Sul quotidiano NT plus dell'11.10.2021, nell'articolo "Green pass, multa fino a mille euro al dirigente che non fissa i controlli" di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan si opina che "Stante la delicatezza della funzione, la delega deve assumere la forma scritta. Si consiglia, anche in questo caso, di attribuire data certa al provvedimento. Parimenti non si ritiene che lo stesso debba tradursi in una determinazione amministrativa, ma in un atto di organizzazione di diritto privato".
Si tratta di un'indicazione totalmente non condivisibile ed erronea. Che confonde la delega di funzioni, con incarichi operativi di mansioni. Al contrario, la delega di cui si tratta è un vero e proprio provvedimento amministrativo, mediante il quale si conferiscono al delegato funzioni e poteri anche amministrativi. Vediamo perchè.
L'articolo 9-quinquies del d.l. 52/2021, convertito in legge 87/202, stabilisce che "I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2".
Ma, chi è il "datore di lavoro" nella pubblica amministrazione? Rispondono alla domanda:
1. l'articolo 4, comma 2, del d.lgs 165/2001: "Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati";
2. l'articolo 5, comma 2, del d.lgs 165/2001: "Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati ovvero le ulteriori forme di partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all’articolo 9".
Il "datore di lavoro", dunque, è per legge il dirigente. Anche se in molte pubbliche amministrazioni è partita la corsa per "individuare" il datore di lavoro, si tratta di fatica totalmente sprecata: la normativa è fin troppo chiara, anche negli enti locali, ove il datore è sempre ex lege il dirigente, ai sensi dell'articolo 107, comma 3 del d.lgs 267/2000: "Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente: [...] e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;".
Dunque, le funzioni di gestione del personale, ancorchè svolte esercitando atti di diritto privato, costituisce elemento fondante della sfera delle competenze della dirigenza. Ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, le competenze degli uffici sono soggette a riserva di legge:
- comma 2: "I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione";
- comma 3: "Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari".
Se un dirigente, dunque, delega le proprie funzioni, modifica la sfera predeterminata dalla legge. Ciò è possibile esclusivamente con un atto di secondo livello, a condizione che sia consentito dalla legge, visto che la riserva costituzionale è solo relativa.
E' possibile ricavare dal contenuto francamente atecnico dell'articolo 9-quinquies, comma 5, l'indicazione secondo la quale quello che ivi è definito "atto formale" con cui il datore (cioè il dirigente) individua "i soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2" consista appunto in una delega, il che consente di considerare tale previsione rispondente al dettato costituzionale.
D'altra parte, le emanande Linee Guida qualificano espressamente tale complessa fattispecie esattamente come "delega".
Dunque, poichè si tratta di una modifica dell'assetto della sfera delle competenze della dirigenza, non può che trattarsi di una delega amministrativa vera e propria e non certo di un atto di diritto privato. Solo con un atto amministrativo, se (come nel caso di specie) ammesso dalla legge è possibile modificare le attribuzioni che la legge attribuisce agli organi.
Ma, d'altra parte, considerare che la delega di che trattasi possa essere un atto di diritto privato è del tutto erroneo anche sotto un altro punto di vista. La delega di diritto privato è costitutiva di un rapporto di rappresentanza di natura personale tra delegante (che è il rappresentato) e delegato (che è il rappresentante). Si costiuisce, cioè, un rapporto trilaterale tra:
1. delegante: il datore che attribuisce la "delega", che poi altro non sarebbe se non una procura (nel caso in esame, speciale);
2. delegato: il lavoratore destinatario della delega-procura, che finisce per essere il rappresentante;
3. terzo: nel caso di specie, il lavoratore nei confronti del quale il delegato esercita le funzioni di controllo connesse al green pass.
Cosa non funziona, in questo schema? Che, nel diritto privato, il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato: le azioni che svolge ricadono, quindi, sulla sfera giuridica del rappresentato; la delega, del resto, costituisce un particolare rapporto personale tra rappresentante e rappresentato.
Nell'ordinamento pubblico il rapporto di rappresentanza semplicemente non esiste. Sussistono esclusivamente il rapporto organico ed il rapporto di ufficio. Il dirigente non è un rappresentante dell'ente, ma ne è organo: non agisce in nome e per conto dell'ente, ma agisce impersonando l'ente, sicchè le decisioni assunte si riverberano direttamente sulla sfera dell'ente e non in quella del dirigente, la cui responsabilità insorge prevalentemente in via di rivalsa (ovviamente, non nel caso della responsabilità penale e contabile).
Il dirigente non agisce in quanto persona fisica con Nome e Cognome, ma in quanto titolare di un ufficio, che ha un certo rapporto organico e di servizio con l'ente, connotato da una determinata sfera di potere. Se riduce tale sfera, perchè ne attribuisce quota parte ad altri mediante delega, non attribuisce al delegato la capacità di agire in suo nome e per suo conto. Il delegato è un ufficio nuovo e diverso, che trova la sua fonte nella delega consentita dalla legge. Il delegato, quindi, agisce assumendosi integralmente la responsabilità dell'azione svolta, che non si riverbera affatto sulla sfera del delegante.
Infatti, il mancato esercizio dell'obbligo di controllo del green pass (posto dal comma 4 dell'articolo 9-quinquies) implica la soggezione alle sanzioni amministrative previste dal comma 8 dell'articolo 9-bis: sanzioni che ricadono esclusivamente sul soggetto delegato.
Infine: l'esercizio della delega implica anche lo svolgimento di funzioni amministrative vere e proprie. Torniamo al comma 5: i soggetti "incaricati", rectius delegati, agiscono ai funi "dell'accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2". Invece, il comma 3 del medesimo articolo 9-quinquies, riferito ai datori privati, stabilisce che essi "individuano con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2". Come è facile notare, gli incaricati, nel privato, non sono competenti a contestare le violazioni degli obblighi: tale contestazione è una funzione specificamente di natura pubblicistica ed amministrativa. Ad ulteriore conferma dell'erroneità della tesi secondo la quale la delega sarebbe un atto di natura privatistica.
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