mercoledì 6 maggio 2015

#pensioni Economisti attaccano la Consulta. Ma, pensano di non avere colpe?

Gli economisti stanno facendo a gara per sparare a zero contro la sentenza della Corte costituzionale 70/2015, che ha dichiarato l’incostituzionalità del blocco della rivalutazione delle pensioni tre volte superiori al minimo, imposto dalla legge Fornero.

Forse, sarebbe il caso che ciascuno svolgesse il proprio ruolo. Se è pur vero che nel 2011 ragioni economiche dovevano guidare il Governo Monti a reperire risorse per ripianare i conti pubblici, questa osservazione non può valere a superare le fortissime ragioni giuridiche espresse nelle motivazioni della sentenza. Sarebbe il caso, dunque, che gli economisti facessero gli economisti, senza avventurarsi fuori dal loro campo.

Anche perché, le critiche che piovono in questi giorni sulla Consulta da parte delle vestali della ragione economica non tengono in debito conto di un piccolo, non trascurabile particolare. Che è questo.

Il ricorso per legittimità costituzionale del d.l. (molto improvvidamente chiamato “salva Italia”) 201/2011, è stato presentato fin dal novembre 2013.

Ora, è chiaro che quando si instaura un giudizio di qualsiasi natura e giurisdizione, le possibilità sono due: la sentenza può essere positiva o negativa. Trattandosi di una questione di legittimità costituzionale che se si fosse conclusa negativamente per il Governo, cioè con l’accoglimento del ricorso da Parte della Consulta, doveva essere noto fin dall’instaurazione del giudizio di legittimità costituzionale che v’era il rischio, in caso di accoglimento, dell’apertura nei conti pubblici di una spesa di circa 10 miliardi.

La Corte dei conti ha presentato altrettante ordinanze per sollevare la questione di legittimità costituzionale a partire dal maggio 2014.

Le date non sono senza rilievo: risale al maggio 2014 l’idea di spendere 6 miliardi per la prima edizione del celeberrimo “bonus” da 80 euro.

Fatta questa ricostruzione, c’è, ora, da chiedersi: tutti questi economisti che ora urlano contro la Consulta, compresi sottosegretari del Governo che giudicano impensabile restituire ai pensionati denari sottratti loro illegittimamente sul piano costituzionale, perché non hanno avuto la prudenza minima di tenere conto del rischio derivante dal giudizio in corso, nell’elaborare le manovre finanziarie?

Qualsiasi azienda men che saggia e ben gestita, tiene conto nei propri bilanci di possibili oneri derivanti dalle conseguenze di sentenze negative e costituisce appositi fondi.

Il Governo italiano, pur consapevole della pendenza del giudizio costituzionale e dell’onere che sarebbe derivato in caso di accoglimento, invece, ha agito come se il macigno di oltre 10 miliardi incombente non esistesse. Nessun atto di programmazione finanziaria ha minimamente tenuto conto della possibilità che il d.l. 201/2014 (già dichiarato incostituzionale con la sentenza 220/2013 nella parte che riguardava le province e, dunque, di conclamata pessima qualità normativa) venisse dichiarato incostituzionale per la parte relativa alla perequazione delle pensioni.

Nessuno ha consigliato, dunque, prudenza nell’inventare spese come proprio i 10 miliardi per la conferma degli 80 euro (da notare che ai pensionati non sono stati assegnati), una spesa enorme di per sé foriera di manovre finanziarie bislacche come la legge 190/2014 è; quella spesa, di discutibile opportunità poteva e doveva prudenzialmente essere evitata, anche proprio per fare fronte al rischio determinato dalla pendenza del giudizio costituzionale.

Oppure, per le teorie economiche va bene che uno Stato si disinteressi totalmente dell’eventualità che proprie leggi risultino incostituzionali?

E, sempre per le teorie economiche, va bene aumentare la spesa pubblica per bonus dal sapore elettoralistico, sotto lo scacco di un giudizio costituzionale di quel genere?

E il ragionamento che vorrebbe contrastare sul piano “giuridico” le argomentazioni della sentenza, basato sul fatto che “alla Consulta sarebbe piaciuta la Troika”? E’ una consistente tesi giuridica capace di evidenziare difetti della sentenza, o la conferma dell’assenza di argomentazioni da parte di chi non ha nemmeno avuto la lungimiranza di suggerire cautela per spese inopportune, vista la spada di Damocle che si sapeva da tempo pendere sui conti pubblici?

Nessun commento:

Posta un commento