai quattro venti che mai vorrebbe andare a Palazzo Chigi.
Ma, tuttavia, il segretario di quel partito ogni giorno di più attacca il nipote del più stretto collaboratore del leader condannato col quale quel segretario stringe accordi per riformare Costituzione ed istituzioni, fino a metterlo con le spalle al muro.
Il nipote del più stretto collaboratore del leader condannato, allora, cerca sponda nel PdR eletto anche grazie al tradimento di 101 suoi compagni di partito.
Il PdR apre, in sostanza, una sorta di consultazione “preventiva” alla caduta di un governo e alla formazione di un altro, senza che nessuna norma costituzionale ammetta o disciplini tale modalità operativa. E, però, prima di ricevere l’inquilino di Palazzo Chigi, concorda col segretario del partito della maggioranza dopata un’altra strada, sostanzialmente in modo da mettere nelle condizioni l’attuale inquilino di Palazzo Chigi di dimettersi e lasciare campo al segretario.
Il nipote del più stretto collaboratore del leader condannato non ci pensa nemmeno a dimettersi, ma sostanzialmente deve farlo, perché accerchiato dalla maggioranza del partito al quale appartiene.
Il PdR eletto sulla base del tradimento di 101 parlamentari del partito della maggioranza dopata, non sapendo più cosa decidere, afferma che la conservazione, il rimpasto o la formazione di un nuovo governo debba deciderlo il partito della maggioranza dopata, sorta in base ad una legge incostituzionale.
Il segretario di tale partito ritiene di potere e dovere andare a Palazzo Chigi, nonostante avesse urlato ai quattro venti che non aveva intenzione di farlo, e che questa non sarebbe una “manovra di palazzo”, perché legittimato dal voto di 2 milioni di persone a primarie svolte non per decidere un candidato alla presidenza del consiglio, ma alla segreteria del partito.
Morale: la votazione alle primarie di un partito da parte di 3 milioni di persone, cioè la decisione di un gruppo di associati ad un soggetto privato, un partito, finisce per essere la legittimazione di una delle più classiche congiure da prima Repubblica, se non di era feudale. La votazione del corpo elettorale, quello chiamato dalla Costituzione ad esprimere la rappresentanza politica e democratica nelle forme dalla Costituzione stessa disciplinate, non conta niente. Pochi milioni di aderenti, simpatizzanti od opportunisti sono quello che contano.
Una sorta di democrazia “fai da te”, con regole incostituzionali, fondata su tradimenti ed accordi con persone che non dovrebbero godere dei diritti politici. Questa è l’Italia di oggi. Non, però, agli occhi di un popolo illuso o dormiente.
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