L’emendamento al decreto fiscale che modifica
l’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 reintroducendo la dirigenza a
contratto sostanzialmente senza limiti negli enti locali fa strame in un sol
colpo della riforma-Brunetta e della Costituzione.
Il nuovo comma 6-quater dispone quanto segue: “Per
gli Enti locali il numero complessivo degli incarichi a contratto nella
dotazione organica dirigenziale, conferibili ai sensi dell'articolo 110, comma
1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è stabilito nel limite massimo del
dieci per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo
indeterminato. Per i comuni con popolazione inferiore o pari a 100 mila
abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma è pari al
venti per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo
indeterminato. Per i comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti ed
inferiore o pari a 250 mila abitanti il limite massimo di cui al primo periodo
del presente comma può essere elevato fino al tredici per cento della dotazione
organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato a valere sulle
ordinarie facoltà per le assunzioni a tempo indeterminato. Si applica quanto
previsto dal comma 6-bis. In via transitoria, con provvedimento motivato volto
a dimostrare che il rinnovo sia indispensabile per il corretto svolgimento
delle funzioni essenziali degli enti, i limiti di cui al presente comma possono
essere superati, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali a tempo
indeterminato, al fine di rinnovare, per una sola volta, gli incarichi in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31
dicembre 2012. Contestualmente gli enti adottano atti di programmazione volti
ad assicurare a regime il rispetto delle percentuali di cui al presente comma”.
In apparenza, si rivedono le percentuali rispetto
alla dotazione organica dirigenziale dei dirigenti che è possibile assumere a
tempo determinato, secondo il seguente schema:
a) comuni
con meno di 100.000 abitanti: 20% della dotazione organica dirigenziale;
b) comuni
con più di 100.000 abitanti e fino a 250.000: 10%, elevabile al 13% della
dotazione organica dirigenziale;
c) comuni
con più di 250.000 abitanti e province: 10% della dotazione organica
dirigenziale.
Almeno, si può osservare, è stata eliminata
l’insulsa percentuale del 18%, consentita dal precedente testo dell’articolo
19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 ma solo agli enti locali collocati nella
classe di virtuosità di cui all'articolo 20, comma 3, del d.l. 98/2011,
convertito in legge 111/2011. La percentuale del 18% era una bovina somma delle
distinte percentuali, 10 e 8 per cento, previste nelle amministrazioni dello
stato dall’articolo 19, comma 6, per l’assunzione rispettivamente dei dirigenti
di prima e seconda fascia. Nessuno ha voluto prendere atto, però, che nello
Stato non si assume il 18% di dirigenti a contratto. Applicando, infatti,
separatamente le due percentuali del 10 e 18 per cento alle dotazioni organiche
dei dirigenti di prima e seconda fascia e facendo la media, si riscontra che
complessivamente nello Stato è possibile acquisire dirigenti a tempo
determinato solo entro la soglia dell’8,2%, che con l’arrotondamento
corrisponde all’8%. Esattamente la soglia inizialmente fissata anche per gli
enti locali dalla riforma-Brunetta, secondo quanto ebbero ad accertare anche le
Sezioni Riunite della Corte dei conti, con le deliberazioni 12, 13 e 14 del
2011.
Poiché delle classi di virtuosità degli enti locali
non c’è la minima traccia, il Parlamento ha pensato bene di capitolare alle
continue insistenze dell’Anci e di tantissimi sindaci, mai inclini ad accettare
di assumere a contratto “solo” l’8% dei dirigenti. Dunque, dall’8%, si passa
addirittura al 20 nei comuni fino a 100.000 abitanti, scendendo fino al 13% nei
comuni fino a 250.000 abitanti ed “arrotondando” al 10% nei comuni più grandi.
Tuttavia, per meglio comprendere l’insistenza di
Anci e sindaci nell’estendere le percentuali e individuare il senso vero della
modifica dell’articolo 19, comma 6-quater, occorre riportare alla memoria
perché gli organi di vertice degli enti locali hanno avversato subito e con
estrema forza la forte limitazione alla possibilità di assumere dirigenti a
tempo determinato. La ragione consiste nella circostanza che il testo
dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000 non ha mai fissato limiti entro
i quali assumere dirigenti a contratto: per questa ragione, era astrattamente
possibile coprire la dotazione organica dei dirigenti col 100% di dirigenti a
tempo determinato o, comunque, con percentuali elevatissime. Puntualmente,
moltissimi comuni hanno agito esattamente in questo modo, cioè affidando la
direzione delle strutture di vertice prevalentemente a dirigenti a tempo
determinato.
