domenica 18 maggio 2014

Miraggio #semplificazione #trasparenza #riforme #PA

La "consultazione" sulla riforma della pubblica amministrazione sintetizzata nei 44 punti del Presidente del consiglio e del Ministro della Funzione pubblica ha riacceso i fari sulla necessità di "semplificare".
Che si tratti di un'idea rivoluzionaria, come affermano gli esponenti del Governo, è del tutto smentito dai fatti: è almeno dalla legge 15/1968 che si cerca di affrontare il problema della semplificazione e dal 1993 che ad esso si prova a dare soluzione anche attraverso la riforma della pubblica amministrazione.
La cosa davvero rivoluzionaria consisterebbe nel comprendere una volta e per sempre che semplificare e rendere trasparente l'azione amministrativa significa ridurre adempimenti e passaggi, così da rendere piu' lineare e comprensibile e, dunque, controllabile, l'azione amministrativa.
Qualche segnale di apertura di occhi in questo senso si sta manifestando. Italia Oggi del 16 maggio ha dato conto della posizione del presidente dell'associazione Asmel, Francesco Pinto, che, nemmeno troppo provocatoriamente, propone l'abolizione del codice dei contratti, il d.lgs 163/2006, per applicare direttamente al suo posto le molto piu' snelle e semplici norme delle direttive europee appalti. Pinto definisce il codice "una ragnatela di norme che rendono la vita difficile, se non impossibile, se non impossibile, alle stazioni appaltanti e che, anzichè contrastare corruttela e malaffare di fatto li "coprono"", aggiungendo che esiste "una miriade di precetti bizantini e prescrittivi capaci di produrre solo deresponsabilizzazione e smarrimento negli uffici acquisti".
Potremmo e dovremmo aggiungere che i tempi infiniti delle gare, le regole astruse, la modalità cervellotica di eseguire i contratti sono ulteriori caratteristiche della folle legislazione italiana sugli appalti. Che, pur irta di adempimenti e strumenti di "controllo della legalità", come si vede non ha capacità alcuna  di assicurare trasparenza, qualità e lotta alla corruzione. Anche perchè, talmente tanti e complicati sono gli adempimenti, che puntualmente vengono approvate norme "speciali" in deroga, assurdamente riservate sempre ai "grandi eventi", quelli piu' esposti a corruttela. Il trucco è sempre lo stesso: perdere tantissimo tempo all'inizio del tempo a disposizione per partire  e poi constatare l'urgenza, data l'immancabile "valore strategico" dell'opera.
Nello stesso giorno, il 16/5/2014, sul Sole 24Ore Corrado Sforza Fogliani a sua volta sottolinea che si è inteso negli scorsi decenni sostituire ai controlli esterni regole e norme prescrittive degli adempimenti, senza alcun significativo costrutto. Fogliani cita il volume di Pronti (La Regione Emilia Romagna e i controlli sugli enti locali, ed. Parallelo 24), secondo il quale si è barattato, senza risultati, un sistema necessario di controlli "con la moltiplicazione degli adempimenti e la procedimentalizzazione della trasparenza, a costi, in termini di tempi d'esecuzione e di spesa effettiva, non calcolati, ma sicuramente crescenti".
La legge "anticorruzione", legge 190/2012 e il decreto sulla trasparenza (il FOIA italiano), d.lgs 33/2013, in un regime che permane privo di controlli preventivi di legittimità, eliminati sciaguratamente dalle leggi Bassanini, hanno incrementato a dismisura adempimenti ed atti. Decine, anzi, centinaia di pubblicazioni, autodichiarazioni, autorizzazioni, scambi di comunicazioni tra enti (sempre in assenza di piattaforme informatiche condivise), tempi, scadenze, sanzioni, come dimostra il caso Expo non hanno alcuna reale capacità di arginare corruzione e garantire possibilità di controlli, che non siano solo successivi ad iniziative della magistratura penale.
Spessissimo si accusa la pubblica amministrazione di "burocrazia", intendendo addossare ai dipendenti pubblici e, in particolare ai vertici, la responsabilità di imporre a cittadini e imprese la ridda di adempimenti e moduli con i quali si confrontano ogni giorno. Stampa e politica fanno di tutto per rafforzare questa convinzione, che tende ad essere assolutoria soprattutto delle responsabilità della seconda.
Non che manchino esempi di applicazione "burocratica" sorda e miope nell'azione dei dirigenti e dipendenti. Tuttavia, il "peso" della burocrazia è in grandissima parte dipendente proprio dalla quantità di norme e adempimenti.
