domenica 10 giugno 2012

Servizi legali sono appalto

Il Consiglio di stato si dimostra ancora molto conservatore rispetto alla corretta sussunzione di alcune tipologie di prestazioni di servizi nell’alveo del codice dei contratti.


La sentenza della Sezione V, 11 maggio 2012 n. 2730 insiste inopinatamente sulla teoria, molto gettonata soprattutto tra gli avvocati, secondo la quale le amministrazioni pubbliche non sarebbero tenute a svolgere gare per l’affidamento del singolo incarico di difesa in giudizio, in quanto esso non rientrerebbe nella disciplina del codice dei contratti.

Le argomentazioni svolte da Palazzo Spada per giungere alla sua conclusione, che in realtà appare preconcetta, sono tutt’altro che convincenti.

Secondo il Consiglio di statovi sarebbe una “differenza ontologica che […] connota l’espletamento del singolo incarico di patrocinio legale, occasionato da puntuali esigenze di difesa dell’ente locale, rispetto all’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dalla sussistenza di una specifica organizzazione, dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata”.

In sintesi, per Palazzo Spada, un singolo incarico di difesa in giudizio sarebbe null’altro che un contratto d’opera intellettuale, diverso da un appalto connotato non solo da funzioni di assistenza giudiziale, ma anche di attività che lo rendono più complesso, come consulenza e assistenza legali.

Sorprendentemente, però, la sentenza non giunge all’ovvia conseguenza, quella, cioè, di ricondurre l’incarico ai legali alle collaborazioni disciplinate dall’articolo 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, dedicato a regolamentare proprio l’assegnazione di lavori autonomi da parte delle amministrazioni pubbliche.

Questo è solo uno dei punti fortemente deboli della sentenza. La quale, pur affermando decisamente che gli incarichi ai legali non sono da considerare attratti dalla disciplina del codice dei contratti, stabilisce, tuttavia: “Resta inteso che l’attività di selezione del difensore dell’ente pubblico, pur non soggiacendo all’obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetta ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare”.

Classica argomentazione che intende dimostrare a posteriori un concetto assunto come “vero” prima. E’ troppo evidente: se si afferma che l’incarico di patrocinio legale non rientra nel codice dei contratti, né risulta disciplinato dall’articolo 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, non si può affermare che occorra trarre dall’ordinamento indistinto principi generali che, invece, si ritrovano specificamente indicati esattamente nell’articolo 27 del d.lgs 163/2006, norma che Palazzo Spada indicherebbe non applicarsi.

La sentenza non si è spinta fino a sostenere che l’incarico agli avvocati sia disciplinato dall’articolo 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, in quanto sarebbe risultato troppo evidente l’insostenibilità di questa tesi.

Più semplice è cercare il tertium genus tra collaborazione vera e propria ed appalto, individuandolo appunto nel contratto d’opera intellettuale.

Ma, così operando, il Consiglio di stato incorre nell’errore, ancora troppo presente, di ritenere che gli “incarichi individuali” non rientrino nella disciplina degli appalti, continuando a ritenere applicabile e prevalente la concezione di “imprenditore” dell’ordinamento interno. Nonostante questa risulti totalmente superata dalle direttive europee, che riferiscono la prestazione di servizi al diverso concetto di “operatore economico”, trasfuso, per altro, nell’ordinamento italiano dall’articolo 3, comma 19, del d.lgs 163/2006, ai sensi del quale “I termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”.

Stando alla semplicissima lettura della norma, non vi è alcuna possibilità per escludere i servizi legali, del resto molto esplicitamente contemplati dall’allegato IIB al codice dei contratti, dal campo di applicazione degli appalti ai quali, per ora, il codice stesso si applica solo in parte, ai sensi dell’articolo 20.

In effetti, la sentenza del Consiglio di stato per rafforzare il proprio assunto articola una serie di ragionamenti che non conducono al risultato. Per esempio, afferma che le disposizioni del codice dei contratti “non rappresentano affatto una novità introdotta nell’ordinamento interno a seguito della direttiva 2004/18/CE, in quanto già il D.Lgs 17 marzo 1995, n. 157 ("Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi"), indicava, nell’allegato 2, una serie di servizi, tra cui i "servizi legali", relativamente ai quali non si applicava la disciplina generale nella sua integralità ma solo alcune disposizioni del citato decreto legislativo”. Ma, non è questo il punto: la norma-guida è il citato articolo 3, comma 19, del codice.