Questo, nonostante fosse palese che la copertura
quasi totalitaria di posti dirigenziali della dotazione organica fosse in
palese contrasto con l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, da sempre
operane nel sistema degli enti locali, per effetto dell’articolo 88 del d.lgs
267/2000, il quale contiene un rinvio dinamico e diretto all’applicazione di
tutta la disciplina contenuta nel testo unico sul lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni e, in particolare, delle norme sulla dirigenza. Ma,
il comportamento operativo degli enti locali era in chiaro contrasto con la
Costituzione, come definitivamente accertato dalla Corte costituzionale con la
sentenza 103/2007, la quale ha rilevato l’incompatibilità dello spoil system
con l’ordinamento italiano e sottolineato che l’utilizzo senza limiti degli
incarichi a contratto vìola il principio della continuità dell’azione
amministrativa.
Nonostante queste palesi violazioni alla
Costituzione e alle norme generali, i sindaci hanno continuato ad abusare degli
incarichi a contratto, sicchè all’entrata in vigore della riforma-Brunetta, che
ha dato coerente attuazione ai principi accertati dalla Consulta, hanno levato
le proprie lamentazioni al cielo, osservando che il limite dell’8% non avrebbe
consentito loro di gestire al meglio le strutture, proprio perché in questa
maniera molte di esse sarebbero rimaste scoperte, né vi sarebbe stata la possibilità
di coprirle con concorsi, viste le restrizioni alle assunzioni poste dalla
legge.
Quanto lamentato dai comuni sarebbe stata una giusta
sanzione nei riguardi di un comportamento del tutto contrario ad una lettura
costituzionalmente orientata e corretta delle norme di legge. Non si capisce
per quale ragione enti che abbiano violato la Costituzione attingendo a piene
mani e senza limiti a dirigenti a contratto dovrebbero essere premiati dal
legislatore, con deroghe ai limiti stessi, per continuare a perpetuare
all’infinito tali comportamenti.
Non si deve dimenticare che gli
incarichi dirigenziali a contratto costituiscono un vero problema
nell’ordinamento, come accertato dalla Relazione sul costo del lavoro pubblico
2011 adottata dalla Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede di controllo. Tale
Relazione dedica un esteso capitolo alla dirigenza, per sigmatizzare la mancata
diminuzione del numero dei dirigenti e la circostanza che laddove si siano
verificate riduzioni d’organico, i fondi non siano stati simmetricamente
riproporzionati, valutando positivamente l’obbligo in tal senso imposto
dall’articolo 9, comma 2-bis, della legge 122/2010. La critica riguarda
prevalentemente le amministrazioni statali, ma è piuttosto diffusa la pratica
di lasciare inalterati i fondi, nonostante la cessazione dal servizio dei
dirigenti, dovuta a qualsiasi causa.
Per gli enti locali l’obbligo di
ridurre il numero dei dirigenti è posto in maniera chiarissima dall’articolo 1,
comma 557, lettera b), della legge 296/2006, ai sensi del quale gli enti
debbono perseguire la “razionalizzazione e snellimento delle strutture
burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con
l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in
organici”.
La Relazione delle Sezioni
riunite dimostra come tale obiettivo non risulti per nulla conseguito, perché
del resto non perseguito. Si legge nella Relazione rispetto alla dirigenza: “Nel
2009, le nuove assunzioni per nomina da concorso sono pari a circa il 60% del
totale”. Ciò non può che significare che il 40% dei dirigenti nel 2009 sono
stati assunti senza concorso.
La dirigenza a contratto,
ulteriore conclusione, coincide, dunque, con una dirigenza “fiduciaria”, scelta
direttamente e senza selezione, o con selezioni molto blande, dagli organi di
governo, per ragioni di appartenenza ed affinità, non di carattere tecnico.
Altra ragione, questa, di incostituzionalità delle norme sullo spoil system,
sempre alla luce della ormai consolidata giurisprudenza della Consulta.
