Le urla di dolore dell’Anci contro le disposizioni del d.l. 66/2014, convertito in legge 89/2014, che impongono ai comuni non capoluogo di aggregarsi per gli appalti, altro non sono se non la conferma del fallimento devastante della legge Delrio e del caos inutile verso il quale spinge il sistema delle autonomie locali e non solo.
Scrive in merito alla riforma Delrio il suo consigliere giuridico Franco Pizzetti (in http://www.affariregionali.gov.it/media/149105/una_riforma_di_sistema_-_scheda_di_lettura_ddl_1212__-_prof_franco_pizzetti.pdf): “Il più significativo valore della riforma, anche di rilievo costituzionale, sta anche nel fatto che questa è la “prima riforma” fatta ponendo al centro il tema della riduzione dei costi e della liberazione delle risorse. Non si tratta solo di ridurre i costi della politica né di cancellare l’elezione diretta degli organi provinciali solo per risparmiare i loro costi: l’ambizione è molto molto più alta. Per la prima volta in Italia si fa una riforma che ha come obbiettivo primario ridurre i costi, migliorare l’efficienza, ottimizzare l’uso delle risorse, diminuire il peso fiscale sui cittadini, dare a costi minori servizi migliori. E’ molto importante che questo sia chiaro a tutti. Questa non è una riforma di carattere “sovrastrutturale” che interessa solo politici e burocrati. Né è una riforma che si limita a punire la classe politica diminuendone posti e peso. E’ una riforma che afferma che la democrazia consiste anche nel rispettare i cittadini e utilizzare al meglio le risorse pubbliche nell’interesse esclusivo dei cittadini o, se si preferisce la formula costituzionale, della Nazione”.
Nessuna di queste affermazioni roboanti ed ottimistiche corrisponde a quanto si sta verificando. La legge 56/2014 non ha prodotto nessun risparmio, se non quello delle elezioni provinciali ed un forfait di 100 milioni come oneri della politica, pari allo 0,0124% della spesa pubblica totale. Fin qui, nessuna imposta o tassa è stata scalfita o ridotta. Ma, soprattutto, la sbandierata maggiore efficienza resta soltanto un mito o pio desiderio.
Ne è, appunto, riprova il caos ingenerato dalla combinazione delle idee strampalate del commissario alla spending review Cottarelli, che crede davvero possibile ed utile ridurre le centrali di committenza a poche decine, e degli effetti della legge Delrio, che vede nei comuni e, in particolare nell’associazionismo, unioni soprattutto, (in parte simile l’impostazione dell’altra fallimentare riforma operata in Sicilia, con i consorzi di liberi comuni) lo strumento per assicurare la più efficiente gestione amministrativa.
Stando così le cose, allora, per i comuni non capoluogo non dovrebbe costituire nessun problema gestire le gare d’appalto di lavori, servizi e forniture mediante le unioni di comuni o utilizzando gli strumenti messi a disposizione della Consip. Sarebbe la concretizzazione della tanto sbandierata maggiore efficienza del mondo dei comuni e dei bravissimi sindaci che li governano.
Ma, invece, nei giorni scorsi il presidente dell’Anci (l’associazione dei comuni fortemente rappresentata nel Governo dal sottosegretario Delrio, suo ex presidente, o dal sottosegretario Mughetti, suo ex direttore generale, che tanto ha spinto per la riforma delle province), Piero Fassino ha scritto al Ministro dei lavori pubblici: “Il forte rischio è il sostanziale blocco delle gare di appalto dal momento che i Comuni non avranno tempo congruo per consorziarsi o per procedere alla costituzione di Unioni di Comuni e saranno obbligati a ricorrere a Consip S.p.a.”.
Ma, come? E la “migliore efficienza” dei comuni? La geniale innovazione dell’apparato amministrativo, della composizione degli enti locali?
Tutte storie, come si nota. I fatti veri sono due:
a) l’associazionismo comunale è molto complicato, difficile e, soprattutto, inefficiente. Porta a creare nuovi enti, nuove stanze di compensazione che allungano i tempi delle decisioni, né è in grado di svolgere, in tempi brevi e con la necessaria efficacia, le funzioni che il Legislatore ideologicamente, senza fare i conti con la realtà, pensa siano attribuibili;
b) non è possibile generalizzare un sistema di centralizzazione degli appalti, checchè ne dicano Cottarelli e la stampa generalista, sempre attratta dagli slogan a effetto e dall’eventualità che possano davvero esistere soluzioni semplici per problemi complessi. Soggetti aggregatori molto grandi e in poca quantità possono valere ed essere utili per grandissime opere; per il rappezzo stradale o l’acquisto della fettuccia, o il servizio sociale, a meno di utilizzare il mercato elettronico (per altro, non si capisce perché limitare alla Consip: nella stessa giornata di lavoro si potrebbero confrontare i listini del Me.Pa, di E-bay e Amazon e magari scoprire che questi ultimi sono più convenienti), soggetti aggregatori sono solo una folle complicazione burocratica.
Il segnale vero della sconfitta e dello smacco dell’inutile e dannosa riformaccia Delrio è dato dalla necessità che ha sentito il legislatore di prevedere espressamente che i comuni non capoluogo possano fare riferimento alle odiate province, per lo svolgimento degli appalti. Uno smacco vero e proprio, in presenza del quale Delrio e tutto lo staff tecnico e politico che ha sostenuto la riforma dovrebbe battere in ritirata. Ma, in Italia a ritirarsi, ogni giorno di più, è la logica.
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