Il punto focale del ragionamento del Consiglio di stato è quello, però, secondo il quale l’incarico di difesa in giudizio non rientra nei “servizi legali”, perché questi sono “un contratto caratterizzato da un quid pluris, sotto il profilo dell’organizzazione, della continuità e della complessità - rispetto al contratto di conferimento dell’incarico difensivo specifico, integrante mero contratto d’ opera intellettuale, species del genus contratto di lavoro autonomo, come tale esulante dalla nozione di contratto di appalto ratione materiae abbracciata dal legislatore comunitario”.

Dunque, “il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un elemento di specialità, per prestazione e per modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale”. E’ sempre l’annebbiamento derivante dalla volontà di applicare alla disciplina degli appalti i canoni del diritto commerciale interno, che per qualificare l’imprenditore come tale richiede l’elemento dell’“organizzazione” dei mezzi di servizio.

Ulteriore argomentazione del Consiglio di stato riguarda la presunta impossibilità di definire le specifiche tecniche e, dunque l’importo a base di gara: “In tal senso depone, sul piano normativo, anche la prescrizione che, per l’affidamento di tali servizi, pretende l’indicazione delle specifiche tecniche fissate dal committente (art. 68 del codice), così configurando la condizione, non compatibile con un mero contratto di patrocinio legale isolato, per permettere l’apertura dell’appalto alla concorrenza (cfr. il ventinovesimo "considerando" alla direttiva n. 18 del 2004)”. E sulla strada fuorviante della concezione dell’imprenditore secondo l’ordinamento interno, la sentenza prosegue: “Le norme di tema di appalti di servizi vengono, in definitiva, in rilievo quando il professionista sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro autonomo in un servizio (nella fattispecie, legale), da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato”.

Insomma, per il Consiglio di stato qualificare un singolo e puntale incarico legale di difesa in giudizio come appalto di servizi significa farlo sottostare a procedure e condizioni incompatibili con la fattispecie contrattuale per una serie di ragioni:

-         l’aleatorietà dell’iter del giudizio,

-         la non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni,

-         l’assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.

E a conferma di ciò, sottolinea che “Lo stesso codice dei contratti pubblici, nel dettare una specifica disciplina, di natura speciale, dei servizi di ingegneria e di architettura volta a enucleare un sistema di qualificazione e di selezione per determinate tipologie di prestazioni d’opera, conferma l’inesistenza di un principio generale di equiparazione tra singole prestazioni d’opera e servizi intesi come complesso organizzato di utilità erogate con prestazioni ripetute ed organizzate”.

Quest’argomentazione non regge ad una semplicissima domanda: posto che anche un appalto di servizi legali “organizzato” e composto da operazioni “complesse” comunque richiederebbe la determinazione di specifiche tecniche e di una base di gara relativamente alle attività di difesa, quale sarebbe la ratio secondo la quale nel caso di servizi complessi l’appalto sarebbe possibile?

E’ piuttosto semplice osservare come risulti molto più semplice definire gli elementi per il confronto concorrenziale per la singola difesa in giudizio, se connessa ad una specifica vertenza. Nel caso dell’appalto di servizio “complesso” riferito a prestazioni per lo più solo “potenziali” la definizione delle specifiche tecniche risulterebbe molto più complessa ed aleatoria.

Se il ragionamento di Palazzo Spada fosse accoglibile, nessuna prestazione “di mezzi” dovrebbe rientrare nell’alveo del codice dei contratti e si tornerebbe a dover dare prevalenza al carattere “fiduciario” dell’incarico.

Le cose non stanno così. Le prestazioni della difesa legale sono quanto meno determinabili nella tipologia e quantificabili nel loro costo unitario, né oggetto del contratto può mai essere, sia che si tratti di singola difesa, sia che si tratti di servizio più complesso, la “vittoria” in giudizio.

A privare, in ogni caso, di qualsiasi fondamento la decisione di Palazzo Spada è il decimo “considerando” della Direttiva 2004/18/CE (COM(2011) 896 definitivo) ai sensi del quale “I risultati della valutazione sull'impatto e l'efficacia della normativa UE in materia di appalti pubblici hanno dimostrato che l'esclusione di taluni servizi dalla piena applicazione della direttiva deve essere riveduta. Di conseguenza, la piena applicazione della presente direttiva viene estesa a una serie di servizi (quali quelli alberghieri e legali, in quanto entrambi presentano una percentuale particolarmente elevata di scambi transfrontalieri)”.

Pertanto, la questione viene chiusa direttamente dall’Europa. L’interesse trasfrontaliero inserirà i servizi legali tra gli appalti integralmente soggetti al codice. E’ la conferma che detti servizi sono sempre stati appalti veri e propri e come tali occorre trattarli, risultando il diritto interno solo ed esclusivamente recessivo.

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