Se in un anno il 40% dei
dirigenti viene assunto fiduciariamente appare chiaro che si sia ben oltre il
limite dell’8% nell’acquisizione di dirigenti a tempo determinato, dandosi vita
ad un vulnus insanabile ad ogni principio di razionalità e continuità
organizzativa.
In particolare nell’ambito degli
enti locali il fenomeno della dirigenza a contratto è storicamente posto al di
là di qualsiasi accettabile controllo, come mostra la seguente tabella
presentata sempre dalla Relazione delle Sezioni Riunite:
A fronte di una leggera, ma
costante diminuzione dei dirigenti a tempo indeterminato (-7,8% tra il 2007 e
il 2009), si registra un aumento deflagrante della dirigenza “fiduciaria” (+
5,4% tra 2007 e 2009).
Come si nota facendo una semplice
proporzione, il numero dei dirigenti a contratto è di molto superiore alla
soglia dell’8%, resa, per poco, obbligatoria anche per gli enti locali dal
d.lgs 150/2009, in attuazione della limitazione al ricorso ai dirigenti a tempo
determinato imposta dalla Consulta: nel 2007 i dirigenti a contratto sono stati
il 27,9%; nel 2008 il 30,7%; nel 2009 il 31,9%.
Come si nota, la media è ben al
di sopra anche delle nuove generose percentuali disposte dal nuovo testo
dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001.
Né, occorre aggiungere, i
dirigenti a tempo determinato costano meno di quelli di ruolo. La tabella che
segue, sempre estratta dalla Relazione, riporta la spesa media per retribuzione
accessoria dei dirigenti di ruolo.
Concentrando l’attenzione sulla
retribuzione di posizione, si constata come essa sia costantemente inferiore a
quella dei dirigenti a tempo determinato:
Insomma, la dirigenza a contratto non garantisce
l’imparzialità dell’azione amministrativa, costa di più, vìola la Costituzione
e nemmeno garantisce quella “maggiore competenza” che l’articolo 19, comma 6,
postula come ratio dell’allargamento delle maglie delle dotazioni organiche
dirigenziali.
Nonostante ciò, l’emendamento al decreto fiscale
realizza una vera e propria sanatoria degli incarichi dirigenziali a contratto
così evidentemente lesivi dell’ordinamento. Infatti, il nuovo testo
dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 espressamente dispone che
“In via transitoria, con provvedimento motivato volto a dimostrare che il
rinnovo sia indispensabile per il corretto svolgimento delle funzioni
essenziali degli enti, i limiti di cui al presente comma possono essere
superati, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali a tempo indeterminato,
al fine di rinnovare, per una sola volta, gli incarichi in corso alla data di
entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2012”.
Una vera e propria possibilità di riconfermare tutti
i dirigenti a contratto, qualunque sia la percentuale di copertura della
dotazione organica, per altri 5 anni di legislatura al meno, in attesa della
prossima sanatoria che puntualmente giungerà tra altri 5 anni.
Vien quasi da sorridere, amaramente, guardando alla
previsione che i rinnovi indiscriminati dei dirigenti sono consentiti “in
via transitoria”, ben sapendo che in Ialia nulla è più definitivo di quanto
è definito transitorio.
Non può che lasciare perplessi anche la
semplicistica condizione posta dal legislatore al rinnovo indiscriminato:
l’adozione di un provvedimento motivato, che dimostri l’indispensabilità del
rinnovo per il corretto delle funzioni essenziali degli enti. Occorre chiedersi
quale ente locale non adotterà questo provvedimento, con la motivazione
tautologica, offerta dal legislatore stesso, che in assenza del rinnovo non
sarebbe possibile svolgere le funzioni essenziali. Con buona pace di tutte le
norme che, nel frattempo, predicano la riduzione del numero dei dirigenti e la
contrazione della spesa per il lavoro flessibile al 50% del 2009.
Per altro, come si nota osservando ancora la norma,
i rinnovi andranno a gravare sulle facoltà di assunzione. Cioè, la
perpetuazione degli incarichi a contratto finirà per consumare le risorse per
le assunzioni in dotazione organica, pari, grazie ad un altro emendamento, non
più al 20% del costo delle cessazioni dell’anno precedente, ma al doppio, il
40%. Insomma, i dirigenti sono a tempo determinato, ma il loro costo è come
fosse per assunzioni a tempo indeterminato.
