Il “decreto enti locali” ora c’è; ora non c’è più. Non è certo la prima volta, anzi purtroppo si è perso il conto di quante altre volte il Governo approva in Consiglio dei ministri un decreto legge, senza che ne sia definito il testo. Tanto è vero che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale viene rimandata di giorni se non di settimane.
Eppure, la Costituzione in merito cosa dice? L’articolo 77, comma 2, appare estremamente chiaro: “Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.
Sono evidenti le plateali violazioni al precetto costituzionale. Non essendo redatto il testo del decreto legge, non è possibile presentarlo il giorno stesso della sua approvazione alle Camere, né evidentemente pubblicarlo sulla Gazzetta Ufficiale; nel caso di specie i 5 giorni per la convocazione del Parlamento per avviare l’iter di conversione del decreto sono ampiamente trascorsi, come avvenuto, del resto, per i, si ripete, tanti altri casi già determinatisi nel corso in particolare di questa legislatura.
Ovviamente, se il presupposto perché il Governo approvi un decreto legge, in deroga alla generale attribuzione del potere legislativo alle sole Camere, sono “casi straordinari di necessità ed urgenza”, occorrerebbe che l’urgenza fosse testimoniata soprattutto dalla tempestività con cui si approva il testo, lo si incardina nell’ordinamento attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e si attiva il processo di conversione, perché il Parlamento si riappropri della piena potestà legislativa, temporaneamente svolta dal Governo proprio per le esigenze di urgenza viste prima.
Ma, se il Governo, come nel caso del “decreto enti locali” approva in Consiglio dei ministri un testo che nessuno conosce e dopo una settimana ancora questo non è pubblicato in Gazzetta Ufficiale né trasmesso alle Camere, evidentemente l’urgenza che ne è presupposto non esiste nemmeno.
Non risultano censure espresse da parte della Corte costituzionale a leggi di conversione di decreti legge approvati in così plateale violazione della procedura prevista dall’articolo 77, comma 2, della Costituzione.
Ciò non significa, comunque, che simile modo di agire del Governo non sia in evidente contrasto con la Costituzione.
Soprattutto è fortemente discutibile la circostanza che il Consiglio dei Ministri con tutta evidenza approvi decreti legge senza un testo preciso. La deliberazione del Consiglio dei ministri, dunque, manca, al momento dell’espressione del voto, del contenuto fondamentale: il testo sul quale il voto è richiesto. Se qualsiasi comune o ente locale approvasse le deliberazioni di giunta in questo modo, i rischi di illegittimità dei provvedimenti e financo lo sconfinamento verso reati di falso sarebbero fortissimi.
Nel caso di specie, poi, è ancora più stucchevole la circostanza che l’urgenza e la necessità del “decreto enti locali” non siano causa di “eventi” esterni, ai quali il Governo è chiamato a porre rimedio. Al contrario, la causa della necessità dell’intervento è il Governo stesso, insieme col Parlamento. Infatti, il decreto intende rimediare a problemi innescati sulla contabilità degli enti locali dalla legge di stabilità, la 190/2014, oltre che da una serie di disposizioni al limite del velleitario della riforma della contabilità, tali da richiedere correzioni alle dissennate disposizioni di blocco delle assunzioni conseguenti alla fallimentare riforma delle province, nonché alleggerimento al patto di stabilità, correzioni alla riforma della contabilità, modifiche all’assunzione dei mutui. Tutte, lo si ribadisce, misure necessarie per correggere sviste ed errori posti in essere proprio dal Governo, in primis, e dal Parlamento che non è stato in grado di modificare i disegni di legge o i decreti legge che hanno cagionato i problemi che il decreto enti locali avrebbe dovuto correggere con “urgenza”.
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