Dopo l’approvazione della devastante legge 56/2014 è stato tutto un coro elegiaco perché “finalmente” sono state avviate le città metropolitane:
- “Roma: Marino, oggi diamo finalmente concretezza a Città metropolitana
Roma, 21 ott.
(Adnkronos) - "L'insediamento di questo Consiglio è importante per tutti noi, per dare finalmente concretezza alla costituzione della Città metropolitana”;
- “Anci.it [18-06-2014]
“Luci ed ombre nel testo della legge ma il dato importante è che finalmente si parte, anche se un sindaco che non ha la capacità di essere riconosciuto dai propri cittadini tramite una elezione diretta è più debole e questo crea perplessità”. Lo ha detto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, parlando nel corso del seminario sulle Città metropolitane organizzato oggi a Roma dal ministero degli Affari regionali”
- governo.it
“Il ddl 1212 dà finalmente attuazione alle città metropolitane , previste nel nostro ordinamento fin dalla legge 142 del 1990 e costituzionalizzate dalla riforma del Titolo V ma ancora mai realizzate. L’istituzione delle città metropolitane è oggi indispensabile per consentire all’Italia di contare su una rete di governo delle aree territoriali a forte concentrazione urbana e a specifica vocazione innovativa, un ambito in cui il nostro Paese è in forte ritardo a livello europeo e mondiale”.
- “(ASCA) - Roma, 3 apr 2014 - Le Province cambiano pelle: in attesa della riforma costituzionale che le abolirà, oggi la Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge che porta la firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, - presentato pero' durante il Governo Letta quando guidava il dicastero per gli Affari regionali - che ne svuota le funzioni. Decollano inoltre le citta' metropolitane che dal 2015 vedranno finalmente la luce e cambiano le misure per le unioni e le fusioni dei comuni”.
E si potrebbe continuare. I giornali, molti giuristi e commentatori, oltre che le voci del Governo, senza nemmeno un dubbio o anche un sorriso ironico, hanno continuato ad esultare per la creazione (“finalmente” lo hanno detto?) delle città metropolitane, cosa che avrebbe posto l’Italia addirittura all’avanguardia dell’Europa e del Mondo e contribuito, persino, al rilancio dell’economia e del lavoro.
C’era, come da sempre da noi evidenziato, però, un piccolo problema: la riforma Delrio è solo un caos giuridico ed ordinamentale, dal quale non deriva alcun beneficio né economico né finanziario.
La legge 56/2014 non crea il presupposto per il risparmio sulle finanze pubbliche nemmeno di un centesimo di euro.
Siccome, tuttavia, il Governo deve battere cassa e si guarda bene dal ridurre spesa e tasse, allora il sistema province-città metropolitane, considerato “sistemato” dall’assurda riforma Delrio, è stato visto come cassa da depredare.
Sui giornali si continua di parlare di “tagli” per gli anni 2015, 2016 e 2017 in sequenza di 1, 2 e 3 miliardi. Nella realtà, non sono affatto tagli: si tratta di somme che le province e le città metropolitane continueranno ad esigere dalle imposte provinciali, ma che invece di essere spese in servizi per le funzioni di questi enti, dovranno essere versati al bilancio dello Stato; sarà, dunque, lo Stato a decidere come spendere, a regime oltre un terzo della spesa complessiva delle province, finanziata con imposte provinciali!
Siccome le casse sono delle province e non delle città metropolitane, che sorgono in modo innaturale e forzato dalle ceneri delle 10 province alle quali subentrano, perché la manovra governativa riuscisse non c’era alternativa: anche le città metropolitane, “finalmente” costituite dovevano versare decine e decine di milioni allo Stato.
Sicchè, esse nascono (“finalmente”, sarebbe il caso di osservare, visto che nessuno lo ha fatto) già pronte al dissesto finanziario e votate all’esubero fissato “in provetta” dal Governo del 30% dei dipendenti.
