domenica 6 gennaio 2013

Arredi: un altro esempio di tagli lineari

Un insensato e non selettivo limite all’acquisto di arredi. La previsione contenuta nell’articolo 1, comma 141, della legge 228/2012 appare l’ennesimo tributo che la politica dà alle inchieste giornalistiche, in cerca di facile acquisizione di consenso. Né più, né meno di quanto avvenuto con la questione delle cosiddette “auto blu”.

Il rilievo mediatico alla questione delle spese per le auto utilizzare dai politici per farsi scorazzare in giro ha spinto i due ultimi ministri della Funzione pubblica ben oltre i confini del giusto intervento posto a limitare la spesa per dette vetture, per spingersi a pesanti limitazioni della spesa finalizzata al parco delle automobili di servizio: quelle per andare nei cantieri, per effettuare i servizi domocialiari o le attività ispettive. Che con le auto blu non hanno nulla a che vedere.

La legge di stabilità per il 2013 tocca le stesse corde. Spesso l’acquisto di arredi è finito sui giornali come esempio di spreco o, comunque, indice di sperpero di denaro pubblico: direttori generali di comuni o ministeri, presidenti di aziende o società che acquistano arredi faraonici, degni di un kolossal di Hollywood certamente non sono mancati.

La reazione del legislatore, ancora una volta fuori misura. L’articolo 1, comma 141, della legge 228/2012, infatti, dispone: “Ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese ,connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso il collegio dei revisori dei conti o l'ufficio centrale di bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che devono essere superiori alla minore spesa derivante dall'attuazione del presente comma. La violazione della presente disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti”.

Come si nota, viene riproposto per l’ennesima volta il criterio – tanto vituperato a parole dai governanti, ma regolarmente sempre adottato – del taglio lineare: nel 2013 e 2014 le amministrazioni non potranno spendere di più del 20% della media di quanto speso negli anni 2010-2011 per arredi.

Ancora una volta, un criterio del tutto arbitrario e casuale, la scelta di un anno o un biennio di partenza, al quale agganciare un taglio fortissimo della spesa del totalmente non selettivo.

Il legislatore, infatti, taglia qualsiasi spesa per arredi, con la sola eccezione di investimenti dedicati alla conduzione di immobili.

Come sempre, partendo da una giusta esigenza, si finisce per fare di ogni erba un fascio e, dunque, la scrivania imperiale in legno tek di design viene assimilata al banco e alla cattedra delle scuole o alle dotazioni di arredo degli ospedali.

Non c’è, ovviamente, da criticare l’idea della contrazione della spesa pubblica. Anzi è una cosa doverosa e non più rinviabile. E’ il metodo rozzo che da troppo tempo viene seguito a non convincere. Perché con simili tagli le conseguenze sono due: o essi vengono del tutto ignorati a dispetto delle sanzioni sulla valutabilità ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare della dirigenza; oppure vengono rispettati scrupolosamente, col pericolo alla lunga di lasciare in particolare le scuole, soggette ad un degrado velocissimo delle dotazioni d’arredo, in una condizione ancora peggiore di quella in cui si trovano.

La norma appare, per altro, tanto più insensatamente rigida, considerando che molte altre norme hanno stretto le maglie della spesa, imponendo gli acquisti tramite le convenzioni Consip o, comunque, ricorrendo al mercato elettronico, allo scopo di regolare ed abbassare la spesa per gli acquisti. Il legislatore stesso, dunque, appare poco fiducioso sull’efficacia di tali disposizioni o, come rilevato sopra, inseguendo il consenso facile, fa del taglio degli arredi una bandiera da sventolare, senza pensare agli effetti sull’operatività dei servizi.

L.O.

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