domenica 22 aprile 2012

Inaccettabile sanatoria dei dirigenti a contratto negli enti locali



             L’emendamento al decreto fiscale che modifica l’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 reintroducendo la dirigenza a contratto sostanzialmente senza limiti negli enti locali fa strame in un sol colpo della riforma-Brunetta e della Costituzione.
Il nuovo comma 6-quater dispone quanto segue: “Per gli Enti locali il numero complessivo degli incarichi a contratto nella dotazione organica dirigenziale, conferibili ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è stabilito nel limite massimo del dieci per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato. Per i comuni con popolazione inferiore o pari a 100 mila abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma è pari al venti per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato. Per i comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti ed inferiore o pari a 250 mila abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma può essere elevato fino al tredici per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato a valere sulle ordinarie facoltà per le assunzioni a tempo indeterminato. Si applica quanto previsto dal comma 6-bis. In via transitoria, con provvedimento motivato volto a dimostrare che il rinnovo sia indispensabile per il corretto svolgimento delle funzioni essenziali degli enti, i limiti di cui al presente comma possono essere superati, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali a tempo indeterminato, al fine di rinnovare, per una sola volta, gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2012. Contestualmente gli enti adottano atti di programmazione volti ad assicurare a regime il rispetto delle percentuali di cui al presente comma”.
In apparenza, si rivedono le percentuali rispetto alla dotazione organica dirigenziale dei dirigenti che è possibile assumere a tempo determinato, secondo il seguente schema:
a)      comuni con meno di 100.000 abitanti: 20% della dotazione organica dirigenziale;
b)      comuni con più di 100.000 abitanti e fino a 250.000: 10%, elevabile al 13% della dotazione organica dirigenziale;
c)      comuni con più di 250.000 abitanti e province: 10% della dotazione organica dirigenziale.
Almeno, si può osservare, è stata eliminata l’insulsa percentuale del 18%, consentita dal precedente testo dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 ma solo agli enti locali collocati nella classe di virtuosità di cui all'articolo 20, comma 3, del d.l. 98/2011, convertito in legge 111/2011. La percentuale del 18% era una bovina somma delle distinte percentuali, 10 e 8 per cento, previste nelle amministrazioni dello stato dall’articolo 19, comma 6, per l’assunzione rispettivamente dei dirigenti di prima e seconda fascia. Nessuno ha voluto prendere atto, però, che nello Stato non si assume il 18% di dirigenti a contratto. Applicando, infatti, separatamente le due percentuali del 10 e 18 per cento alle dotazioni organiche dei dirigenti di prima e seconda fascia e facendo la media, si riscontra che complessivamente nello Stato è possibile acquisire dirigenti a tempo determinato solo entro la soglia dell’8,2%, che con l’arrotondamento corrisponde all’8%. Esattamente la soglia inizialmente fissata anche per gli enti locali dalla riforma-Brunetta, secondo quanto ebbero ad accertare anche le Sezioni Riunite della Corte dei conti, con le deliberazioni 12, 13 e 14 del 2011.
Poiché delle classi di virtuosità degli enti locali non c’è la minima traccia, il Parlamento ha pensato bene di capitolare alle continue insistenze dell’Anci e di tantissimi sindaci, mai inclini ad accettare di assumere a contratto “solo” l’8% dei dirigenti. Dunque, dall’8%, si passa addirittura al 20 nei comuni fino a 100.000 abitanti, scendendo fino al 13% nei comuni fino a 250.000 abitanti ed “arrotondando” al 10% nei comuni più grandi.
Tuttavia, per meglio comprendere l’insistenza di Anci e sindaci nell’estendere le percentuali e individuare il senso vero della modifica dell’articolo 19, comma 6-quater, occorre riportare alla memoria perché gli organi di vertice degli enti locali hanno avversato subito e con estrema forza la forte limitazione alla possibilità di assumere dirigenti a tempo determinato. La ragione consiste nella circostanza che il testo dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000 non ha mai fissato limiti entro i quali assumere dirigenti a contratto: per questa ragione, era astrattamente possibile coprire la dotazione organica dei dirigenti col 100% di dirigenti a tempo determinato o, comunque, con percentuali elevatissime. Puntualmente, moltissimi comuni hanno agito esattamente in questo modo, cioè affidando la direzione delle strutture di vertice prevalentemente a dirigenti a tempo determinato.