Per dirla meglio, dunque, la legge di stabilità del 2015 pone nel nulla i già pochi e caotici effetti della riforma Delrio, condannando le città metropolitane (“finalmente” costituite) all’inutilità, all’inefficienza, alla carenza di risorse e di personale.
Si tratta di un paradosso evidente, perché le città metropolitane dovevano nascere (“finalmente”) senza i traumi inferti alle province, sia sul piano finanziario, sia su quello del personale.
Infatti, nella legge 56/2014, si leggono tre chiarissimi elementi:
- a) le funzioni fondamentali delle città metropolitane (istituite! “Finalmente”) sono maggiori di quelle delle province;
- b) le funzioni non fondamentali che dovrebbero essere sottratte alle province, possono e, anzi, la legge 56/2014 consiglia di lasciare alle città metropolitane (pichè esse sono state “finalmente” costituite); infatti l’articolo 1, comma 46, della legge 56/2014 afferma che “Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, possono attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui al primo comma dell'articolo 118 della Costituzione”;
- c) le città metropolitane (chissà se qualcuno si è accorto che “finalmente” sono state istituite) subentrano in universum ius alle province; lo stabilisce l’articolo 1, comma 47, della legge 56/2014: “Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all'atto del subentro alla provincia. Il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili è esente da oneri fiscali”.
Dunque, non vi è, alla luce delle disposizioni della riforma Delrio, alcuna ragione tecnica, giuridica, ordinamentale e finanziaria per infliggere alle città metropolitane (“finalmente” nate) i “tagli” (leggasi, l’obbligo di trasferire ingenti risorse al bilancio dello Stato), né per stabilire i via fofettaria un esubero di personale pari al 30% del costo delle dotazioni organiche (l’esubero per le province è forfettizzato nel 50% del costo delle dotazioni organiche).
Insomma, l’intervento sulle città metropolitane, nonostante siano state “finalmente” costituite, dimostra che la legge di stabilità impone misure di riduzione delle spese e del personale completamente dall’alto e senza alcuna connessione col processo di attuazione.
Sostanzialmente, province, città metropolitane e regioni, nel tentativo di attuare le previsioni della legge Delrio hanno dato corpo alla titanica impresa di computare nel dettaglio tutti i costi dei servizi e del personale distinti per funzione (e le regioni sono rimaste, incomprensibilmente, sorprese dalla mole dei dati, sì da mostrare di non essere in grado di elaborarli nel rispetto delle scadenze troppo ottimisticamente ristrette del Dpcm 26 settembre 2014 ), stanno svolgendo un lavoro totalmente inutile.
Infatti, questo lavoro avrebbe dovuto portare all’attuazione delle previsioni della legge 56/2014, per effetto delle quali le funzioni non fondamentali di province e città metropolitane sarebbero dovute essere attribuite a regioni o comuni, insieme con i finanziamenti, nonché il personale e le risorse strumentali ad esse strettamente pertinenti, così da permettere di proseguirne l’esercizio. Eventuali risparmi, sarebbero derivati da razionalizzazioni poste in essere dagli enti riceventi le funzioni provinciali e, comunque, sarebbero stati di poca entità.
La legge di stabilità, invece, ha avviato un percorso completamente staccato da tutto questo ed ha previsto “tagli” alle spese ed esuberi di personale a prescindere e, come si nota, molto prima che la legge Delrio sia attuata, di fatto abolendola nella parte relativa proprio alla sua attuazione. Accrescendo e rendendo irrimediabile il pandemonio organizzativo, contribuendo a scrivere una delle pagine più buie dell’abisso nel quale è scesa la qualità della legislazione italiana. Tutto, paradossalmente, colpendo in modo durissimo anche le città metropolitane, per la cui costituzione, “finalmente”, fino a qualche giorno fa tutti si spellavano le mani dagli applausi.
L'ha ribloggato su iotiinformoe ha commentato:
RispondiEliminaUna riforma fatta con i piedi, raccontata peggio in tv dalle deputate Renziane.