Da un lato appare corretto, visto che la norma si
riferisce all’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000, non tanto per dettarne
la reviviscenza visto che tale articolo è indubbiamente abolito (checchè ne
dicano le Sezioni Riunite della Corte dei conti), ma per confermare che si
tratta di assunzioni per coprire la dotazione, dunque, da questo punto di
vista, equivalenti ad assunzioni in ruolo a tempo indeterminato.
Per altro verso, si può ironicamente rilevare che
configurare la dirigenza a contratto come assunzioni a tempo indeterminato sia
proprio vero.
E’ paradossale che in una situazione di crisi come
quella italiana, nella quale i posti di lavoro sono tutti a rischio, le nuove
assunzioni nel settore privato per circa l’85% sono tutte con contratti precari
ed ultraflessibili, nel sistema pubblico degli enti locali contratti
“flessibili” dirigenziali non solo costino di più, non basta che siano attivati
spessissimo senza alcuna selezione pubblica, ma per giunta sono “flessibili”
fino a un certo punto. Vi sono dirigenti a contratto che da 15 anni almeno
risultano stabilmente inseriti grazie alla cooptazione dell’organo di governo.
L’emendamento, del resto, non fa che seguire il
“buon” esempio del collegato fiscale, che ha disposto la sanatoria per migliaia
di dirigenti a contratto delle agenzie delle entrate, del territorio e delle
dogane, enti che da 12 anni scientificamente non espletano concorsi per
assumere dirigenti, ma assegnano incarichi a dipendenti interni, oltre
qualsiasi limite percentuale e qualunque serio e credibile esame di
professionalità. Non appare, oggettivamente, ammissibile che questa estesissima
quantità di funzionari interni possieda quei particolarissimi requisiti di
qualità professionale richiesti dall’articolo 19, comma 6, per gli incarichi a
contratto. Anche negli enti locali una quantità sterminata di dirigenti a tempo
determinato viene cooptata con promozioni sul campo di funzionari. Dirigenti a
contratto sostanzialmente deresponsabilizzati, che svolgono le loro funzioni
specificamente per confermare la fiducia e l’appartenenza. Anche se venissero
valutati negativamente, evento mai avvenuto, a differenza dei dirigenti di
ruolo che rischiano lo stesso posto di lavoro, per essi eventualmente c’è il
paracadute del ritorno al precedente lavoro. Meno remunerato, certo, ma sempre
di lavoro si tratta.
Il legislatore ha compiuto un’opera francamente
stupefacente. E’ andato palesemente contro la Costituzione, come interpretata
dalla Consulta, tornando a consentire incarichi dirigenziali a contratto (sia
pure “in via transitoria”) anche per il 100% della dotazione e, soprattutto,
appresta protezioni e prospettive di lunga scadenza ai dirigenti a contratto,
che i precari veri nemmeno si sognano. Per giunta, contribuendo ad un nuovo
incremento della spesa pubblica di personale degli enti locali, ma senza garantire
in alcun modo qualità e professionalità.
Non è ovviamente possibile generalizzare i casi, ma
gli incarichi dirigenziali per cooptazione non di rado ricadono su persone poco
titolare o con titoli di dubbia provenienza, scelti essenzialmente per il loro idem
sentire con l’organo di governo. Per questa strada si manifestano casi come
quello del tesoriere della Lega inserito nel consiglio di amministrazione della
Fincantieri. O della responsabile del servizio finanziario del comune di Reggio
Calabria, che ha portato al sostanziale dissesto il comune, con comportamenti
più che spregiudicati, mai contestati, ma emersi poi qualche mese fa
nell’ambito di inchieste giudiziali e che l’hanno portata al tragico gesto del
suicidio.
Di tutto, in questo momento, l’Italia avrebbe
bisogno, tranne che di segnali devastanti come quello dato con questo
emendamento. In tempo di spending review gli incarichi dirigenziali per
cooptazione, come le collaborazioni e le consulenze esterne, dovrebbero solo
essere eliminati del tutto. Evidentemente, nonostante i chiari segnali delle
disfunzioni connesse allo spoil system i tempi non sono ancora maturi.
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