Il cittadino non deve conoscere i dati reali sulle province. La campagna di stampa è talmente forte, da escludere spazi per voci che spieghino esattamente come stiano le cose.
Due esempi. Uno particolarmente forte: il Corriere della sera ha negato all'Unione Province Italiane la possibilità di replicare ai dati falsati riportati nell'articolo di Stella e Rizzo del 21 luglio.
Un secondo esempio, molto meno rilevante, ma significativo: Il Fatto Quotidiano ha cancellato un commento postato da chi scrive, sulla notizia dell'approvazione del ddl sul depotenziamento delle province, da parte del consiglio dei ministri.
Il Corriere è allineato al sostegno del Governo e Stella e Rizzo da anni fanno dell'abolizione delle province una bandiere. Il Fatto non nasconde le proprie simpatie per M5S, che a sua volta preme per l'abolizione delle province.
Sta di fatto che sull'argomento, giornali molto diversi tra loro perseguono il pensiero unico: le province debbono essere abolite e non si deve dare spazio nè all'esposizione di dati corretti, nè all'evidenziazione del caos a cui inevitabilmente porterà l'approvazione del ddl Delrio.
Comunque, di seguito riporto quanto avevo postato su Il Fatto:
Il ddl crea una confusione spaventosa. Le città metropolitane assumono le funzioni delle province (cambio di nome), aggiungendone poche altre. Ma potranno conferire alcune funzioni a comuni e unioni di comuni, che potranno, ovviamente, subconferirsele tra loro. Però comuni e unioni di comuni potranno a loro volta conferire funzioni alle città metropolitane. Nelle province "svuoltate" le funzioni a suo tempo attribuite loro da leggi statali saranno assegnate a comuni o unioni di comuni, ma non si sa quali siano queste funzioni: infatti, si demanda ad un Dpcm di individuarle (esattamente come nella naufragata riforma di Monti). Nè si sa quale criterio discretivo utilizzare tra comuni e unioni. Invece, le funzioni attinenti alle potestà legislative regionali saranno distribuite a comuni e unioni (sempre senza sapere con quale criterio) da leggi regionali, che però potranno stabilire che alcune di tali funzioni saranno assunte dalle regioni stesse. Però, comuni e unioni, nonchè regioni, potranno delegare alcune funzioni alle province. Questa sarebbe la razionalizzazione e la semplificazione. Il ddl non quantifica nessun risparmio. Si può desumere che si risparmino 104,7 milioni, corrispondenti a indennità e gettoni di presenza, perchè le cariche saranno gratuite. Nessun risparmio deriverà da soppressioni o accorpamenti di uffici statali, espressamente esclusi. Un caos di competenze inestricabile, dunque, che non creerà nemmeno risparmi organizzativi. Al contrario. Per esempio, l'acquisto degli arredi scolastici. Laddove vi era una sola centrale di committenza, ne spunteranno decine: decine di incarichi, capitolati, contratti, bolli, registrazioni, Durc, liquidazioni, ritardi di pagamento, burocrazia. Col rischio ulteriore che, abbassandosi i valori delle basi di gara, i comuni utilizzeranno a mani basse la tratativa privata, con tanti saluti alla trasparenza e alla concorrenza. I comuni non sono idonei a svolgere le funzioni provinciali, del tutto diverse per ambiti e spazi, contrariamente a quanti molti credono e sostengono. Basti pensare alle politiche del lavoro, svolte dalle province con l'operato di 7.700 dipendenti circa: se dovessero essere svolte da 8100 comuni, in media non vi sarebbe nemmeno 1 persona a per comune. L'unica vera razionalizzazione derivante dall'abolizione delle province è concentrare e non disperdere le loro funzioni, nel modo disordinatissimo previsto dal disegno di legge. Le funzioni debbono andare alle regioni, con la previsione di disposizioni organizzative e finanziarie tali da scongiurare l'aumento dei costi e da assicurare lo svolgimento dei servizi sempre su base territoriale provinciale
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