lunedì 6 gennaio 2014

Legge di “immobilismo”, alla faccia della trasparenza #PA #leggedistabilità

Più che legge di “stabilità”, appare una legge di “immobilismo”, la 147/2013. Se lo scopo della fondamentale legge di aggiustamento della finanza pubblica era il rilancio dell’economia, non c’è dubbio che esso sia stato del tutto mancato.

Non si intravede alcun effetto di “choc” o rilancio dell’economia, per una ragione fondamentale: la legge, piuttosto che stabilizzare la spesa e le entrate e reindirizzare la prima verso poche e rilevanti priorità, contiene una miriade di micro interventi finalizzati ad una pulviscolare ridda di obiettivi, spostando una quantità rilevantissima di piccoli importi.

Si tratta di una sorta di contraddanza, nella quale tutti danno la sensazione di muoversi, restando, però, saldi al posto di partenza. Gli esempi sono tantissimi; tra essi l’enfasi del “contratto di ricollocazione”, che vorrebbe attivare una collaborazione pubblico-privato nella gestione delle politiche attive per il lavoro, con l’irrisoria somma di 15 milioni.

Ma, probabilmente, il simbolo di una legge che dovrebbe stabilizzare le grandezze finanziarie, puntando al rilancio di prioritari ambiti di intervento, senza invece riuscirvi è la Iuc-Tari-Tasi. Il Governo è stato mesi, mesi e mesi a parlare e discettare sull’abolizione dell’Imu, in sostanza finanziata, per il 2013, con l’incremento di un punto dell’aliquota Iva e con anticipi di imposta (Irpef, Ires e Irap), per giungere ad un’abolizione solo formale dell’Imu nel 2013, e farla rivivere, sotto mentite spoglie come un’araba fenice, nel 2014, per altro con un gettito che ai comuni non risulta capiente per circa 1,5 miliardi. Da qui la certezza della reintroduzione dell’Imu nel 2014, con aggravio sulle famiglie e le imprese anche superiore a quello della pesantissima Imu del 2012.

Il tutto, mentre si predica la spending review (cioè lo strumento per programmare una riduzione delle spese) e si additano le province a fonte di spesa, e non si è capaci di razionalizzare una fonte di spesa, quella dei comuni, di circa 70 miliardi (a fronte dei 10 delle province) ed ottenere una riduzione di un settantesimo, a fronte di una minima riduzione del gettito del mostro Iuco-Tari-Tasi. Perché Governo e Parlamento proprio non riescono a rompere il meccanismo delle “norme bandiera”, utili solo per i media, ma pochissimo per l’economia ed il riassetto organizzativo del Paese.

Per altro, la legge 147/2013 non sfugge ad un’altra inveterata e pessima abitudine: quella di risultare complessa, farraginosa, affastellata, scritta con migliaia di rinvii ad altre leggi, articoli, commi, alinea, modificati in minima parte, sì da risultare, nel suo complesso, assolutamente incomprensibile ed illeggibile.

E questo, in un quadro normativo che da oltre un anno insiste, ovviamente solo formalmente, sulla “trasparenza”, i valori dell’informazione e della conoscibilità dell’azione amministrativa. La Civit, in veste di Autorità anticorruzione ha, correttamente, osservato che ai fini della trasparenza la normativa ha imposto 270 adempimenti: troppi, tali da connotare, come largamente preventivato, il tutto quale peso borbonicamente iperburocratico, l’esatto contrario del tanto evocato, ma più ancora tradito, Freedom Of Information Act (Foia). Tradito, in particolare, proprio da una legge, quella di stabilità, che più di altre dovrebbe risultare comprensibile e trasparente, visti gli effetti rilevantissimi sull’ordinamento nel suo complesso.

E non manca la beffa. Le amministrazioni pubbliche, come detto, sono state chiamate dalla legge 190/2012 e dal d.lgs 33/2013 ad un’immane opera di revisione di procedure e a porre mano a centinaia di adempimenti per garantire la trasparenza, senza nuovi oneri, come indicato da entrambe le norme. Invece, nella legge 147/2013 si reperisce il seguente comma: “310. Il fondo di cui all'articolo 107 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è destinato al finanziamento delle iniziative finalizzate alla gestione e all'implementazione del portale «Normattiva» volto a facilitare la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei cittadini della normativa vigente, nonché a fornire strumenti per l'attività di riordino normativo. Il programma, le forme organizzative e le modalità di funzionamento delle attività relative al portale, anche al fine di favorire la convergenza delle banche dati regionali, sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa con il Presidente del Senato della Repubblica e con il Presidente della Camera dei deputati e previo parere della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. Il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri assicura la gestione e il coordinamento operativo delle attività. La banca dati del portale è alimentata direttamente dai testi degli atti normativi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e le relative attività sono svolte, su base convenzionale, dal medesimo soggetto preposto alla stampa ed alla gestione, anche con strumenti telematici, della Gazzetta Ufficiale. Per le finalità di cui al presente comma, il fondo è incrementato di euro 1.500.000 per l'anno 2014, di euro 1.000.000 per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e di euro 800.000 a decorrere dall'anno 2017. Ulteriori finanziamenti possono essere attribuiti al fondo da soggetti pubblici e privati, con le modalità stabilite dallo stesso decreto”. Insomma, 4,3 milioni di euro, solo per far funzionare un portale di soli contenuti testuali, finalizzato appunto alla trasparenza normativa. E questa sarebbe “spending review” o trasparenza senza maggiori oneri per la finanza pubblica?

Il 2014, dunque, si apre come si è chiuso il 2013: incertezze sulle grandezze economiche, sulla finanza locale, sulle scelte di fondo.

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