sabato 22 ottobre 2022

I ministri, le competenze, il merito

Da sempre si ripete che, come nella società, la pubblica amministrazione deve valorizzare il merito, alla luce del riconoscimento delle competenze. Le riforme sull'accesso agli impieghi pubblici di questi mesi sono fortemente segnate da questi intenti.

Molti plaudono all'estensione di metodi selettivi legati alle attitudini, alle soft skills, perchè, come accade nel sempre efficientissimo "privato" (che, infatti, non è mai segnato in alcun settore da nessun tipo di crisi), occorre acquisire "talenti" e, dunque, la persona giusta, poichè non basta il sapere, ma il saper fare, il saper essere, la consapevolezza del ruolo e delle relazioni.

Giustissimo.

La prova fattiva della volontà effettiva di attuare questi intenti è stata immediatamente data dal nuovo Governo, che, infatti, fornisce al Presidente della Repubblica una lista di Ministri con Pichetto Fratin Ministro della Funzione Pubblica e Zangrillo Ministro dell'Ambient e transizione ecologica; ma, poi, qualche ora dopo, corregge il tiro, con l'inversione degli incarichi.

Nessuno potrà mai sapere esattamente le cause di questo piccolo incidente, anche istituzionale. Che, oggettivamente, già di per sè col "merito", finito come denominazione di un ministero, si concilia poco.

Secondo alcuni "boatos", l'errore di trascrizione, diciamo così, è stato causato da incertezze del partito di provenienza, che ha continuato a cambiare la destinazione dei propri candidati ai ministeri.

Tuttavia, come evidenzia con sagacia Vitalba Azzollini su Twitter, "Dopo la lettura della lista dei ministri, Pichetto Fratin ha fatto un post come ministro della P.A e lo stesso ha fatto Zangrillo come ministro per l'energia. Questo per dire come si accettano ministeri a caso, pure quelli attribuiti per errore. A proposito di merito e competenza".


Insomma, si potrebbe supporre che, anche a causa delle virare continue del king maker, i ministri interessati non fossero consapevoli ed al corrente dell'approdo verso il ministero.

Quanto questo modo di procedere abbia a che fare col merito, con le attitudini, con le competenze e coi modi per assicurare che la persona giusta sia destinata al posto giusto, ciascuno lo può concludere.

L'impressione che dall'uno vale uno si possa facilmente passare all'uno vale l'altro (a proposito di incarichi) resta abbastanza forte.

Così come appare evidente che metodi selettivi riguardanti competenze ed attitudini (in-basket, studio del caso, colloquio motivazionale, intervista comportamentale), vengono molto predicati ma pochissimo attuati, specie ai livelli più elevati, ove tutto si sostituisce con la "fiducia". Talmente alta, talmente immotivabile, che chi assegna un elevato compito nemmeno ne parla col destinatario, il quale si rendere disponibile da subito a "mettersi al lavoro", dunque immediatamente twittare, anche senza aver chiara contezza del perchè e del come sia stato incaricato.

Sarebbe interessante vedere un "assessment", del quale tanto si parla e si chiede l'attuazione, specie come base per attribuire funzioni di alto profilo.

Non è andata così. Non si vorrebbe che assessment, in basket, skills, merito, competenze, possano costituire uno schema costante per creare cortine a coperture di scelte fiduciarie, che non sempre riescono necessariamente a basarsi su merito e competenze.



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