sabato 14 giugno 2014

#riforma #PA così i dirigenti cooptati dalla politica esautora i #segretaricomunali e dirigenza di ruolo

 

Nella riforma della pubblica amministrazione intenta a creare un apparato amministrativo in tutto funzionale alla maggioranza di turno non poteva certo mancare una sanatoria per il dirigenti assunti a tempo determinato dagli enti locali oltre i limiti percentuali imposti dalla legge.

Il decreto legge del pacchetto di riforma della PA approvato lo scorso 13 giugno dal Governo contiene un grosso favore ai comuni e all’Anci (i cui interessi sono fortemente rappresentati dal sottosegretario alla Funzione pubblica Rughetti, ex direttore generale dell’associazione, dal Sottosegretario alla presidenza, Delrio, ex presidente dell’Anci, oltre che dal premier, ex sindaco), nonché una spinta allo spoil system, non previsti in nessuno dei 44 punti della famosa lettera anticipatrice della riforma inviata dal Premier e dal Ministro della funzione pubblica ai dipendenti.

La riforma-Brunetta aveva introdotto rigidi limiti all’assunzione di dirigenti a tempo determinato negli enti locali, riformano l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, anche allo scopo di adeguare la normativa alle sentenze che a partire dal 2007 aveva pronunciato la Corte costituzionale, accertando l’incostituzionalità dello spoil system, se non limitato alle sole figure dirigenziali dei massimi vertici politici dello Stato. Le sezioni regionali della Corte dei conti avevano accertato che i comuni potessero assumere i dirigenti a contratto entro la percentuale dell’8% della dotazione organica. Ma, tale tetto alle assunzioni era risultato indigesto ai sindaci e all’Anci, per la semplice ragione che il numero dei dirigenti “fiduciari” era di gran lunga superiore.

Per questa ragione, ottennero già con la legge 44/2012 l’aggiunta all’articolo 19 del d.lgs 165/2001 di un comma 4-quater, che elevava di molto il tetto dell’8%, consentendo, mediamente, a seconda delle dimensioni, di cooptare senza concorsi un 15% medio di dirigenti a contratto, con picchi del 20%.

Ma, ancora i comuni non erano soddisfatti. Tanto da aver continuato tranquillamente a violare le norme senza controllo né argine alcuno, persistendo nell’assumere dirigenti a contratto ben oltre la soglia. Le rilevazioni del Conto annuale del tesoro 2012 indicano che negli enti locali quasi il 26% dei dirigenti locali è a contratto; le relazioni annuali della Corte dei conti sul lavoro pubblico, portano questa percentuale al 34%.

La riforma della PA provvede a sanare la situazione di palese violazione alle regole imposte agli enti locali, modificando l’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000, prevedendo espressamente che la soglia entro la quale si possono assumere dirigenti a tempo determinato è appunto il 30% dei posti della dotazione organica.

Esattamente quella percentuale che sta a metà tra le non concordanti rilevazioni statistiche evidenziate prima e che consente ai sindaci di vedere sanata la plateale e reiterata violazione ai limiti imposti a partire dal 2010.

E’ il primo e più evidente segnale di una riforma della dirigenza, improntata a renderla quanto più possibile funzionale e “consonante” alla politica, che negli enti locali si vede dilatata a dismisura la possibilità di cooptare i dirigenti dall’esterno.

Il tutto lascia comprendere meglio gli orizzonti della riforma della dirigenza locale, sintetizzati nel comunicato stampa pubblicato sul sito del Governo, come segue: “coordinamento con il processo di riordino istituzionale avviato con la legge n. 7 aprile 2014, n. 56; previsione del dirigente apicale dell’ente e obbligo per i Comuni con meno di 5000 abitanti di gestire la funzione di direzione apicale in via associata; istituzione del ruolo unico, con accesso mediante concorso o corso–concorso; inserimento, in sede di prima applicazione, di coloro che sono iscritti all’Albo dei segretari comunali e provinciali”. Leggiamo questa indicazione combinandola con la previsione contenuta nella legge delega di riforma della dirigenza, che prevede la possibilità di conferire incarichi ai dirigenti a contratto “senza previa verifica della disponibilità di dirigenti di ruolo aventi le corrispondenti competenze” e i contorni della riforma appaiono più chiari.

La dirigenza locale sarà unica e di essa faranno parte i segretari comunali, che perderanno, dunque, lo status di “segretari”, in quanto la funzione del segretario sarà oggetto di uno tra i tanti incarichi dirigenziali conferibili.

Di conseguenza, per i sindaci si aprono, finalmente (per loro), le porte alla possibilità non solo di scegliersi discrezionalmente i direttori generali, ma anche i segretari comunali dall’esterno. Basterà, infatti, attribuire l’incarico di segretario comunale ad uno dei dirigenti rientranti nel plafond di quel 30% cooptabile senza nemmeno accertare se nei ruoli esistano le professionalità (che certamente i segretari comunali possiedono), per crearsi una dirigenza di vertice a propria immagine e somiglianza. Che, ad esempio, non dia troppo fastidio nell’applicazione della normativa anticorruzione, come da mesi chiede insistentemente il sindaco di Lodi, che ha esautorato il segretario comunale, reo di aver inteso applicare la legge 190/2012, che, dunque, va bene solo come forma, ma risulta indigesta se attuata nella sua sostanza.

Certo, occorre aggiungere che la riforma dell’articolo 110, comma 1, del d.gs 267/2000 sarà arricchita da una novità importante: si chiarisce una volta e per sempre che occorre compiere una selezione da parte di una commissione e che i dirigenti a contratto debbono disporre dei requisiti di particolare professionalità stabiliti dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, oltre ad una pluriennale e comprovata professionalità nelle materie oggetto dell’incarico dirigenziale a cui aspirano.

Il problema, però, sarà verificare se davvero saranno effettuate le selezioni e con quali livelli di selettività ed autonomia delle commissioni. Come sempre, infatti, il problema non sta nella forma, ma nella sostanza.

Se le commissioni selettive dovessero funzionare al solo scopo di individuare una “rosa” di dirigenti, nella quale, casualmente, rientri il dirigente già a monte “di fiducia e gradito”, sarà solo uno specchietto per le allodole

In attesa della riforma della dirigenza preannunciata, estremamente spinta sullo spoil system, l’incremento dei dirigenti che gli enti locali possono assumere a contratti a tempo determinato è una prima decisa spinta appunto verso la dirigenza “fiduciaria”, anche se attenuata in parte dall’obbligo delle selezioni.

La riforma dell’assetto della dirigenza a contratto, coerentemente col nuovo impianto, si completa con l’abolizione dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001.

 

 

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