Questo, nonostante fosse palese che la copertura quasi totalitaria di posti dirigenziali della dotazione organica fosse in palese contrasto con l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, da sempre operane nel sistema degli enti locali, per effetto dell’articolo 88 del d.lgs 267/2000, il quale contiene un rinvio dinamico e diretto all’applicazione di tutta la disciplina contenuta nel testo unico sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, delle norme sulla dirigenza. Ma, il comportamento operativo degli enti locali era in chiaro contrasto con la Costituzione, come definitivamente accertato dalla Corte costituzionale con la sentenza 103/2007, la quale ha rilevato l’incompatibilità dello spoil system con l’ordinamento italiano e sottolineato che l’utilizzo senza limiti degli incarichi a contratto vìola il principio della continuità dell’azione amministrativa.
Nonostante queste palesi violazioni alla Costituzione e alle norme generali, i sindaci hanno continuato ad abusare degli incarichi a contratto, sicchè all’entrata in vigore della riforma-Brunetta, che ha dato coerente attuazione ai principi accertati dalla Consulta, hanno levato le proprie lamentazioni al cielo, osservando che il limite dell’8% non avrebbe consentito loro di gestire al meglio le strutture, proprio perché in questa maniera molte di esse sarebbero rimaste scoperte, né vi sarebbe stata la possibilità di coprirle con concorsi, viste le restrizioni alle assunzioni poste dalla legge.
Quanto lamentato dai comuni sarebbe stata una giusta sanzione nei riguardi di un comportamento del tutto contrario ad una lettura costituzionalmente orientata e corretta delle norme di legge. Non si capisce per quale ragione enti che abbiano violato la Costituzione attingendo a piene mani e senza limiti a dirigenti a contratto dovrebbero essere premiati dal legislatore, con deroghe ai limiti stessi, per continuare a perpetuare all’infinito tali comportamenti.
Non si deve dimenticare che gli incarichi dirigenziali a contratto costituiscono un vero problema nell’ordinamento, come accertato dalla Relazione sul costo del lavoro pubblico 2011 adottata dalla Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede di controllo. Tale Relazione dedica un esteso capitolo alla dirigenza, per sigmatizzare la mancata diminuzione del numero dei dirigenti e la circostanza che laddove si siano verificate riduzioni d’organico, i fondi non siano stati simmetricamente riproporzionati, valutando positivamente l’obbligo in tal senso imposto dall’articolo 9, comma 2-bis, della legge 122/2010. La critica riguarda prevalentemente le amministrazioni statali, ma è piuttosto diffusa la pratica di lasciare inalterati i fondi, nonostante la cessazione dal servizio dei dirigenti, dovuta a qualsiasi causa.
Per gli enti locali l’obbligo di ridurre il numero dei dirigenti è posto in maniera chiarissima dall’articolo 1, comma 557, lettera b), della legge 296/2006, ai sensi del quale gli enti debbono perseguire la “razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici”.
La Relazione delle Sezioni riunite dimostra come tale obiettivo non risulti per nulla conseguito, perché del resto non perseguito. Si legge nella Relazione rispetto alla dirigenza: “Nel 2009, le nuove assunzioni per nomina da concorso sono pari a circa il 60% del totale”. Ciò non può che significare che il 40% dei dirigenti nel 2009 sono stati assunti senza concorso.
La dirigenza a contratto, ulteriore conclusione, coincide, dunque, con una dirigenza “fiduciaria”, scelta direttamente e senza selezione, o con selezioni molto blande, dagli organi di governo, per ragioni di appartenenza ed affinità, non di carattere tecnico. Altra ragione, questa, di incostituzionalità delle norme sullo spoil system, sempre alla luce della ormai consolidata giurisprudenza della Consulta.
Se in un anno il 40% dei dirigenti viene assunto fiduciariamente appare chiaro che si sia ben oltre il limite dell’8% nell’acquisizione di dirigenti a tempo determinato, dandosi vita ad un vulnus insanabile ad ogni principio di razionalità e continuità organizzativa.
In particolare nell’ambito degli enti locali il fenomeno della dirigenza a contratto è storicamente posto al di là di qualsiasi accettabile controllo, come mostra la seguente tabella presentata sempre dalla Relazione delle Sezioni Riunite:

A fronte di una leggera, ma costante diminuzione dei dirigenti a tempo indeterminato (-7,8% tra il 2007 e il 2009), si registra un aumento deflagrante della dirigenza “fiduciaria” (+ 5,4% tra 2007 e 2009).
Come si nota facendo una semplice proporzione, il numero dei dirigenti a contratto è di molto superiore alla soglia dell’8%, resa, per poco, obbligatoria anche per gli enti locali dal d.lgs 150/2009, in attuazione della limitazione al ricorso ai dirigenti a tempo determinato imposta dalla Consulta: nel 2007 i dirigenti a contratto sono stati il 27,9%; nel 2008 il 30,7%; nel 2009 il 31,9%.
Come si nota, la media è ben al di sopra anche delle nuove generose percentuali disposte dal nuovo testo dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001.
Né, occorre aggiungere, i dirigenti a tempo determinato costano meno di quelli di ruolo. La tabella che segue, sempre estratta dalla Relazione, riporta la spesa media per retribuzione accessoria dei dirigenti di ruolo.

Concentrando l’attenzione sulla retribuzione di posizione, si constata come essa sia costantemente inferiore a quella dei dirigenti a tempo determinato:

Insomma, la dirigenza a contratto non garantisce l’imparzialità dell’azione amministrativa, costa di più, vìola la Costituzione e nemmeno garantisce quella “maggiore competenza” che l’articolo 19, comma 6, postula come ratio dell’allargamento delle maglie delle dotazioni organiche dirigenziali.
Nonostante ciò, l’emendamento al decreto fiscale realizza una vera e propria sanatoria degli incarichi dirigenziali a contratto così evidentemente lesivi dell’ordinamento. Infatti, il nuovo testo dell’articolo 19, comma 6-quater, del d.lgs 165/2001 espressamente dispone che “In via transitoria, con provvedimento motivato volto a dimostrare che il rinnovo sia indispensabile per il corretto svolgimento delle funzioni essenziali degli enti, i limiti di cui al presente comma possono essere superati, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali a tempo indeterminato, al fine di rinnovare, per una sola volta, gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2012.
Una vera e propria possibilità di riconfermare tutti i dirigenti a contratto, qualunque sia la percentuale di copertura della dotazione organica, per altri 5 anni di legislatura al meno, in attesa della prossima sanatoria che puntualmente giungerà tra altri 5 anni.
Vien quasi da sorridere, amaramente, guardando alla previsione che i rinnovi indiscriminati dei dirigenti sono consentiti “in via transitoria”, ben sapendo che in Ialia nulla è più definitivo di quanto è definito transitorio.
Non può che lasciare perplessi anche la semplicistica condizione posta dal legislatore al rinnovo indiscriminato: l’adozione di un provvedimento motivato, che dimostri l’indispensabilità del rinnovo per il corretto delle funzioni essenziali degli enti. Occorre chiedersi quale ente locale non adotterà questo provvedimento, con la motivazione tautologica, offerta dal legislatore stesso, che in assenza del rinnovo non sarebbe possibile svolgere le funzioni essenziali. Con buona pace di tutte le norme che, nel frattempo, predicano la riduzione del numero dei dirigenti e la contrazione della spesa per il lavoro flessibile al 50% del 2009.
Per altro, come si nota osservando ancora la norma, i rinnovi andranno a gravare sulle facoltà di assunzione. Cioè, la perpetuazione degli incarichi a contratto finirà per consumare le risorse per le assunzioni in dotazione organica, pari, grazie ad un altro emendamento, non più al 20% del costo delle cessazioni dell’anno precedente, ma al doppio, il 40%. Insomma, i dirigenti sono a tempo determinato, ma il loro costo è come fosse per assunzioni a tempo indeterminato.