Qualche esempio. In Italia, la procedura espropriativa abbisogna di tre, dicasi tre, comunicazioni di avvio del procedimento. La stessa legge sul procedimento amministrativo impone di comunicare l'avvio del procedimento, ma anche di comunicare l'intenzione di adottare un provvedimento negativo.
Sempre la medesima legge disciplina il diritto di accesso, ma lo condiziona ad una serie di presupposti oggettivi e soggettivi così astratti e complicati, che il contenzioso amministrativo è travolto da una quantità spaventosa di contenziosi per dinieghi di accesso. Proprio mentre, nel frattempo, il d.lgs 33/2013 predica la total disclosure.
Allora, di fronte a questo ultimo esempio, un legislatore davvero accorto e inteso a "rivoluzionare" la pubblica amministrazione, che fa? Introduce, col d.lgs 33/2013 un'ulteriore e diversa fattispecie, l'accesso "civico". Un barocchismo che al cittadino normale appare, ovviamente, incomprensibile.
Semplificare significa, in matematica, ridurre i fattori che compongono un'espressione o una formula. E' proprio così difficile capire che questo è quello che dovrebbe provare ad ottenere un legislatore che voglia davvero e in modo efficace riformare la PA e semplificare la vita ai cittadini?
Il Governo, col d.l. 66/2014 punta per l'ennesima volta, giustamente, alla velocizzazione dei pagamenti. Sacrosanto. Allo scopo, allora, cosa fa? Prevede di istituire un registro nel quale caricare i dati delle fatture e dei provvedimenti di pagamento, per misurare i tempi. Benissimo.
Tale registro sostituirà, allora, protocollo, registro delle fatture, albo pretorio, obblighi di pubblicazione previsti dal d.lg 33/2013? Nemmeno per sogno: i caricamenti dei dati saranno aggiuntivi. Allora, la piattaforma informatica, la stessa usata per le certificazioni dei crediti, sarà connessa con i sistemi informativi, protocollo e contabilità, degli enti? Neanche per sogno: ciascuno vedrà se e come riuscirà a connettersi con la nuova piattaforma.
Per altro, il sistema di misurazione pare sia basato a controllare i tempi a partire dalla data delle fatture, quando, invece, il combinato disposto dell'articolo 4 del d.lgs 231/2002 e delle regole previste dal dpr 207/201 fa decorrere i termini dai certificati di pagamento o gli atti di verifica della regolarità delle prestazioni.
Nel frattempo, mentre il decreto legge sul lavoro, recentemente convertito in via definitiva prova, finalmente dopo 10 anni, a rendere il Durc disponibile con una semplice visura telematica eliminando la procedura "richiesta/risposta" che impediva radicalmente di rispettare i 30 giorni previsti dal d.lgs 231/2002, resta ancora l'obbligo di controllare su Equitalia la regolarità fiscale delle aziende, procedura che comunque ostacola il fluire dei 30 giorni.
Insomma, ragionare di Pin unico o riforma della dirigenza può essere suggestivo e anche utile, in prospettiva, ma non riduce i fattori e non semplifica nulla.
Una rivoluzione vera sarebbe il disboscamento definitivo della selva oscura delle troppe norme che incombono sull'operato della PA e la vita dei cittadini. E non è un caso se Dante collocò Giustiniano nel sesto canto del Paradiso, quale simbolo di buon governo universale, anche grazie alla sua fondamentale opera di razionalizzazione del diritto romano, il Digesto.
Ancora, la "rivoluzione" potrebbe agire in modo semplicissimo sulla trasparenza, cancellando le troppe, ridondanti e inutili norme del d.lgs 33/2013, limitandosi a prevedere un diritto di accesso incondizionato ed esteso ad ogni informazione. Fare sì che mentre il sogno del Pin unico si avveri, l'ingresso dei cittadini nelle banche dati avvenga come in qualsiasi portale commerciale: casella di posta elettronica, password e numero di carta di credito. Estendere quanto piu' possibile e senza limiti la segnalazione certificata di inizio attività, trasformando l'attività dell'amministrazione da funzionale a "sbloccare" l'espansione di posizioni giuridiche, in attività di consulenza e aiuto preventivo e in controllo successivo su titoli di avvio dell'esercizio dei diritti autonomamente prodotti dai cittadini.
Finchè, invece, si continuerà nel produrre regole e pensare che i problemi dell'amministrazione si risolvano con lo spoil system, si perpetueranno gli errori ininterrottamente commessi da 20 anni, sì che la rivoluzione si presenti nei fatti per quello che è davvero: involuzione.

1 commento:

  1. Del tutto condivisibile. E per antipasto, abolizione dell’inutile Regolamento attuativo del Codice dei contratti.

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