Da un lato appare corretto, visto che la norma si riferisce all’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000, non tanto per dettarne la reviviscenza visto che tale articolo è indubbiamente abolito (checchè ne dicano le Sezioni Riunite della Corte dei conti), ma per confermare che si tratta di assunzioni per coprire la dotazione, dunque, da questo punto di vista, equivalenti ad assunzioni in ruolo a tempo indeterminato.
Per altro verso, si può ironicamente rilevare che configurare la dirigenza a contratto come assunzioni a tempo indeterminato sia proprio vero.
E’ paradossale che in una situazione di crisi come quella italiana, nella quale i posti di lavoro sono tutti a rischio, le nuove assunzioni nel settore privato per circa l’85% sono tutte con contratti precari ed ultraflessibili, nel sistema pubblico degli enti locali contratti “flessibili” dirigenziali non solo costino di più, non basta che siano attivati spessissimo senza alcuna selezione pubblica, ma per giunta sono “flessibili” fino a un certo punto. Vi sono dirigenti a contratto che da 15 anni almeno risultano stabilmente inseriti grazie alla cooptazione dell’organo di governo.
L’emendamento, del resto, non fa che seguire il “buon” esempio del collegato fiscale, che ha disposto la sanatoria per migliaia di dirigenti a contratto delle agenzie delle entrate, del territorio e delle dogane, enti che da 12 anni scientificamente non espletano concorsi per assumere dirigenti, ma assegnano incarichi a dipendenti interni, oltre qualsiasi limite percentuale e qualunque serio e credibile esame di professionalità. Non appare, oggettivamente, ammissibile che questa estesissima quantità di funzionari interni possieda quei particolarissimi requisiti di qualità professionale richiesti dall’articolo 19, comma 6, per gli incarichi a contratto. Anche negli enti locali una quantità sterminata di dirigenti a tempo determinato viene cooptata con promozioni sul campo di funzionari. Dirigenti a contratto sostanzialmente deresponsabilizzati, che svolgono le loro funzioni specificamente per confermare la fiducia e l’appartenenza. Anche se venissero valutati negativamente, evento mai avvenuto, a differenza dei dirigenti di ruolo che rischiano lo stesso posto di lavoro, per essi eventualmente c’è il paracadute del ritorno al precedente lavoro. Meno remunerato, certo, ma sempre di lavoro si tratta.
Il legislatore ha compiuto un’opera francamente stupefacente. E’ andato palesemente contro la Costituzione, come interpretata dalla Consulta, tornando a consentire incarichi dirigenziali a contratto (sia pure “in via transitoria”) anche per il 100% della dotazione e, soprattutto, appresta protezioni e prospettive di lunga scadenza ai dirigenti a contratto, che i precari veri nemmeno si sognano. Per giunta, contribuendo ad un nuovo incremento della spesa pubblica di personale degli enti locali, ma senza garantire in alcun modo qualità e professionalità.
Non è ovviamente possibile generalizzare i casi, ma gli incarichi dirigenziali per cooptazione non di rado ricadono su persone poco titolare o con titoli di dubbia provenienza, scelti essenzialmente per il loro idem sentire con l’organo di governo. Per questa strada si manifestano casi come quello del tesoriere della Lega inserito nel consiglio di amministrazione della Fincantieri. O della responsabile del servizio finanziario del comune di Reggio Calabria, che ha portato al sostanziale dissesto il comune, con comportamenti più che spregiudicati, mai contestati, ma emersi poi qualche mese fa nell’ambito di inchieste giudiziali e che l’hanno portata al tragico gesto del suicidio.
Di tutto, in questo momento, l’Italia avrebbe bisogno, tranne che di segnali devastanti come quello dato con questo emendamento. In tempo di spending review gli incarichi dirigenziali per cooptazione, come le collaborazioni e le consulenze esterne, dovrebbero solo essere eliminati del tutto. Evidentemente, nonostante i chiari segnali delle disfunzioni connesse allo spoil system i tempi non sono ancora maturi.

Nessun commento:

Posta un commento